Così immaginiamo i musei del futuro. Intervista a Mara Servetto 

Nel loro recente libro, gli architetti Ico Migliore e Mara Servetto spiegando il concetto di “Museum Seed”, fanno luce su una nuova gamma di luoghi di cultura e aggregazione, capace come semi di innestarsi nel tessuto urbano per incidere nei comportamenti sociali

Maestri nell’integrazione tra spazio fisico e digitale, così come nella progettazione di interventi dall’alto potere narrativo, Ico Migliore e Mara Servetto hanno scelto di prendere posizione sul futuro architettonico degli spazi per la cultura puntando su uno degli strumenti analogici per eccellenza: il libro cartaceo. Edito da Electa, Museum Seed. The Futurability of Cultural Places è il volume in italiano e inglese del quale hanno curato e coordinato sia i contenuti, che sviluppato l’identità grafica. Non certo un caso, dato il background del loro (pluripremiato) studio, attivo dal 1997. Nella pubblicazione Migliore+Servetto mettono nero su bianco la loro visione dell’avvenire delle sedi museali e per la fruizione culturale; nello stesso tempo offrono al lettore testimonianze tangibili del loro approccio ai temi dello spazio con immagini di allestimenti museali e installazioni ambientali realizzati in anni recenti: dall’allestimento del Museo di Storia Naturale di Milano alla sede di The Human Safety Net, nelle Procuratie Vecchie a Venezia. Si tratta di due tra gli oltre 800 progetti realizzati in 21 nazioni dai due architetti, artefici di una parabola professionale estremamente riconoscibile nel contesto italiano e improntata alla trasversalità. “Lavoriamo nei campi dell’architettura, dell’interior, nel settore museale, ma anche sull’interazione, sul digitale, sulla grafica. Ci muoviamo tra tutti gli elementi che compongono lo spazio”, racconta Mara Servetto che intervistiamo durante la Milano Design Week, nel corso della quale non sono mancati gli interventi del duo. Recente vincitore del concorso per il museo di Schengen, promosso in una fase storica quanto mai complicata per i ventisette stati europei, lo studio Migliore+Servetto è attualmente impegnato nella rinascita dell’area ex Expo, a Milano; in Giappone sta lavorando nel campus di una storica università femminile di Tokyo. Ed è proprio al quadrante orientale del pianeta che lega la propria genesi il libro Museum Seed. The Futurability of Cultural Places. 

Intervista a Mara Servetto 

Il nuovo libro nasce con il supporto dell’Istituto di Cultura Italiana a Seoul e dopo una conferenza che si è svolta in quella città. Negli anni Migliore+Servetto ha stabilito un legame d’elezione con la Corea del Sud e il Giappone. L’intensa frequentazione di quell’area geografica produce dei riflessi nel vostro modo di progettare e di concepire gli spazi museali? 
Con l’Estremo Oriente abbiamo un rapporto sia per la didattica e la ricerca – Ico Migliore è Chair Professor alla Dongseo University di Busan; Mara Servetto è Visiting Professor alla Joshibi University di Tokyo dal 2009, n.d.R. – sia sul fronte professionale. A Busan, ad esempio, abbiamo realizzato il Blue Line Park e il Waterfront Door / Into the Ocean, insieme a 40 artisti locali. La vicinanza, in particolare, con la Corea ci consente di seguire l’evoluzione culturale che il Paese sta vivendo: negli ultimi decenni si era progressivamente attestato a livello internazionale per la tecnologia, ma adesso sta emergendo anche per la sua produzione culturale, dalla musica al cinema fino all’arte. È un territorio molto stimolante per noi, anche per ragionare sull’integrazione tra fisico e digitale, tra la dimensione tecnologica e lo spazio fisico, ovvero un tema centrale per la nostra pratica. 

The Human Safety Net, Venezia, ph. Andrea Martiridonna
The Human Safety Net, Venezia, ph. Andrea Martiridonna

Il libro è stato concepito come un’opera corale. A introdurla è la vostra premessa teorica, dalla quale emergono alcuni concetti come quello ribadito nel titolo: il museo come seme. In maniera pragmatica chiarite poi cosa sarà il museo del futuro, introducendo la dimensione del museo aumentato e stilando un manifesto in otto punti.  
Con il libro abbiamo voluto fare una chiamata ampia per ragionare sul tema: i contributi, infatti, sono internazionali e provenienti da discipline e ambiti diversi. Questo perché volevamo restituire tutta la complessità della progettazione degli spazi culturali oggi. Che senso ha lo spazio fisico? E che valenze deve avere? Sono questi i quesiti alla base di tale ricerca. 

E come siete arrivati al concetto del museo come seme? Ritiene che, in un contesto in parte conservatore come quello italiano, quello che definite come “museo aumentato” possa scontrarsi con giudizi negativi? 
Il modello del “museo-cassetto” è superato; lo è anche per le istituzioni culturali e storiche come le nostre. Quello che noi pratichiamo e che siamo convinti possa avere vaste potenzialità di applicazione nel futuro è un’integrazione misurata e umanistica tra tecnologie e fisicità, nonché tra saperi diversi. Al pari di un seme, il museo cresce, si estende, evolve: si integra con le attività collaterali interne, a partire dalla didattica, ma anche con l’offerta culturale di un dato territorio. Dopo la visita, si può sviluppare un interesse che in seguito incoraggia ad avviare iniziative di approfondimento, a cercare specifici progetti analoghi nel luogo in cui vive. Come le medicine, tutto questo processo genera un effetto a lento rilascio, che non si esaurisce in un’esperienza puntuale, ma continua a propagarsi. E, forse inaspettatamente per i più, questa condizione si può avere sia in ambito culturale che commerciale. 

Eco Migliore e Mara Servetto ph. Gianluca Di Ioia
Ico Migliore e Mara Servetto ph. Gianluca Di Ioia

Ovvero? 
Per esempio, abbiamo avuto la fortuna di lavorare con gli archivi di Max Mara, che oltre al design includono opere fotografiche, artistiche, materiali legati alla storia dell’industria: un patrimonio molto interessante, da condividere. La possibilità di aprire queste ricchezze a un pubblico ampio va però guidata ed estesa oltre l’atto della visione o l’ascolto. Bisogna affiancare, specie nei musei specialistici, delle chiavi di lettura e di inclusione che consentano anche ad altri pubblici di accostarsi a queste storie. Le grandi iniziative commerciali o artigianali, quelle di qualità, sono basate su valori veri, reali: lo spazio fisico può essere deputato a renderle note, integrando tecnologie e conoscenze diverse. 

Come sta cambiando il design degli spazi per la cultura e la museografia 

Tutto questo sta portando alla ridefinizione della figura dell’architetto museografo, aprendo il campo ad altre discipline e spostando il suo operato oltre la progettazione dei dispositivi espositivi? 
Quella componente rimane ed è fondamentale. La capacità progettuale di Scarpa non è solo un dettaglio, ma è alla base del rapporto tra l’opera e il sostegno, tra sfondo e figura. La relazione delle opere con lo spazio è e resta imprescindibile. Tuttavia una volta il museo era concepito per gli esperti, addirittura non ci si sentiva all’altezza di entrare in un certo tipo di museo perché non si avevano le opportune conoscenze. Oggi chiunque accede: questa è una rivoluzione. Anzi, il museo serve le comunità, ne è appunto un seme, un soggetto generatore, per attingere al titolo del libro. Di conseguenza l’orizzonte progettuale e il team di progetto stanno cambiando. All’architetto spetta una funzione di regia tra tutti i soggetti coinvolti, per la sua capacità di gestire la dinamica tra avvicinamento, accostamento, conoscenza, memorabilità dell’esperienza. Oggi c’è una nuova progettualità da mettere in campo e deve essere più prospettica: dobbiamo utilizzare le nuove tecnologie e tutte le innovazioni a disposizione già vedendone l’uso nell’oggi e nel domani, prestando attenzione alle congiunzioni.  

In uno degli otto punti del vostro manifesto evocate per il museo l’immagine della linfa, che propaga la sua forza oltre la propria sede fisica, espandendosi nel territorio. Il museo, dunque, come co-artefice della rigenerazione dei territori? 
Oggi si visitano con grande curiosità anche i musei dedicati a materie distanti dalla propria vita con la sicurezza di poter trovare elementi di interesse: questo è già un comportamento nuovo da parte delle persone. Durante il Covid, poi, è diventato chiaro a tutti che il compito del museo non si compie solo entro le sue mura, ma che come istituzione deve ragionare sull’attivazione di azioni, contenuti e valori al di fuori, costruendo relazioni oltre la propria sede. 

libro museum seed miglioreservetto Così immaginiamo i musei del futuro. Intervista a Mara Servetto 
Il libro MUSEUM SEED, Migliore+Servetto

Migliore+Servetto e la rigenerazione dell’area ex Expo 2015 a Milano 

A Milano siete coinvolti nel progetto MIND, nell’area dell’ex Expo, un luogo che conserva la memoria di un’esperienza collettiva temporanea, ma è sostanzialmente un luogo da “inventare”, con un tessuto tutto da definire. Come sta lavorando? 
A differenza del lavoro che facciamo nei musei, qui non c’è una storia da raccontare, una radice da estrarre. Perché la vicenda di Expo è quella di un evento che ha fatto da attrattore potente, per un tempo circoscritto. Dunque la radice abbiamo cercato di costruirla attorno al concetto di “dinamicità dell’evoluzione”: abbiamo pensato di fare un progetto che accompagnasse questa evoluzione, per stratificarne dei livelli che progressivamente costituiranno, in quanti lavoreranno in MIND, la “consapevolezza di appartenenza”. 

Electa Bookshop al Colosseo, ph. Andrea Martiridonna
Electa Bookshop al Colosseo, ph. Andrea Martiridonna

Come si traduce tutto questo nel progetto? 
Per ora su due livelli di interventi, entrambi collegati al concetto di wayfinding: mentre noi ci esprimiamo in termini di segnaletica, questo vocabolo inglese relativo al “trovare la strada” include anche l’accezione della ricerca, della scoperta e, di conseguenza, del perdersi. Prima dei segnali, abbiamo lavorato sul MIND Flow, un intervento di street painting che collega l’uscita della metropolitana all’Albero della Vita e che costituisce la spina portante del distretto. Abbiamo selezionato cento parole, raggruppate secondo sette aree differenti che si riferiscono, già adesso in nuce, ad altrettante identità che abbiamo individuato in MIND: come fossero sette quartieri, su cui stratificare la storia futura di MIND. Abbiamo poi progettato i dispositivi di segnaletica visuale per i percorsi, tenendo in considerazione tanto l’accessibilità quanto l’accoglienza e l’inclusività. E quest’ultima è qualcosa di cui tutti abbiamo sempre bisogno. 

Valentina Silvestrini 

Ico Migliore, Mara Servetto, Museum seed. The futurability of cultural places 
Electa, Milano 2024 
Pagg. 160, € 29 euro 
ISBN 9788892825642 
https://www.electa.it/prodotto/museum-seed/

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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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