Il Padiglione Italia alla Biennale Architettura 2023. Prime impressioni e foto
La dimensione collettiva e condivisa del progetto sviluppato da Fosbury Architecture si esprime in un allestimento sobrio e misurato, scandito da nove installazioni, che invita a riflettere sulla questione degli spazi espositivi a disposizione del nostro Paese
Ancora una volta il Padiglione Italia alla Biennale Architettura di Venezia è stato concepito come il luogo in cui convergono, in una forma unitaria e coerente, una pluralità di esperienze, racconti e storie. A differenza di quelle partecipazioni nazionali che puntano su un’unica traiettoria tematica, talvolta restituita con una sola installazione d’impatto, nel corso degli anni gli architetti-curatori che si sono misurati con la (non facile) dimensione delle due porzioni delle Tese delle Vergini hanno spesso scelto di far confluire più linee narrative in contemporanea. I risultati sono stati allestimenti densi o rarefatti, con strutture variamente ripartite e gradi di comprensibilità variabili.
IL PADIGLIONE ITALIA ALLA BIENNALE ARCHITETTURA 2023
Con Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri, il team di Fosbury Architecture adotta un criterio chiaro e, forse, prova anche a lanciare un messaggio: la funzione espositiva si concentra di fatto in una delle due sale a disposizione nei circa 1800 metri quadrati utili. E, come affermano gli stessi curatori, in parallelo con l’espansione del programma (che include un public programma al Teatrino di Palazzo Grassi e un archivio destinato a divenire una piattaforma permanente), “si è scelto di operare una contrazione dell’allestimento e un trasferimento delle risorse”. In particolare all’area di accesso viene demandato un ruolo che potremmo definire “informativo”: è infatti solo un monumentale videowall ad accogliere i visitatori, fornendo loro le chiavi d’accesso di un progetto curatoriale in tre atti, diffuso nel territorio ed esteso nel tempo, di cui la fase in corso a Venezia non intende porsi come conclusiva o definitiva. Il risultato è un colpo d’occhio iniziale nel vuoto, destinato più che a fissarsi nella memoria ad accendere, ancora una volta, la dibattuta questione degli spazi (tanti, troppi) del Padiglione Italia. Potrebbe valere la pena, già dalla prossima edizione, valutare nelle sedi consone l’opportunità di assegnare a uno stato privo di un proprio luogo espositivo in Laguna metà della struttura nazionale? Un’opzione che consentirebbe ai prossimi curatori italiani di ragionare e operare con una dimensione probabilmente più gestibile e controllabile, coerente con quelle dei principali stati europei.
IL VIDEO DI FOSBURY ARCHITECTURE, ALTERAZIONI VIDEO E FANTAMAGICO
Il fulcro di Spaziale. Ognuno appartiene a tutti gli altri coincide, di conseguenza, con la seconda porzione della Tese delle Vergini: è qui che sono state allestite le nove installazioni realizzate dai progettisti coinvolti nelle attivazioni di Spaziale presenta. Progetti, come intuibile, eterogenei per scala, materiali e modalità di fruizione: si va dalla riuscita composizione musicale interattiva, legata a Tracce di BelMondo, alla poetica distesa di 500 elementi, fra coni in sale e sculture in terracotta (in vendita online), a sua volta associata all’allestimento performativo di Trasformazioni possibili. Ciascuna installazione dispone di una porzione perimetrata e, nell’insieme, il tracciato finale richiama la sagoma stilizzata della Penisola. Il sodalizio fra Fosbury Architecture e Alterazioni Video, già sperimentato con la fortunata esperienza di Incompiuto. La nascita di uno Stile, si rinnova e acquisisce nuova forma nella doppia proiezione del video Come è bello far l’amore da Trieste in giù. È l’esito di un lavoro condotto con Fantamagico, in cui le registrazioni fatte nelle nove stazioni di Spaziale presenta sono state elaborate con un algoritmo generativo, con l’obiettivo di dare vita a un racconto unitario. Nel complesso un intervento che non tradisce la sua natura di operazione ancora in corso e che, soprattutto, segna un definitivo cambio di passo rispetto alle precedenti gestioni “a trazione singola e autoriale”. In nome di un risultato corale, capace di rispecchiare più fedelmente la natura complessa del fare architettura oggi.
Valentina Silvestrini
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