Il senso delle donne per la città. Ragionamenti necessari nel libro di Elena Granata
Un nuovo libro che evidenzia come, nonostante la storica rimozione, le donne abbiano sempre maturato un pensiero sulla città. E oggi è più urgente che mai adottarlo
Già in Placemaker, pubblicato due anni orsono, ragionando sugli inventori dei luoghi che abiteremo Elena Granata, docente di urbanistica al Politecnico di Milano, evidenzia aspetti critici presenti in alcuni progetti che impattano con le città. Segnala quello di Rem Koolhaas per la Fondazione Prada che non genera “beni comuni e collettivi”, in contrasto con la natura stessa dell’arte contemporanea. Dimostrano invece la loro capacità di includere Bjarke Ingels con Superkilen, realizzato in un quartiere degradato di Copenaghen, o l’High Line a New York progettata da Elisabeth Diller e Ricardo Scofidio: sono interventi concretizzati grazie alla collaborazione con l’utenza. Nel più recente Il senso delle donne per la città. Curiosità, ingegno, apertura Granata va ancora oltre. Riflette sull’istinto delle donne nel progettare spazi armonici e accoglienti. Individua la loro capacità nel realizzarli, rispondendo ai bisogni di chi vive nelle città incomplete e vittime del degrado.
Il senso delle donne per la città
L’incipit della narrazione richiama alla memoria altre epoche storiche. Quelle nelle quali i popoli governati da una società matriarcale ignoravano la guerra: accadeva a Malta, prima della civiltà palaziale, dove gli agglomerati urbani erano privi di mura difensive. L’architettura ignorava l’angolo a 90 gradi e proponeva, come per la scultura, volumi avvolgenti come seni prosperosi e ampi fianchi, ispirati a forme femminili. Oggi le donne continuano ad essere emarginate nell’architettura e nella pianificazione urbana, come è già avvenuto nei corsi della Bauhaus. Sono riuscite però, come in quella scuola, a individuare un proprio ruolo nella progettazione di spazi interni e di oggetti di design, intervenendo nella moda e la fotografia, anche sui giardini e il paesaggio. Grazie a questa esperienza hanno acquisito un sapere pratico che permette loro di individuare le giuste soluzioni, rispetto ai problemi delle città. Il loro contributo appare indispensabile perché esiste un vitale bisogno di “ripensare la relazione tra spazi e vita, tra tempi quotidiani e aspettative di benessere, tra natura e città”.
Più giardiniere che progettiste, più pedagogiste che ingegnere
Ripercorrendo ciò che è avvenuto nel corso della storia appare sempre più evidente che le donne abbiano subito una sistematica mancanza di riconoscimento del loro ruolo e delle proprie potenzialità. Anche quando sono state le artefici di idee che hanno apportato sviluppo alla civiltà. Vi è stata una rimozione persino nei confronti dell’operato di regine come Caterina de’ Medici, che hanno contribuito alla modernizzazione dell’architettura dei complessi del regno e più in generale di Parigi. L’attuale crisi ambientale, intrecciata a quella del pensiero, pone al centro l’indispensabile risposta alla grande cecità che coinvolge il sapere contemporaneo. A iniziare dalla politica, un tempo arte del governo della polis. L’autrice individua una risposta possibile nell’integrazione di ogni singolo intervento con altri, per giungere ad una visione globale. Ad esempio: “proteggere i suoli e investire sulla rigenerazione urbana; aumentare le isole pedonali, le zone a traffico limitato e intervenire sulla riforestazione urbana”. Intervenire sul sistema del trasporto e della mobilità e incrementare le piste ciclabili. Investire su nuove energie sostenibili e ripensare al ciclo dei rifiuti. Sostenere gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, in particolare su quello storico e di valore artistico. Soprattutto ridefinire il ruolo dell’architetto, continuando in sintonia con Denise Scott Brown, ad imparare dai luoghi, dal paesaggio esistente.
Verso città a misura per tutti
Al contrario ci stiamo abituando a vivere in una città masochistica che nega la possibilità di spostare i confini, di trasformarli in frontiere permeabili attraversate dalle idee. Lo aveva colto in modo efficace Franco Basaglia quando afferma che sono proprio i luoghi di cura chiusi della malattia mentale quelli in cui ci si ammala di più, dove le persone diventano ingranaggi di un’istituzione di controllo e isolamento quando invece avrebbero bisogno di un contesto caldo e accogliente. Da tutto ciò scaturisce la necessità di individuare soluzioni inedite, ad iniziare ad esempio da quelle sperimentate nel carcere di Volterra oppure a Bollate e descritte in Senza Sbarre. Storia di un carcere aperto. Ed ancora, ripensare la scuola per portare i bambini che non lo conoscono al mare o nel bosco, superando la burocrazia che li lega al banco. Infine mettere in comune, divulgare le esperienze più riuscite provenienti da varie parti del globo anche tornando sui luoghi che abbiamo abbandonato e che vale la pena riscoprire perché possono divenire città al femminile.
Mario Pisani
Elena Granata, Il senso delle donne per la città. Curiosità, ingegno, apertura
Giulio Einaudi Editore, Torino 2023
Pagg.168, €17,00
ISBN 9788806258283
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