Il laboratorio sul futuro di Roma diretto da Stefano Boeri muove i primi passi
A un anno dall’intervista in cui Boeri incoraggiava a candidarsi all’esperienza di sviluppo di una visione per il futuro della Capitale, il Laboratorio Roma_050 esce allo scoperto. Esposti al MACRO i primi risultati della ricerca in corso, in una due giorni scandita dai contributi di esperti e professionisti internazionali
“Non potevamo che partire con un grande momento di ascolto”, spiega Stefano Boeri, dando il via alla prima occasione pubblica di presentazione degli esiti, seppur iniziali, dal Laboratorio Roma_050. I tempi erano del resto maturi perché il team selezionato dall’architetto milanese (“con Zanchini e Carpenzano abbiamo fatto una selezione su più di 360 curricula; è stata un’esperienza unica e la qualità delle proposte ricevute è stata altissima”, sottolinea il presidente di Triennale Milano) rendesse finalmente noto il proprio approccio al (colossale) tema dell’avvenire capitolino. Sulla città dall’inizio di quest’anno è tornata a farsi pressante l’attenzione mediatica, alimentata dalla stringente scadenza dell’8 dicembre 2024, avvio ufficiale del Giubileo 2025. Non a caso, all’evento e ai processi di trasformazione che il grande evento sta generando, la nostra newsletter Render, in uscita lunedì 26 febbraio, si appresta a riservare il proprio focus. E dunque anche il Laboratorio Roma_050 si svela e racconta. Lo fa nella cornice del MACRO, nella due giorni Tre viste su Roma: sopra, attraverso, sotto scandita dai contributi di esperti internazionali solo in parte legati all’universo architettonico propriamente inteso. Attesi sul palco anche il sociologo e scrittore statunitense Richard Sennett, l’astrofisica Ersilia Vaudo (Chief Diversity Officer dell’ESA a Parigi) e lo psichiatra e psicanalista Vittorio Lingiardi. Per le prossime settimane, inoltre, è stata annunciata una seconda occasione di confronto in tandem con l’Ordine Architetti di Roma.
Laboratorio Roma_050: i primi quattro mesi di attività
Oltre a quello giubilare, sono il 2030 e il 2050 i due orizzonti temporali presi in esame dai professionisti del laboratorio coordinato da Boeri, ovvero Eloisa Susanna e Matteo Costanzo (i senior del team), Jacopo Costanzo, Susan Isawi, Giorgio Azzariti, Carmelo Gagliano, Margherita Erbani, Riccardo Ruggeri, Marco Tanzilli e Giulia Benati (i cosiddetti junior). Triplice l’articolazione del processo di lavoro, con l’appena conclusa fase di ricognizione e analisi che verrà seguita da quella di definizione della visione (per i prossimi dieci mesi) e quindi dalla conclusione, con la definitiva elaborazione di linee guida (ulteriori quattro mesi), restituite coerentemente attraverso la Carta per la città. Fin qui, dunque, è stato redatto l’Atlante delle trasformazioni, una mappatura che dettaglia tutti i processi di trasformazioni in progress: un’istantanea composita che riunisce cantieri edilizi, infrastrutture, parchi, opere di restauro e altri interventi. Ma il traguardo finale, chiarisce Boeri, è arrivare tramite “un affresco, un’immagine della Roma del futuro” a una “serie di indicazioni per la politica. Il nostro è un ruolo tecnico e nell’autonomia della tecnica rientra il suggerire principi”, precisa ancora.
Roma, la città mondo che è un “mondo di città”
Boeri approda a Roma, non senza polemiche seguite alla deliberazione da parte della Giunta Capitolina del contratto di consulenza per “contribuire all’elaborazione di una visione futura per la città di Roma”, dopo varie esperienze di respiro internazionale. “Ho avuto la fortuna in questi anni di lavorare sulle visioni di alcune metropoli”, ha voluto ricordare al MACRO. Da Shanghai, dove ha diretto il Future City Lab della locale Tongji University occupandosi della transizione ecologica e del possibile contributo dell’intelligenza artificiale nei contesti urbani, a San Paolo, in cui insieme all’amministrazione ha affrontato il nodo cruciale delle diseguaglianze, operando “in una città in cui gli insediamenti informali costituiscono una componente sostanziale della vita metropolitana”. Non sono mancati i passaggi professionali a Parigi, con Andrea Branzi, e a Riyad e Il Cairo, teatri di un’analisi sullo sviluppo urbano in contesti con scarsità di risorse. Eppure, nonostante queste pregresse attività, “provare a ragionare sul futuro di Roma è una sfida unica”, ribadisce anche in questa occasione. E le ragioni sono tante, a partire dal fatto che “Roma è una città mondo. Ha nella sua storia e nella sua geografia la complessità delle sfere vitali e ospita davvero l’intero spettro dell’urbanità. Ma è anche un ‘mondo di città’”, afferma, citando Fernand Braudel prima, e facendo poi sua la riflessione di Paolo Portoghesi, secondo cui la capitale italiana è stata in grado di “produrre delle ‘città figlie’ fuori dalle mura aureliane, che si danno la mano e sono collegate fisicamente ma non psicologicamente”. Una “città arcipelago”, per usare un’altra espressione cara al progettista, che merita concrete e ragionate prospettive di rilancio.
Valentina Silvestrini
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