Entro il 2026 a Verona nascerà una cittadella della cultura

I depositi visitabili del Museo di Castelvecchio e di Storia Naturale, gli spazi per mostre, convegni, laboratori, eventi, le aree co-working: grazie al recupero del complesso dell’ex Arsenale, di proprietà del Comune di Verona, la città veneta disporrà del suo Ars District

Quattordici corpi di fabbrica, per un totale di 27.400 mq, nel quartiere Borgo Trento di Verona: l’ex Arsenale, di proprietà del Comune, è al centro di un vasto intervento di recupero, rigenerazione e valorizzazione, che punta al 2026 per il completamento. Partner Ingegnere e Architetto di Politecnica, tra le maggiori società italiane di progettazione integrata (architettura, ingegneria e urbanistica), Micaela Goldoni è la responsabile del progetto. Denominato Ars District, è stato promosso dall’amministrazione locale così come il percorso di partecipazione pubblica. Che lo ha preceduto Politecnica, che a Crotone ha recentemente ultimato la realizzazione del nuovo teatro in un dismesso ospedale, sta lavorando alla futura cittadella veronese della cultura e dell’innovazione con De Vita & Schulze Architetti, F&M Ingegneria, COPRAT, Monica Endrizzi Restauro Artistico Conservativo e Sama Scavi Archeologici alla realizzazione. Un cantiere in cui non mancano sfide e sorprese, come spiega Goldoni.

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Ars District Verona. Courtesy Politecnica Ingegneria e Architettura

Rigenerazione urbana a Verona: l’Ars District spiegato da Micaela Goldoni

Poco meno di un anno fa, è partito il cantiere di restauro dell’ex Arsenale di Verona. Si tratta di un manufatto già oggetto in passato del vostro lavoro.
È un complesso nel quale lavoriamo da circa 5 anni. Abbiamo partecipato a due diverse gare indette dal Comune: la prima, nel 2019, era legata a una serie di indagini strutturali e rilievi finalizzati alle verifiche di vulnerabilità sismica del complesso; sul fronte progettuale, venivano richieste la messa in sicurezza, la sostituzione o l’integrazione di parti delle coperture che erano crollate, in pessime condizioni o degradate. Inizialmente questo incarico ci è parso complicato, dovendo intervenire soltanto su una parte di struttura senza sapere esattamente quali funzioni avrebbero ospitato. Alla luce di quanto avvenuto dopo, la considero una scelta lungimirante da parte dell’amministrazione rispetto alla tutela e alla conservazione delle fabbriche storiche.

E la seconda gara?
Era relativa al progetto definitivo di tutto il complesso (circa 27 mila mq di superficie, comprese tutte le aree esterne) e all’esecutivo di una sola parte. Attraverso un percorso partecipato il Comune ha individuato le funzioni principali; noi stessi abbiamo preso parte a 4-5 sessioni di incontri con la cittadinanza, sia per affinare gli aspetti legati agli spazi che resteranno in capo al Comune, che per approfondire gli usi possibili degli spazi verdi e all’aperto, restituiti in toto alla città. Abbiamo ascoltato e recepito quanto emerso dal confronto con le associazioni locali e i cittadini; una volta pronte le prime ipotesi di progetto, le abbiamo illustrate.

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Ars District Verona. Courtesy Politecnica Ingegneria e Architettura

Dopo tale esperienza, come giudica la relazione tra l’ex Arsenale e Verona?
È uno spazio molto conosciuto in città e i veronesi non vedono l’ora di poterlo vivere pienamente. Una delle aspettative più alte riguarda la futura fruibilità del parco pubblico: centrali nel progetto sono quindi stati i temi dell’accessibilità e dell’attraversabilità delle aree a verde, quest’ultima garantita da un sistema di percorsi pedonali e ciclabili che consentirà a questi spazi essere vissuti come un vero parco urbano.

Si tratta di un’area in cui insistono alberature storiche o porzioni che necessitano di specifiche cure?
Dall’analisi del verde effettuata abbiamo rilevato poche alberature storiche anche per la funzione di servizio delle attività dell’Arsenale che questi spazi hanno avuto per lungo tempo. Il progetto però prevede un filare di nuovi alberi nel percorso principale, quello che agirà come connessione con Castelvecchio mentre cespugli ed alberature di dimensioni più contenute accompagneranno i percorsi perimetrali e coinvolgeranno le corti interne. L’Esplanade, inoltre, sarà un grande spazio pubblico per attività ed eventi così come la corte centrale.

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Ars District Verona. Courtesy Politecnica Ingegneria e Architettura

Il progetto dell’Ars District di Verona

Spostandoci sui volumi, come dobbiamo immaginare il futuro Ars District?
Qui si insedieranno spazi polifunzionali per la cittadinanza, con laboratori per svolgere attività come corsi di teatro, aree co-working, oltre ai depositi visitabili del Museo di Castelvecchio e di Scienze Naturali, che saranno fruibili al pubblico. Un’ulteriore zona sarà dedicata alle esposizioni temporanee e alla ristorazione.

State operando in un complesso vincolato. Cosa sta rivelando il cantiere di restauro?
Siamo al lavoro in un impianto di matrice asburgica risalente alla seconda metà dell’Ottocento. A utilizzarlo poi sono stati soprattutto dagli italiani, data la Unità d’Italia; fino agli anni Novanta ha ospitato una caserma. Ancora successivo è il passaggio di proprietà dal Demanio al Comune, che ha consentito l’accesso pubblico alle porzioni di passaggio: l’ex Arsenale collega infatti Borgo Trento con il centro città. La presenza di maestranze sia austriache che italiane è un dato interessante.

Ovvero?
Penso, per esempio, a come sono stati progettati e realizzati i grandi spazi voltati della Palazzina di comando, dove si trovano le sale un tempo utilizzate dagli ufficiali e gli ambienti di rappresentanza ampi e prevalentemente voltati. Nel corso della Seconda guerra mondiale, il sito è stato bombardato e la ricostruzione fu interamente ad opera degli italiani. Il risultato è che nell’ex Arsenale convivono tecniche costruttive differenti, anche per epoca, tra cui alcune raffinate e sofisticate.

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Ars District Verona. Courtesy Politecnica Ingegneria e Architettura

A Verona il recupero e la valorizzazione dell’ex Arsenale asburgico

Qualche aneddoto o curiosità?
In più parti si comprende che è stato un progetto molto pensato. Noi abbiamo recuperato i disegni originali a Vienna, siamo riusciti a farceli mandare e abbiamo visionato le pubblicazioni dedicate negli anni al complesso. Tra le fonti consultate, rientra la corrispondenza inerente la direzione dei lavori: l’ingegnere capo era austriaco mentre gli operai erano italiani, per cui emergono le discussioni legate alle tecnologie da adottare, tra sistemi in legno o in ferro e viene and esempio sconsigliato l’uso di carpenterie metalliche perché era una tecnica non ancora evoluta in Italia a quel tempo. Sebbene non siano presenti decorazioni di rilievo, senza dubbio si tratta di un edificio di pregio e interesse, soprattutto per alcuni raffinati dettagli tecnici finalizzati a garantire durabilità nel tempo.

L’obiettivo è ultimare i lavori entro il 2026. Come Politecnica qual è il vostro auspicio, al di là del rispetto dei tempi?
Il cantiere sta andando avanti bene, quindi siamo fiduciosi. Un aspetto importante è legato al metodo: fin dall’inizio del processo, abbiamo realizzato tutti i modelli in BIM. Trattandosi di un progetto su un edificio esistente con un elevato grado di complessità, in termini di integrazione delle varie discipline (architettura, restauro, strutture, impianti), questo strumento è stato utile per governare l’iter. Per finire, direi che la Palazzina di comando dovrebbe essere certificata LEED secondo il Protocollo GBC-HB® Historic building: è un risultato al quale teniamo molto, perché si tratta di un intervento davvero sostenibile da un punto di vista ambientale che sociale.

Valentina Silvestrini


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Valentina Silvestrini

Valentina Silvestrini

Dal 2016 coordina la sezione architettura di Artribune, piattaforma per la quale scrive da giugno 2012, occupandosi anche della scena culturale fiorentina. È cocuratrice della newsletter "Render". Ha studiato architettura all’Università La Sapienza di Roma, città in cui ha conseguito…

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