Così sta rinascendo il complesso di Sant’Orsola a Firenze
È uno dei più ambiziosi (e attesi) interventi di rigenerazione urbana in corso in città: dopo anni di tentativi, la rinascita del complesso sembra finalmente possibile con un mix funzionale a trazione formativo-culturale. Ne parla la responsabile del museo che nascerà nell’ex convento
A Firenze, uno dei capoluoghi italiani chiamato alle urne i prossimi 8 e 9 giugno, il 2023 si è concluso con la firma della convenzione tra il Comune e la società Artea: l’accordo definisce il perimetro d’azione per la gestione del complesso di Sant’Orsola, circa 17mila mq a due passi dal mercato di San Lorenzo. Per cinquant’anni il gruppo francese si occuperà dell’ex monastero benedettino, di proprietà della Città Metropolitana di Firenze dal 2007.
Un sito dal passato a dir poco travagliato, che dalla fondazione – datata nientemeno che 1307 – a oggi ha accolto più generazioni di suore (di vari ordini), gli operai della manifattura tabacchi, gli sfollati della Seconda guerra mondiale, ma mai i finanzieri che tra gli anni Ottanta e Novanta avrebbero dovuto insediarsi in questa centralissima sede, finita poi in stato di abbandono. Alla (mancata) trasformazione dell’immobile in caserma si devono le opere in calcestruzzo armato che hanno in parte snaturato le antiche strutture, già progressivamente private del patrimonio storico-artistico un tempo qui costudito.
Il progetto di rigenerazione urbana del complesso di Sant’Orsola a Firenze
In termini di “traguardo storico per la città di Firenze e per il quartiere di San Lorenzo” si è espresso il sindaco uscente, fiducioso che la strada intrapresa sia quella capace di “dare una vita nuova a questo luogo pieno di storia e di cultura”. Un risultato da raggiungere “con attività dedicate ai giovani, ai residenti del quartiere, ai visitatori e alla città nel suo insieme”, ha precisato ancora Dario Nardella, con diretto riferimento al progetto di recupero, ristrutturazione e rifunzionalizzazione del complesso, dal quale sono attese ricadute anche sull’area circostante, non immune negli anni a situazioni di criticità. Di tipo formativo-culturale sono le funzioni in larga parte previste nel Sant’Orsola: nella convenzione siglata si fa infatti riferimento a una biblioteca, una ludoteca, a spazi per start-up e per la formazione (associati a una foresteria a uso degli stessi soggetti coinvolti nei percorsi didattici), oltre a servizi turistici, atelier d’artista, negozi e caffè; accessibili a tutti anche gli spazi all’aperto inclusi nel sito. Imprescindibile poi l’apertura del museo, del cui progetto è responsabile per Artea Morgane Lucquet Laforgue.
Intervista a Morgane Lucquet Laforgue
Dopo quattro decenni di chiusura e parziale abbandono, nel 2023 per la prima volta fiorentini e turisti hanno potuto varcare la soglia del complesso di Sant’Orsola. Quali reazioni avete registrato in seguito alla riapertura?
La maggior parte dei visitatori, soprattutto nei primi giorni di apertura, era innanzitutto spinta dal desiderio di poter finalmente entrare dentro le mura dell’ex convento, luogo rimasto in effetti inaccessibile per decenni (e comunque mai aperto a tutti). C’era anche tanta curiosità riguardo al futuro progetto di Artea per la riqualificazione dell’intero complesso. La lettura del libro firme, gli scambi con i visitatori dopo le visite guidate (sono state svolte circa un centinaio di visite guidate, anche con associazioni, università italiane e straniere), il numero di richieste di collaborazione mandate da parte di associazioni, enti culturali pubblici e privati fiorentini e non solo, le candidature spontanee ricevute per lavorare con noi o per il programma di residenze artistiche, dimostrano che il museo sant’Orsola, anche se ancora in grembo, sta già diventando una nuova piccola realtà culturale fiorentina.
Com’è andata la prima mostra, “Oltre le mura di Sant’Orsola”?
Ha ricevuto un bellissimo riscontro: su appena più di 30 giorni reali di apertura abbiamo registrato oltre 8000 visitatori. L’abbiamo riaperta a settembre scorso, dopo diverse sollecitazioni da parte del pubblico (era inizialmente prevista solo per il mese di giugno). La riapertura proponeva, tra l’altro, un percorso leggermente diverso (una versione “dietro le quinte”), per permettere a chi l’aveva già vista di scoprire altri aspetti del lavoro degli artisti presentati. Più persone sono tornate a vederla e/o si sono già iscritte alla newsletter del museo anche se non esiste ancora!
A Firenze il complesso di Sant’Orsola riaprirà nel 2026
A precedere la mostra, sono state le residenze d’artista svolte nel 2022. Prevedete futuri cicli di residenze?
Sì, certamente. Sostenere la creazione artistica contemporanea e, in primo luogo, i nuovi talenti emergenti è la prerogativa principale della fondazione Artea (la fondazione senza scopo di lucro che è attualmente in corso di creazione e che gestirà il museo Sant’Orsola). Quando il complesso di Sant’Orsola aprirà ufficialmente al pubblico, nel 2026, ci sarà un atelier nel cortile dell’orologio per gli artisti in residenza, che avranno pure la possibilità di alloggiare all’interno dell’antico convento.
Cosa accadrà nel 2024?
I prossimi artisti del programma di residenza sono già stati selezionati: è un binomio pluridisciplinare, arriveranno quest’estate e presenteranno i loro lavori nel 2025. Siamo solo all’inizio, ma in futuro ci saranno pure call for residence, magari a volte con delle tematiche specifiche. Sicuramente prevediamo una giuria più ampia, composta dal personale scientifico della fondazione e da eventuali altre personalità qualificate, chiamate per l’occasione.
A quando la prossima call?
Dovremmo essere in grado di lanciarla alla fine della prossima mostra (a fine ottobre 2024), per una residenza da svolgere nel 2025.
Il progetto del museo di Sant’Orsola a Firenze e la sua collezione d’arte
Cosa può anticiparci sull’impostazione architettonica del museo e degli spazi per le esposizioni temporanee? In quale modo le testimonianze archeologiche saranno incluse nel circuito di visita?
La sala del percorso permanente del museo sarà quella dell’antica chiesa, proprio dove si trova lo scavo archeologico. Lo scavo rimarrà visibile: verrà valorizzato, attraverso una pavimentazione di vetro parziale o intera, e un’illuminazione studiata. Per questa parte lavoreremo insieme alla Soprintendenza e con gli archeologhi che hanno effettuato le ricerche. In un’unica sala verranno presentati reperti archeologici e storici, opere d’arte antiche provenienti del convento (in prestito e/o in deposito), dispositivi pedagogici per evocare un patrimonio immateriale (come quello legato alle testimonianze degli ex profughi che hanno vissuto a Sant’Orsola, nel Novecento) e opere d’arte contemporanea. La seconda chiesa sarà dedicata alle mostre temporanee e agli eventi culturali (incontri, performance, concerti…). Il chiostro e i tre cortili potranno anche ospitare eventi culturali o installazioni durante le mostre temporanee.
Il suo incarico segue una sorta di “doppio registro”: il rendere nota e valorizzare la storia di questo luogo, con tutte le sue stratificazioni e complessità; e il dotarlo di una collezione museale che guardi al contemporaneo e che riunisca il patrimonio artistico un tempo appartenuto al Sant’Orsola e poi disperso. Operazione ambiziosa: come sta lavorando?
Arte contemporanea al servizio della memoria del luogo: è quello che si sta provando a fare già ora con il ciclo di mostre durante la fase del cantiere. Per la prima, entrambi gli artisti hanno creato opere d’arte originali per il luogo, ispirate alla sua storia. Lisa Gherardini, l’antica attività farmaceutica delle religiose, le donne del quartiere che lottano da anni perché questo luogo non venga dimenticato sono stati omaggiati dallo street artist Alberto Ruce; Sophia Kisielewska-Dunbar invece ha creato delle opere che entrano in dialogo con l’antica ornamentazione della chiesa e che si interrogano sulla condizione femminile entro le mura dei conventi.
Una linea curatoriale che prosegue anche quest’anno?
Per la nuova mostra, che aprirà al pubblico tra giugno e ottobre 2024, attraverso lo sguardo di due artisti contemporanei continuiamo a indagare il passato del luogo e a permettere al visitatore di scoprire nuovi ambienti. Questa seconda mostra, però, avrà una dimensione più onirica: scopriremo un passato più sognato che realistico. Dopo ciascuna mostra alcune opere create appositamente per Sant’Orsola dagli artisti verranno acquistate per la collezione del museo. Una volta aperta, nella sala permanente, esporremo Il trittico di Sophia Kisielewska-Dunbar di fronte alla pala d’altare seicentesca originaria di Sant’Orsola. Hanno la stessa altezza: l’opera di Sophia KD è una “risposta” alla tela barocca. Intende invitare lo spettatore a osservarla e a porsi alcune domande su di essa.
La rigenerazione del Sant’Orsola: una scommessa per Firenze
L’apertura è attesa per il 2026. Quali sono le sue aspettative e speranze?
Spero che diventi un luogo di incontri, esperienze, ricerca, stimoli, lavoro: per i fiorentini soprattutto, ma anche per le persone di passaggio.
Quale ritiene potrà essere il ruolo sociale del nuovo Sant’Orsola nello specifico contesto del centro storico fiorentino?Abbiamo svolto workshop legati alla preparazione della prima mostra con alcuni studenti di diverse scuole della città: quest’anno lo faremo nuovamente, sia nell’ambito della preparazione della mostra che durante la mostra con le stesse scuole e anche con altre che il museo ha contattato. Avevamo aperto la prima mostra del museo “in cantiere” e, tra l’altro, in maniera totalmente gratuita, per rendere il visitatore testimone e partecipe dei primi passi della costruzione del nuovo Sant’Orsola: una rinascita non si fa di nascosto, tra poche persone estranee alla città. Associazioni di quartiere, compagnie teatrali hanno già potuto organizzare, in parallelo alla mostra e con la nostra collaborazione, degli eventi legati all’Estate Fiorentina; qui si è tenuto un dibattito sulla rigenerazione urbana. Quest’anno Sant’Orsola sarà uno dei luoghi del festival della lettura promosso dal sistema comunale bibliotecario di Firenze. Vogliamo continuare con queste iniziative, collaborazioni e partnership culturali nel futuro. Vogliamo creare un sentimento di appartenenza.
Valentina Silvestrini
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