I cinema tornano punti di riferimento urbani. Il caso del Barberini a Roma

Negli ultimi due decenni l’Italia ha perso duemila cinema. Un’emorragia alla quale si accompagnano tentativi di rinascita e storie di restyling. È il caso del cinema Barberini che ha scelto la strada della polifunzionalità

Quanti tra i film e i documentari presentati alla diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, che si è conclusa lo scorso 29 ottobre 2023, usciranno nelle sale o per pochi giorni? Anche quest’anno la kermesse è stata ospitata negli spazi polivalenti dell’Auditorium, che lo stesso Renzo Piano definisce “luoghi della cultura, (…) come quelli della musica, hanno la naturale funzione di fecondare il tessuto urbano, sottrarre la città all’imbarbarimento e restituirle quella qualità straordinaria che ha sempre avuto nella storia”. Sorge spontanea una domanda: il cinema è inteso come possibilità di vedere un film o come un luogo della città dove vedere un film? Se ci riferiamo ai luoghi delle città, il discorso è complesso e richiede un ragionamento preliminare. Sono 2.000 i cinema chiusi in Italia negli ultimi venti anni; le cause sono molteplici, e immaginare che il pubblico torni a riempire sale di grande capienza è una chimera. Sono degli involucri obsoleti sparsi nelle nostre città: una volta ricchi templi dedicati alla celebrazione collettiva della settima arte, oggi solo dei lacerti che possono però rinascere se visti in un ambito più ampio di rigenerazione urbana e di restauro del moderno. Solo a Roma sono state chiuse oltre 100 sale, di cui più di 50 negli ultimissimi anni. Questo fenomeno che ha eliminato molti cinema, luoghi di aggregazione e di esperienza collettiva di quartiere, deriva sia dalla fruizione televisiva del film, che consuma il prodotto in brevissimo tempo, ma anche da una produzione cinematografica bulimica e spasmodica che spesso va a discapito della qualità del prodotto filmico. 

Ingresso Sala 2, Cinema Barberini, Roma
Ingresso Sala 2, Cinema Barberini, Roma

Il legame tra Roma e il cinema 

A partire dal 1930, a Roma molti teatri diventano anche sale cinematografiche: l’Adriano, il Quirinale, il Volturno. Il cinema Barberini, anche se dotato di palcoscenico teatrale, viene costruito in quell’anno con una tecnologia all’avanguardia per un cinematografo dell’epoca: la cabina di proiezione, la più grande d’Europa, era isolata, spaziosa, e cablata per l’impianto sonoro che poteva contare di un sistema acustico che garantiva un’ottima rispondenza fonica. I ricambi dell’aria – all’epoca si poteva fumare in sala – erano assicurati da un impianto meccanico e dall’apertura del lucernaio nell’intervallo tra primo e secondo tempo (ricordo, questo dei tetti apribili, riservato solo a chi ha superato una certa età anagrafica!). Struttura d’impianto razionalista, aveva una sala rettangolare con galleria che poteva ospitare duemila persone; ci si accedeva da un vestibolo circolare a doppia altezza. Sulla facciata era presente una pensilina in ferro e vetro; interessante l’uso dei colori nei vari materiali, aspetto questo divenuto motivo di riferimento nell’ultimo progetto di ristrutturazione. I film affascinano e richiamano sempre di più il pubblico e diventano anche un mezzo di propaganda; nel 1932 inizia l’era della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, nel 1937 Mussolini inaugura Cinecittà. Con lo svilupparsi della Capitale nascono molte sale cinematografiche anche fuori dalle Mura Aureliane e dal tessuto ottocentesco. Qualcuna presenta classici e inconfondibili elementi del razionalismo italiano: è il caso del cinema Impero, inaugurato nel 1937 nella zona semiperiferica di Torpignattara. Una sala storicamente importante se pensiamo alle altre realizzate in Italia, nello stesso periodo e con lo stesso nome, incluso uno coevo e simile ad Addis Abeba.  

Terrazza del CInema Barberini, Roma
Terrazza del CInema Barberini, Roma

I cinema come presidi culturale di quartiere 

Questi cinema, suddivisi in prima, seconda e terza visione a seconda delle dinamiche della distribuzione e delle zone, nel tempo divennero dei luoghi di riferimento di quartiere, rimasti ancora nel ricordo di molti. Si tratta di architetture che fanno parte di un insieme con la medesima funzione, eseguite da diversi autori in un comune clima culturale. Il loro valore testimoniale costituisce un ben riconoscibile segmento del patrimonio del Novecento romano, all’interno del quale ogni opera non vale solo di per sé, ma in rapporto a tutte le altre. Attraverso tale rapporto è possibile ricostruire il ruolo e il carattere di ognuna di esse e, dunque, storicizzarle. Tra queste, vanno citate per la loro alta rilevanza architettonica, il cinema Airone di Adalberto Libera, Eugenio Montuori, Leo Calini, i cinema Alcyone e Maestoso di Riccardo Morandi già pensati e nati come edifici polifunzionali. Inquadrando l’intervento di ristrutturazione e aggiornamento tecnologico di tutte queste opere nella più ampia dimensione urbanistica, si può parlare di “restauro urbano” prima che architettonico; anzi, quest’ultimo non avrebbe alcun significato se non rapportato alle esigenze economiche, funzionali, sociali e gestionali dell’opera, se quest’ultima non fosse riferita al contesto urbano e alle sue successive trasformazioni.  

Sala 1, Cinema Barberini, Roma
Sala 1, Cinema Barberini, Roma

La storia del cinema Barberini progettato da Marcello Piacentini 

In quest’ottica si colloca il cinema Barberini, progettato da Marcello Piacentini, autore anche dei cinema Corso e Quirinetta. Fu realizzato nel 1930 da Angelo Giuseppe Rossellini, padre del regista Roberto Rossellini, e utilizzato negli Anni Quaranta anche per manifestazioni di regime come la Befana Fascista; in seguito ha ospitato prime trionfali di pubblico e di critica: Miracolo a Milano, nel febbraio del ’51, Accattone il 22 novembre del ’61, e Il Gattopardo nell’edizione integrale il 27 marzo del 1963. L’attuale ristrutturazione del cinema Barberini, realizzata dallo studio Bossi di Pavia con la direzione artistica dell’Arch. Stefano Rosini, non è un restauro filologico. Piuttosto è un interessante intervento di ristrutturazione di un edificio, storicamente importante nella cultura cinematografica romana, collocato in un contesto urbano con una forte prevalenza di uffici e con funzione turistico-ricettiva. L’intervento di ristrutturazione ha conservato la facciata, l’elemento di transizione tra passato e presente e il vestibolo circolare, anche se con materiali differenti. L’intervento interno, che ha portato alla creazione di sei sale polivalenti, ha il pregio di non essere, come spesso accade, solo un progetto funzionale derivante dalla tecnologia, ma è caratterizzato da differenti colorazioni che qualificano architettonicamente i nuovi spazi distributivi, le sale di proiezione e gli arredi. Non è poca cosa, se consideriamo che quasi tutte le multisale sono pressoché uguali.  

La nuova vita del cinema Barberini di Roma 

Le nuove sale possono ospitare film d’essai e film in lingua originale, stand-up comedy, mostre, concerti e spettacoli dalle 10 alle 24. La ristrutturazione ha portato alla realizzazione di un ristorante bar e di una terrazza che si affaccia sulla splendida fontana berniniana del Tritone. In sintesi, la tecnologia e il comfort hanno come obbiettivo primario quello di invitare il pubblico a lasciare i divani casalinghi per vedere comodamente i film nel luogo deputato: la sala cinematografica. E non dimentichiamoci che il film nasce per la magia del grande schermo. La riapertura cinema Barberini nel periodo del Festival del Cinema di Roma è una scelta simbolica ed economicamente coraggiosa per il futuro di un settore in crisi. La ripresa del mercato cinematografico di qualità e una nuova concezione degli immobili, nati esclusivamente come cinematografi, favorirebbe, valutando caso per caso, il recupero di molti di essi come edifici polifunzionali, ognuno secondo le esigenze del quartiere dove sono nati contribuendo alla rigenerazione urbana. In tal senso è auspicabile che anche le normative attuali, piuttosto restrittive, siano adeguate al restauro e riuso di questi edifici comunque storici. 

Paolo Verdeschi 

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Paolo Verdeschi

Paolo Verdeschi

Nato a Roma nel 1952, si laurea in architettura nel 1979 e segue i corsi ICCROM. Tra i suoi principali interventi, il restauro di villa La Saracena di Luigi Moretti a Santa Marinella (Roma). È membro della commissione Osservatorio del…

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