5 studi emergenti in mostra alla Biennale di Architettura 2023
Chi sono e di cosa si occupano i “Guests From The Future” scelti da Lesley Lokko? Un’analisi di cinque tra le ventidue realtà internazionali selezionate dalla curatrice della Biennale di Architettura 2023, visitabile fino al 26 novembre prossimo
Ultimi due mesi di apertura per la Biennale d’Architettura: curata da Lesley Lokko, si propone come uno spazio di incubazione del dibattito, un’officina di idee per nuove soluzioni sociali e ambientali. Divisa in sei macro-sezioni e incentrata sui temi della decarbonizzazione e decolonizzazione del pianeta, The Laboratory of the Future include tra i progetti speciali della curatrice il focus Guests from the Future: dietro al suo suggestivo titolo, il progetto intende proporre al pubblico nuove prospettive e narrative, invitando a ricominciare a concepire l’architettura come una trama di storie e desideri da trasformare in forme e volumi. Sono 22 i practitioner emergenti selezionati da Lokko con l’obiettivo di fornire le coordinate per la definizione dell’architetto del futuro, con le sue ambizioni e le sue preoccupazioni primarie.
Con questa Biennale, in cui la multidisciplinarietà e l’inclusività costituiscono la struttura sulla quale articolare un discorso attivo e pronto per le sfide del nostro presente, vincendo sull’atto della progettazione architettonica stesso, Venezia si trova ad ospitare un melting pot di potenzialità e prospettive. Ecco chi sono, cosa fanno e come operano 5 tra i practitioner portati alla ribalta da The Laboratory of the Future.
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1. OLTRE 450 DONNE UNITE IN BLACK FEMALES IN ARCHITECTURE (BFA)
Tra i primi soggetti inclusi dalla curatrice nella selezione Guest From the Future, Black Females in Architecture (BFA)è una “realtà divulgativa”. Si tratta di un’impresa sociale, con più di 450 adesioni femminili nel mondo della progettazione, che promuove l’inclusività di genere dall’architettura al design, dall’edilizia all’urbanistica, fino all’ingegneria. Tramite il film presentato negli spazi delle Corderie il pubblico ha modo di interfacciarsi con la moltitudine di minoranze del globo, che vanno a costituire paradossalmente la sua effettiva maggioranza, a partire dalla quota femminile: il 49,58% della popolazione mondiale. Il contributo di queste donne nella progettazione di un futuro più sostenibile è cardinale. E necessaria è la promozione della loro realtà, per mostrare le possibilità della costruzione della società partendo dalle aree urbane, dai gruppi minoritari, dalle peculiari specificità dei singoli.
2. RASHID ALI ARCHITECTS E LA SCARSITÀ COME RISORSA
Gli spazi dell’Arsenale ospitano Hargeisa Courtyard Pavilion dello studio somalo-londinese Rashid Ali, un progetto che evidenzia il ruolo salvifico e sociale dell’architettura nelle aree urbane del Sud del mondo, spesso vittime di investimenti insufficienti. Attraverso interventi puntuali ma estremamente attenti alle esigenze e alle caratteristiche specifiche dei differenti siti di progetto, come l’inserimento di padiglioni, piazze corti o passerelle, lo studio mostra le potenzialità di arricchimento dei luoghi puntando sulla sostenibilità, sulla cura degli aspetti più intimi e sociali delle realtà urbane e al soddisfacimento dei bisogni del singolo nel suolo locale.
La Biennale si fa così portatrice di storie nuove, d’ispirazione e ripensamento del sociale proprio partendo dalle architetture ove il minimo impatto e la massima cura generano uno “sguardo fresco” verso il futuro.
3. AZIZA CHAOUNI PROJECTS E IL MODERNISMO AFRICANO
Narrativa di ispirazione è quella presentata da Aziza Chaouni Projects, con il film Modern West Africa: Recorded: tre casi di riuso di architetture moderniste del periodo successivo all’indipendenza dell’Africa occidentale per sviluppare una riflessione sul valore del passato come motore per costruire la società del futuro. The Sidi Harazem Thermal Bath Station (Marocco, 1960-1965), La Maison du Peuple (Burkina Faso, 1965) e il Centre International du Commerce Extérieur du Sénégal (1974) sono architetture controverse, intrise di storie cui rispondere attivamente muovendosi dalle forze del locale, mediante energie umane e sforzi mossi dal basso, nella creazione di un progetto efficace sul piano fisico e sociale. L’attività del progetto, oltre a dare vita a nuovi spazi di aggregazione e collettività, mira a promuovere le storie dietro le tre architetture presentate, al fine di evidenziare la scarsa attenzione del mondo occidentale verso lo scenario africano. Il progetto cita infatti il completo disinteresse dell’UNESCO per le opere del Modernismo africano. Nell’intento di divulagare e includere, Guest From the Future svolge un ruolo cardinale nella definizione di specifici equilibri.
4. L’ARTISTA BENGALESE ANUSHA ALAMGIR
Guest From the Future mostra come l’architetto del futuro sia parte integrante e viva della società e delle tradizioni in cui è inserito, al fine di garantire un’esperienza collettiva e inclusiva ai destinatari dei suoi progetti. Porda (“velo” in lingua bengalese) è il film proposto dall’artista bengalese Anusha Alamgir, risultato del progetto di diploma in architettura presso la RCA a Londra. La sperimentazione dell’architettura come atto di abitare uno spazio porta l’artista allo sviluppo di nuove tipologie di vestizione del corpo, nello specifico quello femminile, come frutto di analisi della sua rappresentazione nei media del nostro quotidiano. L’hijab si fa così spazio di controllo del singolo e il corpo torna in questo senso a lanciare un messaggio, senza sottostare passivamente ai significati che il velo si porta dietro, in termini di tradizioni e stereotipi. Il velo viene qui inteso come elemento architettonico e i diversi risultati cui l’artista perviene lasciano spazio all’immaginazione di una nuova relazione tra il singolo e il pubblico attorno ad esso.
5. L’ARCHITETTURA LIMINALE DI FOLASADE OKUNRIBIDO
Gli spazi del Padiglione Centrale ospitano The Blue Hour, dell’architetta londinese Folasade Okunribido. Nel suo caso, la poesia di un momento mistico come quello a cavallo tra la fine della notte e l’inizio di un nuovo giorno accresce la forza di un progetto di ridimensionamento del sociale tramite un’architettura contemporanea, dinamica, volta al futuro. Nella stanza, luci blu accompagnano il pubblico in uno stato di sogno dove si delinea il progetto di Ààfin Awon Eniyan, la casa dedicata a 150 giovani allontanatisi dalle aspettative tossiche della società, nei sobborghi nigeriani. Inteso come un rifugio culturale, luogo di collettività e solitudine, l’edificio progettato è costituito da una serie di elementi modulari in argilla rinforzata che vanno a colmare la più grande lacuna urbana della città e accendere in esse il colore blu, grazie alle proprietà fisiche delle singole piastre. Un’aura potente per una nuova alba pare essere il messaggio di un’architettura liminale, tra il sogno e il mattino.
Sophie Marie Piccoli
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