Il Centro Direzionale di Napoli tra false partenze e rilancio
Qual è la storia del Centro Direzionale di Napoli? Quali architetti e artisti hanno contribuito a quest’area della città? La prossima apertura della stazione disegnata da Benedetta Tagliabue – EMBT Architects è l’occasione per ricostruire l’iter del controverso progetto
Procedono senza sosta i lavori delle stazioni della Linea 1 della metropolitana di Napoli di Centro Direzionale e Tribunale per un loro completamento e messa in esercizio entro il 2023. Interventi infrastrutturali attesi da tempo dagli utenti e abitanti di questo pezzo di città, mai perfettamente integratosi con il contesto circostante per lo più degradato, incompleto rispetto al progetto originario. A un primo sguardo esso ci appare come un corpo avulso, in cui è facile però notare i mali endemici cittadini come la scarsa manutenzione e vigilanza, soprattutto negli orari non lavorativi. A complicare il tutto l’emergenza Covid-19, che con il ricorso allo smart working ha indirettamente portato alla chiusura di molte attività del terziario. Si intuisce come quindi sia necessario un rilancio della City partenopea, aperta alla cittadinanza da poco meno di trent’anni e mai del tutto decollata. Un compito non semplice che spetta alla politica, ma che sicuramente passa per questi due snodi infrastrutturali. E, in primo luogo, per la stazione dello studio Benedetta Tagliabue – EMBT Architects (fermata Centro Direzionale) calata, non senza critiche, nel vasto piazzale prospiciente il sagrato della chiesa di Spadolini.
Carlo De Cristofaro
IL PIANO DELL’ARCHITETTO GIULIO DE LUCA
L’idea originaria di progettare un Centro Direzionale a Napoli (CDN) nell’area di Poggioreale è di Luigi Piccinato: l’obiettivo è decongestionare il precedente polo amministrativo del rione Carità. La sua proposta viene inserita nel PRG del 1971, individuando la zona delimitata tra Corso Malta, via Nuova Poggioreale, via Taddeo da Sessa e il fascio binari della stazione centrale. La collocazione a oriente era strategica, sia per la sua bonifica, sia per il rilancio per induzione della prospiciente area industrializzata non particolarmente fiorente. Nel 1975 il Comune approva un progetto di massima delle infrastrutture e il piano dell’edilizia; il gruppo di lavoro è coordinato da Giulio De Luca, docente presso la facoltà di architettura di Napoli. Questi è però favorevole a una diversa zona in cui disporre il CDN, ma alla fine la spunterà la Mededil, la società proprietaria della maggior parte dei lotti edificatori. Elemento discriminante era, infatti, la contemporanea costruzione del nuovo palazzo di giustizia nei pressi della Casa Circondariale di Poggioreale. Il piano di De Luca prevedeva, su una superficie di circa 1.000.000.000 di metri quadrati una suddivisione in 18 isole edificatorie, di cui il 75% da destinare a edifici a piastra, alti non oltre i 25 metri, e il 25% a edifici a torre tra i 50-100 metri. Nuclei dell’intervento la circolazione viaria e quella pedonale a due quote diverse, con il livello stradale a raso che si congiunge a quello pedonale attraverso raccordi a verde, con i parcheggi a due piani, il portico pedonale esterno con funzione di filtro chiaroscurale e le aree verdi previste in quattro diverse localizzazioni. A seguito del terremoto del 1980 la Mededil affidò la verifica urbanistica all’architetto Kenzo Tange, già progettista del centro direzionale di Bologna e dello SDO (Sistema direzionale orientale di Roma, che però non si è mai realizzato) effettuando “una scelta super partes in modo da porre fine all’aspra litigiosità degli architetti partenopei in merito alla costruzione del centro direzionale” (B. Bertoli).
L’ARCHITETTO GIAPPONESE KENZO TANGE A NAPOLI
Il progetto Tange viene approvato definitivamente nel gennaio 1984; riprende molti degli elementi di quello di De Luca, tanto che può essere inteso come una sua realizzazione. Vi ritroviamo, infatti, la suddivisione fra il traffico pedonale e quello veicolare con quest’ultimo, assieme ai parcheggi, disposti a 5 metri s.l.m e i collegamenti superficiali invece 7 metri più in alto e strutturato in tre assi longitudinali. Il sistema carrabile ricorreva a strade a scorrimento veloce, lungo l’asse nord-sud con una viabilità principale in parte sotterranea che collegava il centro alla rete esterna, e con una viabilità di penetrazione costituita da anelli sotterranei di carreggiate unidirezionali perimetrali ai lotti. Punto di forza era la pedonalizzazione degli spazi pubblici, perimetrati dai suddetti porticati e con un sistema di piazze strutturati secondo tre direttrici: l’asse verde a sud progettato da Pierluigi Spadolini e destinato a promenade, l’asse pubblico al centro adibito agli edifici amministrativi nei pressi del palazzo di giustizia e l’asse sportivo nel comprensorio di nord-est, e mai realizzato, per il tempo libero e le strutture sportive.
L’IMPIANTO TANGE E LE CRITICITÀ DEL CDN
L’architetto giapponese mantenne anche la tipologia a piastra, con altezza di 20-22 metri, per le abitazioni e il terziario, le torri medie svettanti di 50-70 metri per gli uffici e le residenze, così come le torri di 90-100 metri per gli uffici dirigenziali disposte in quelle diagonali all’ingresso. A circa trent’anni dal completamento del CDN i motivi del suo insuccesso vanno ritrovati, oltre che nel mancato completamento dell’asse sportivo, nel ricorso a un linguaggio architettonico avulso dalla tradizione napoletana e apparentemente all’avanguardia come quello del grattacielo. La City ci appare come un pezzo di città, per lo più spettrale al di fuori degli orari d’ufficio a causa della mancanza delle suddette infrastrutture e delle poche residenze; in breve un intervento “troppo standardizzato e decisamente poco consono alla fama del maestro nipponico” (A. Cappellieri), di cui analizzeremo alcune opere significative.
LA CHIESA DI SAN CARLO BORROMEO NEL CENTRO DIREZIONALE DI NAPOLI
Il complesso parrocchiale di San Carlo Borromeo viene edificato tra il 1989-1990 all’estremità dell’asse nord-sud, che collega via Taddeo da Sessa con via Nuova Poggioreale tagliando trasversalmente il Centro Direzionale. Il progetto è di Pierluigi e Guido Spadolini con Remo Caldano e Gianni Legnardini; comprende la chiesa, la sagrestia e la canonica. Forti le analogie con la chiesa di Santa Maria del Redentore, realizzata dallo stesso Pierluigi Spadolini, con copertura di Riccardo Morandi, a Tor Bella Monaca a Roma tra il 1985-1987. La chiesa napoletana si caratterizza per la sua “semplicità” compositiva, con una pianta di matrice triangolare, e per la sua tensione verso il cielo, resa mediante la copertura a gradonate rivestita in legno lamellare dell’unica navata centrale che può ospitare circa 400 fedeli. A gradoni è anche la copertura dell’abside con alzate in vetro, terminante in sommità con due pinnacoli, alti circa 50 metri, in cui sono alloggiate le due campane. La struttura è, invece, in pannelli prefabbricati di cemento armato con rifiniture in graniglia a faccia vista, sia all’interno che all’esterno. La facciata principale, prospiciente piazza Ugo La Malfa, è in stile all black e grazie alla trasparenza permette la vista interna dell’aula liturgica, in cui domina la simmetria assiale accentuata sia dalla suddetta pianta triangolare, sia dalla disposizione dei banchi a ventaglio rivolti verso l’altare e il crocifisso. Questo, così come la fonte battesimale, il tabernacolo e altri arredi, è finemente lavorato in vetro dall’artista Mario Ceroli.
LE TORRI GEMELLE DELL’ENEL
Le due torri gemelle dell’Enel vengono edificate tra il 1986-1995 su progetto di Giulio De Luca, Renato Avolio De Martino e Massimo Pica Ciamarra per collocarvi la sede compartimentale dell’azienda pubblica, dotandola di uffici operativi e direzionali, sale espositiva e conferenza, mensa, centro di calcolo. I due edifici in acciaio sono alti 122 metri, suddivisi in 33 piani, strutturalmente sospesi alla trave di copertura, in cui sono alloggiati gli impianti tecnologici. Nei due grossi pilastri angolari, in cemento armato, sono disposte invece le scale, mentre gli ascensori a vista percorrono, come capsule futuribili, le grandi facciate. L’ampio atrio basamentale è parzialmente staccato dai piani superiori, in modo da creare un vuoto che scava lo spessore complessivo dell’edificio. A sagomarne l’aspetto una serpentina di mattoni rossi, che si contrappone ai toni del grigio scuro, del nero e del verde. Se è quindi forte l’imprinting tecnologico dei due manufatti, in cui scorgiamo riferimenti ai disegni di Sant’Elia, la loro inclinazione a 45° definisce un monumentale varco d’ingresso al CDN su piazza Salerno, che nelle soluzioni preliminari prevedeva anche una passerella di raccordo tra le due torri, costituendo una sorta di “moderna porta civica”. Tuttavia il brusco salto di scala con le preesistenze ha determinato una netta demarcazione con il comprensorio del Corso Malta. Lo stesso al quale doveva, invece, nelle intenzioni raccordarsi.
IL NUOVO PALAZZO DI GIUSTIZIA DI NAPOLI
Il nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli occupa uno spazio di circa 5 ettari, ospitando alcuni degli uffici giudiziari più importanti del distretto come la Corte d’Appello e il Tribunale, la Procura Generale e la Procura della Repubblica, il Tribunale di Sorveglianza e gli Uffici UNEP. La cittadella giudiziaria sorge in un punto strategico nell’intersezione di tre direttrici principali: asse verde, asse pubblico e asse sportivo. Il progetto approvato nel 1974 diviene esecutivo tre anni dopo, mentre la costruzione iniziata nel 1979 viene interrotta nel 1980 per un adeguamento antisismico delle strutture. Il team di progettisti è costituito da Antonio e Michele Capobianco, Massimo Pica Ciamarra, Daniele Zagaria, Corrado Beguinot.
La costruzione si articola in tre nuclei. Il corpo centrale, di altezza variabile tra i 70 e 110 metri, costituito da tre torri in vetro a profilo concavo e corpo lamellare ospitanti gli uffici e le cancellerie. Ai suoi lati si affiancano due corpi, con volumetria variabile, alti rispettivamente 41 e 44 metri, per una superficie complessiva di circa 170.000 metri quadrati, caratterizzati da una struttura a sbalzo e sviluppo prevalentemente orizzontale segnato da lucernari a prisma. Il corpo meridionale è destinato alle aule per udienze civili, quello settentrionale alle udienze penali e al tribunale di sorveglianza. Elemento di collegamento è la grande piazza coperta ubicata nel lotto a sud a 18,30 metri. Nel 1990 un incendio doloso procurò notevoli danni alla torre più alta (Torre A) e per la sua completa fruizione bisognerà attendere il 1996.
IL MAXI CANTIERE DELLA STAZIONE PROGETTATA DA TAGLIABUE
L’apertura delle due nuove stazioni della Linea 1 che insistono nell’area del Centro Direzionale di Napoli è prevista per il 2023 (nonostante la guerra in Ucraina incida notevolmente sul reperimento delle materie prime). I due scali rappresentano un importante tassello del generale piano di rilancio dell’intera City, includendo anche la limitrofa area del Vasto, della stazione ferroviaria, nonché l’intera area est della città, riducendone le ataviche condizioni di degrado. Grande attesa soprattutto per quanto concerne la stazione dello studio Benedetta Tagliabue – EMBT Architects (Centro Direzionale), che con la sua copertura a onda sembra richiamare la Sydney Opera House. Su di essa era previsto, in un primo momento, un intervento dell’artista cubano Jorge Rodriguez-Gerada: visibile solamente dal cielo, rappresentava un gigantesco ritratto di Virgilio, figura emblematica per Napoli. Per mancanza di fondi, l’opera non si farà più e attualmente si stanno valutando altre soluzioni.
SPAZIO PUBBLICO E ARTE CONTEMPORANEA A NAPOLI
Si tratta del più grande cantiere in legno d’Europa (circa 6000 metri quadrati), che sicuramente si pone come elemento di rottura con il linguaggio delle preesistenze; fisicamente è posto a ridosso della chiesa di Spadolini, in precedenza punto catalizzatore di sguardi e a “rischio oscuramento”. L’intento di fondo dei progettisti è riconfigurare lo spazio pubblico, creando un trait d’union tra passato e presente. Si punta a delineare uno spazio da vivere, soprattutto per i più giovani, in un luogo poco frequentato fuori dagli orari d’ufficio. E alla copertura si affida il compito di costituire una grande zona d’ombra che, insieme alle nuove aree verdi circostanti, mitigherà le temperature particolarmente roventi d’estate.
La stazione Centro Direzionale della Linea 1, che presenta un interscambio con la Circumvesuviana, farà parte del circuito delle stazioni dell’arte della metropolitana di Napoli, note per fondere tre “A” in un solo progetto: Arte, Archeologia e Architettura.
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