Dialoghi di architettura. Intervista a Uberto Siola

“C’è bisogno di avviare una politica per l’architettura in Italia”, afferma l’architetto Uberto Siola, professore emerito di Composizione Architettonica presso l’Università Federico II. In questa intervista analizza gli sviluppi dell’architettura campana e nazionale. E racconta la sua ultima opera per la metropolitana di Napoli

Ponendosi in continuità ideale con l’internazionalismo culturale e progettuale perseguito da Luigi Cosenza, il suo brillante allievo Uberto Siola sembra averne realizzato l’auspicio: quello di portare a Napoli il meglio della cultura architettonica internazionale”. Così Vittorio Magnago Lampugnani descrive l’architetto Uberto Siola (Napoli, 1938), professore emerito di Composizione Architettonica presso l’Università Federico II. Con la sua intervista segniamo un punto di svolta verso il filone razionalista nel ciclo di incontri della rubrica Dialoghi di architettura. Siola è un professionista poliedrico, che alla militanza progettuale ha affiancato quella politica ed accademica, ricoprendo sempre ruoli di primo piano sin dagli inizi della sua carriera. Di recente è stata inaugurato il suo più recente lavoro per la città di Napoli: la stazione Chiaia, nella nuova Linea 6 della metropolitana cittadina.

Storia breve dell’architetto Uberto Siola, dagli esordi ai giorni nostri

Laureatosi nel 1962, Uberto Siola intraprende l’attività professionale subito dopo; nel 1968 prende avvio la sua attività accademica. Nel 1975 partecipa su invito alla Mostra Internazionale dell’Architettura Razionale a Londra; nel 1978 e nel 1991 alla Biennale di Venezia. Lo ritroviamo anche tra i protagonisti della a XIII, XIV, XV e XVII Triennale di Milano e in quella del 1995. Dal 2010 ad oggi cura il complesso lavoro delle stazioni della Metropolitana di Napoli, in particolar modo occupandosi di quella di Chiaia. Sempre nel 2010 allestisce all’EXPO di Shanghai, assieme a Peter Greenaway, un progetto multimediale sul valore della produttività dell’Italia nel settore della città antica e dei beni culturali. Nel 2022 elabora il progetto di riqualificazione del teatro borbonico a San Severo in Puglia (in provincia di Foggia). 

Ingresso della stazione di Chiaia da piazza Santa Maria degli Angeli. Photo Carlo De Cristofaro
Ingresso della stazione di Chiaia da piazza Santa Maria degli Angeli. Photo Carlo De Cristofaro

Il ruolo politico e accademico di Uberto Siola

Siola è stato assessore alla cultura della città di Napoli, deputato al Parlamento nella XIII Legislatura, componente del Consiglio Nazionale dei Beni Culturali. È stato inoltre nominato Chevalier des Arts et des Lettresdella Repubblica Francese, nonché insignito della Medaglia d’Oro per la Cultura della Repubblica Italiana. Per oltre quarant’anni si occupa di didattica, arrivando a ricoprire il ruolo di Direttore della Scuola di Specializzazione di Progettazione Urbana dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e quello di Preside della facoltà di architettura, sempre nell’ateneo federiciano, dal 1979 al 1996. Oggi è presidente della Fondazione Internazionale per gli Studi Superiori dell’Architettura.

Intervista all’architetto Uberto Siola

Professore, quali sono stati i suoi maestri e cosa conserva del loro insegnamento nella professione?
I miei riferimenti culturali vanno certamente ricercati nella tradizione del Razionalismo italiano ed europeo. Dentro la tradizione italiana è evidente che il mio riferimento principale è Aldo Rossi, soprattutto se collegato all’esperienza del Razionalismo Mitteleuropeo. In questo senso la scuola di Ungers, con i suoi allievi Dudler, Kollhof, tra gli altri, è quella che tutt’ora mi fornisce riferimenti e suggestioni. 

Verso quali orizzonti tende la scena architettonica campana? E quella nazionale?
Quella campana appare sostanzialmente fuori dai circuiti virtuosi europei, ed è ferma su una dimensione prevalentemente professionistica. Un’eccezione può ritrovarsi nella politica delle Stazioni dell’arte di una delle linee della Metropolitana di Napoli, che ha visti impegnati negli ultimi dieci anni architetti come Botta, Foster, Kollhof, Lampugnani: indubbiamente ha introdotto una dimensione europea nel panorama urbano di Napoli. Tuttavia è chiaro che, anche per la scena architettonica campana, così come più in generale per l’architettura italiana, bisogna al più presto uscire fuori dalla dimensione globalizzante in un nuovo “International style” e porsi dentro una sana ripresa della cultura architettonica europea fondata sul rapporto architettura-città. 

Il professore Uberto Siola durante un’ispezione al cantiere della stazione di Chiaia. Courtesy of Uberto Siola
Il professore Uberto Siola durante un’ispezione al cantiere della stazione di Chiaia. Courtesy of Uberto Siola

I concorsi di architettura e la figura dell’architetto in Italia

Lei ha partecipato a numerosi concorsi, tematica molto dibattuta e spesso controversa in Italia. Cosa ne pensa?
In termini generali il concorso è una dimensione obbligatoria di una politica per l’architettura che voglia far crescere le giovani generazioni di progettisti. Molti e diffusi concorsi, prevalentemente ad inviti, gestiti di concerto con gli Ordini Professionali potrebbero portare a un coinvolgimento di numerosissimi giovani progettisti. Ma questo richiederebbe una politica per l’architettura che nel nostro Paese non c’è. In questo scenario i concorsi servono ad altro: servono ad impegnare le grosse holding professionali in grandi progetti che sfuggono ad ogni possibilità di accesso, anche concorsuale, ai giovani architetti. Inoltre, oggi il concorso così configurato richiede procedure complesse e tempi lunghissimi, fino ad annullare ogni suo benefico impulso. Ecco perché se parliamo di questo tipo di concorso credo che non serva assolutamente. Se invece ci riferiamo al modello francese per moltiplicare le occasioni di intervento nei giovani progettisti, con procedure garantite anche dai rimborsi spesa, il concorso ritorna ad essere il punto centrale di una politica che voglia fornire il Paese di progettisti. 

Alla progettazione ha affiancato l’impegno nella didattica. Come sta evolvendo la figura dell’architetto e che consiglio darebbe ai giovani che vogliono avvicinarsi a tale professione?
Oggi tra coloro che, dopo la laurea, si scrivono all’Ordine Professionale non più del 25% finisce con lo svolgere una attività progettuale: tanti rivoli professionali al di fuori della tradizione si sono creati e vengono utilizzati per avviarsi al lavoro. In questo senso si può dire che la figura dell’architetto si sta evolvendo. Ma se invece ci riferiamo all’attività strettamente legata alla progettazione della città e della sua architettura il discorso è diverso e ritorna alle scuole di architettura e ad una riorganizzazione del mercato progettuale. Ripeto quello che dicevo prima: l’Italia oggi è in carenza di progetti, come attesta la difficoltà ad utilizzare i fondi del PNRR. Questa penuria è dovuta al fatto che abbiamo puntato sul piano e sulla norma, invece di puntare sul progetto e il disegno. E come diceva il Maestro Adolf Loos, l’architetto ha bisogno di un doppio tipo di informazione, materiale e colta, deve essere un “muratore che conosce il latino”. Per rilanciare questo tipo di figura, c’è bisogno di avviare una politica per l’architettura in Italia: bisogna riconoscere che, nonostante le esigenze poste dal PNRR, siamo ancora lontani da questo obiettivo.

I progetti dell’architetto Uberto Siola a Napoli e in Italia

Ha un progetto o dei progetti a cui è maggiormente legato?
Vorrei indicare quattro progetti. Il primo è quello dell’appena inaugurata stazione della Linea 6 della Metropolitana di Napoli in località Chiaia, dove ritengo che la mia attenzione per i problemi del rapporto tra architettura e città trovi una sintesi per me soddisfacente. Quasi contemporaneamente, ho prodotto un progetto per una stazione funiviaria in località di Ospedaletto, nell’Avellinese, dove ritengo di aver affrontato, credo esaurientemente, il superamento di ogni logica funzionale a favore di una ridefinizione dell’architettura riferita al parametro città. Ricordo, inoltre, un vecchio progetto per la città di Vasto: si tratta di un istituto tecnico e per la ricerca, in cui in un solo edificio si configura un rapporto integrato fra spazi urbani e spazi architettonici. Infine ricordo la villa di Minori, che pur essendo un’opera giovanile, mi sembra segni un’esperienza significativa nella riproduzione in chiave attualistica di forme, colori e relazioni spaziali esistenti nella storia del territorio amalfitano. 

Di cosa si sta occupando in questo momento?
Prevalentemente dell’attività di divulgazione culturale e scientifica in qualità di Presidente della Fondazione FIASARC- Fondazione per gli Alti Studi dell’Architettura. Ma negli ultimi anni, la Fondazione è stata sollecitata anche a svolgere attività di workshop, che mi hanno consentito di riportare la mia attenzione sulle tematiche progettuali. Particolarmente interessante è la prospettiva dei prossimi due anni, perché la Fondazione è stata incaricata di concerto con il Governo Ucraino, di fornire proposte per la ricostruzione di quel Paese.

Carlo De Cristofaro

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Carlo De Cristofaro

Carlo De Cristofaro

Carlo De Cristofaro, architetto-designer, si forma presso le università di Napoli Federico II e di Roma La Sapienza. Dal 2014 al 2020 ha collaborato presso il Dipartimento di Architettura di Napoli (DIARC), come Cultore della materia in Storia dell’Architettura. Dal…

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