Biennale Architettura 2023: prime impressioni e prime immagini in esclusiva
L’architettura come campo d’azione esteso e aperto alla contaminazione, ma anche proposte concrete per provare ad arginare le crisi del nostro tempo: una panoramica della mostra principale di “The Laboratory of the Future”
Sono di Nadine Gordimer, James Bradley, Anatole France le citazioni scelte dall’architetta e accademica ghanese-scozzese Lesley Lokko come incipit di The Laboratory of the Future, la mostra in sei atti che costituisce l’asse portante della Biennale Architettura 2023. Brevi contrappunti testuali utili a circoscrivere il territorio indagato in un percorso di visita scandito da 89 partecipazioni internazionali, in larga parte rappresentative del contesto africano e della sua diaspora. Solo tre gli studi italiani scelti dalla curatrice per un’esperienza espositiva che vuole porre le basi per un racconto dell’architettura più ampio e completo.
PRIME IMPRESSIONI DELLA BIENNALE ARCHITETTURA 2023
Collocata nel Padiglione Centrale, la sezione Force Majeure, con le sedici principali realtà della produzione architettonica africana e diasporica, a una prima valutazione si qualifica come più incisiva, chiara e bilanciata; potrebbe forse risultare più accessibile a un pubblico non specialistico. Il confronto diretto è con il capitolo denominato Dangerous Liasons, allestito all’Arsenale, in cui il focus si sposta sulla diaspora africana e sulle pratiche che travalicano i confini disciplinari e geografici, con frequenti implicazioni a carattere geopolitico. Qui, verosimilmente, dovrà essere affrontata in tempi brevi la leggibilità dei generosi statement di Lokko, al momento solo in parte visibili e leggibili. Ricorrente in entrambe, e presente anche nei Progetti Speciali, è la componente uditivo-sonora, che in alcuni casi si rivela l’essenza stessa degli interventi proposti. Un esempio è la “denuncia” di Andrés Jaque/Office for Political Innovation, che punta su un allestimento essenziale e sulla sua stessa voce per affermare, senza margine di ambiguità, l’equivalenza fra l’estrazione di materiali come la cromite (impiegata nella facciata in acciaio inossidabile del newyorkese Hudson Yards) e la segregazione. Più in generale, l’indiscusso potere evocativo del canto, del suono e della narrazione orale conferisce una dimensione poetica e coinvolgente a una pluralità di partecipazioni: dal film documentario Black Artist Retreat: Reflections on 10 Years of Covening di Theaster Gates Studio all’efficace esperienza visiva-uditiva di The African Post Office di Sumayya Vally e Moad Musbahi, fino all’Oral Archive di Cave_bureau. E l’architettura?
LE PARTECIPAZIONI ITALIANE ALLA MOSTRA PRINCIPALE
Premettendo che una riflessione a parte andrà riservata alle traiettorie tracciate dagli attesi contributi dei Guests from the Future, ovvero i practitioner emergenti africani distribuiti da Lokko fra Padiglione Centrale e Arsenale che costituiscono la rivelazione di questa edizione, la selezione di opere a carattere più strettamente architettonico non delude. Studi come Adjaye Associates e Flores & Prats Architects agiscono negli spazi a loro riservati con modalità antitetiche, ma ugualmente efficaci. Protagonisti in entrambi i casi sono i modelli fisici di edifici in progress o ultimati: vengono restituiti, nel caso della realtà guidata da David Adjaye, con pulizia in una successione rigorosa associata a film narrativi. Il duo di base a Barcellona ricrea invece un’animata atmosfera laboratoriale, fra scrivanie, lampade da tavolo, scale, maquette e il plastico della celebre Sala Beckett che prende vita con proiezioni, luci e suoni. A offrire un’immersione nel Burkina Faso, fra status quo, prospettive future, tecniche tradizionali e l’immancabile carica cromatica, è il Pritzker Prize 2022 Diébédo Francis Kéré, che nella sua ampia partecipazione include anche la riproduzione di un conviviale interno della sua terra d’origine. Con atelier masomi, Mariam Issoufou Kamara l’attenzione si sposta sul Niger che verrà, fra modelli fissati a parete e piante disegnate rigorosamente a mano. Da segnalare anche l’allestimento Parliament of Ghosts di Ibrahim Mahana e i poetici pannelli di grafite incisi da Thandi Loewenson. In questa prima “ricognizione dal campo”, una menzione spetta agli studi italiani selezionati da Lesley Lokko, tutti all’Arsenale. Il collettivo orizzontale guarda alla propria storia senza retorica e senza slanci autocelebrativi: riunisce, nella maxi illustrazione in bianco e nero di una città ipotetica, alcuni dei progetti concepiti per lo spazio pubblico nel primo decennio di attività. Evidenziati dai colori, vengono parzialmente evocati nella superficie a terra dell’area espositiva assegnata, in cui emergono due “poli” con un accogliente maxi tavolo e una gradinata. BDR Bureau prosegue la propria ricerca nell’edilizia scolastica mostrando gli esiti del percorso di progettazione condotto con carton123 architecten e anche il processo collaborativo in corso. Infine AMAA. Collaborative Architecture Office For Research And Development, di cui a pubblicheremo una lunga intervista, con l’installazione It’s Kind o fa Circular Story invita a cambiare prospettiva sulla decarbonizzazione salendo pochi gradini e gettando lo sguardo oltre il frammento un cemento armato: è stato sottratto, come documenta il video visibile in cima, dall’ex base NATO nel comune veneto di Roncà, destinata a nuova vita grazie a un progetto di AMAA. In un pianeta forse sul punto di non ritorno, l’architettura italiana resiste.
Valentina Silvestrini
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