I 70 anni dell’allestimento del grande Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis di Palermo
1954-2024: anniversario speciale per le Gallerie di Palazzo Abatellis, museo regionale tra i più importanti di Palermo e della Sicilia. A trasformarlo in stupefacente contenitore di opere d’arte, riconvertendo l’antico edificio fu Carlo Scarpa. Che il museo si appresta a celebrare
Settant’anni fa nascevano le Gallerie di Palazzo Abatellis, scrigno delle meraviglie nel cuore di Palermo, da cui giunge la luce assoluta di capolavori senza tempo: dalla ieratica raffigurazione dell’Annunziata di Antonello da Messina allo spettacolare Trionfo della Morte, dal soave ritratto di Eleonora d’Aragona, morbidamente scolpito dal Laurana, al Trittico della Madonna con Bambino del fiammingo Jan Gossaert. E poi un corpus notevole e variegato di opere esposte, a cui si aggiunge il patrimonio dei depositi e il tesoro conservato nel gabinetto delle stampe e dei disegni. Settant’anni da celebrare, nel ricordo di un’ouverture miracolosa, avvincente, complicata, frutto del lavoro di intelligenze tanto razionali, quanto visionarie. L’anniversario, che cade in questo 2024 ormai agli sgoccioli, troverà pieno compimento l’anno prossimo, grazie a una mostra di cui comincia a trapelare qualche indizio. Intanto, tra ricordo e ricerca, nascono nuove occasioni di racconto e divulgazione.
La nascita del museo di Palazzo Abatellis
“L’esperienza di come Scarpa aveva saputo trasformare con i suoi aerei velari l’anonima piattezza del palazzo municipale di Messina nella chiara eleganza di una delle più belle mostre che si siano vedute (…) era il fondamento più immediato della mia fiducia per il lavoro del palazzo Abatellis”. Sono parole tratte da un testo Giorgio Vigni, memoria di fermenti e appassionate sperimentazioni, in quella Sicilia della lenta ripresa postbellica che seppe cercare nuova linfa anche nel campo dei beni culturali, tra necessità di riorganizzazione, tutela e valorizzazione. Vigni, dal ’49 al ’56 Soprintendente regionale alle Gallerie e Opere d’arte, faceva qui riferimento all’indimenticata mostra Antonello da Messina e la pittura del ’400 in Sicilia, da lui curata insieme al critico Giovanni Carandente (ispettore presso la stessa Soprintendenza) nelle sale del messinese Palazzo Zanca, fra il 30 marzo e il 30 giugno de 1953. Fu proprio l’eccezionale lavoro di allestimento firmato da Carlo Scarpa per l’evento messinese a sedurlo e convincerlo: era lui l’uomo giusto su cui puntare per trasformare in realtà la poderosa sfida che si era trovato in sorte. Nel 1950 Vigni aveva infatti ricevuto il compito di progettare il costituendo museo nazionale della Sicilia all’interno del quattrocentesco Palazzo Abatellis. Attuate le necessarie opere di ammodernamento, egli avrebbe dovuto costruire un percorso espositivo organico, disegnando uno spazio conforme ai più innovativi parametri architettonici e museografici; non senza cercare, come avrebbe scritto qualche anno dopo, “una naturale fusione fra contenente e contenuto, fra l’architettura di Matteo Carnelivari e il museo”.
70 anni fa il trionfo di Carlo Scarpa a Palermo
Finita la guerra erano stati riparati i danni inflitti al palazzo dai bombardamenti, con la ricostruzione del portico, della loggia e del salone centrale (di cui era crollato il soffitto), mentre iniziava a farsi strada un’ipotesi di riformulazione del sistema museale locale (allora espressione di quello nazionale, grazie a una gestione centralizzata). L’intenzione era di trasferire nel nobile edificio palermitano le collezioni d’arte medievale, un tempo appartenenti alla Pinacoteca della Regia Università e dal 1866 passate al museo nazionale archeologico “Antonio Salinas” (il più antico dell’isola). Quindi, tra ulteriori accorgimenti architettonici e la stesura di un progetto scientifico, occorreva adesso dare forma a un’idea di museo. Nel marzo del ’53 avveniva il passaggio di consegne effettivo tra la Soprintendenza ai Monumenti e quella alle Gallerie: l’Abatellis diventava ufficialmente Museo nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Sicilia. Carlo Scarpa, accettata la proposta di Vigni, in meno di un anno condusse a termine l’impresa, sfornando uno dei suoi primi gioielli museali al servizio di una collezione permanente. Fu una lotta contro il tempo, che tenne conto da un lato delle esigenze di apertura del sito (forte il pressing esercitato da Roma su Vigni, e da quest’ultimo su Scarpa, per rispettare le scadenze prefissate), dall’altro del delicatissimo compito di armonizzazione e di costruzione: nell’immaginare un congegno architettonico contemporaneo e fortemente autoriale, sempre sulla base di un meditato accordo con l’edificio originario, l’architetto intervenne anche nella selezione e dislocazione delle opere, in un confronto ininterrotto e dialettico con il soprintendente.
Carlo Scarpa a Palazzo Abatellis
L’inaugurazione, a cui si giunse trafelati, persino con qualche dettaglio incompiuto o successivamente modificato, ebbe luogo il 23 giugno del 1954. La mano di Scarpa fece del museo palermitano un capolavoro di intramontabile modernità, tra lirismo ed esattezza geometrica delle soluzioni: l’eloquente utilizzo di una luce tanto plastica, quanto evocativa, primo strumento di scansione dello spazio e di lettura delle opere; l’individuazione di geniali meccanismi di fruizione e osservazione; lo studio delle prospettive e dei decisivi piani cromatici, al servizio di strategici punti d’osservazione; la tattilità dei caldi rivestimenti lignei e la centralità restituita a dipinti e sculture nel gioco dinamico tra oggetto, ambiente e sguardo del visitatore. Walter Gropius ne avrebbe detto: “La migliore ambientazione di museo che mi sia capitato di incontrare in tutta la mia vita. Palazzo Abatellis è davvero un capolavoro”.
La risonanza dell’evento fu tale da aver consentito l’organizzazione del primo convegno italiano di museografia, in occasione dell’apertura, dal 23 al 25 giugno del ‘54. Tra autorevoli soprintendenti, storici dell’arte, restauratori, architetti, archeologi e direttori di musei, si diedero appuntamento personalità del calibro di Giulio Carlo Argan (a cui spettò la relazione di apertura) e Cesare Brandi, di Jole Bovio Marconi, Luigi Bernabò Brea, Maria Accascina, Pietro Griffo e lo stesso Vigni per le istituzioni siciliane, e ancora dal resto d’Italia – tra gli altri – Guido Morozzi (Galleria degli Uffizi), Noemi Gabrielli (Gallerie Sabauda e Albertina di Torino), Bruno Molajoli(pinacoteca di Capodimonte), Gian Alberto Dell’Acqua (pinacoteca Accademia Carrara). Palermo diventava pregevole palcoscenico per un dibattito complesso e nuovo in materia di beni culturali.
Aspettando la mostra su Scarpa. Il ritorno a Palermo di Lombardo
Delle affascinanti vicende legate alla genesi del museo e alla sua esemplare impronta scarpiana ha dato conto, con ricchezza di fonti e appassionato eloquio, il Prof. Matteo Iannello, in una recente conferenza all’Abatellis, preceduto da un altrettanto approfondito intervento sui principali progetti di Scarpa in Italia, condotto della Prof.ssa Orietta Lanzarini (entrambi docenti presso l’Università degli Studi di Udine). Un momento di riflessione con cui il museo palermitano, guidato da Maddalena De Luca, ha aperto le celebrazioni per i suoi 70 anni. Celebrazioni che avranno il proprio culmine in un progetto espositivo, attualmente in via di elaborazione, dedicato proprio al lavoro di Scarpa per Abatellis. Ancora da stabilire la data, che potrebbe cadere simbolicamente nel giugno del prossimo anno, mentre la curatela è già stata individuata: sarà proprio Iannello a occuparsi della mostra, valorizzando soprattutto materiali custoditi negli archivi del museo: documenti, disegni, tavole progettuali, fotografie, oggetti.
Notizia ufficiosa e certamente di rilievo è quella relativa agli allestimenti, affidati a Fabio Lombardo, strettissimo collaboratore di Scarpa, proprio in questi mesi protagonista di un altro intervento palermitano: la scala progettata dal grande architetto negli anni ‘70 per Palazzo Chiaramonte Steri – storico edificio di pertinenza dell’Università di Palermo, in cui si conserva l’iconica “Vucciria” di Guttuso – è stata restaurata su progetto di Lombardo, in collaborazione con il figlio di Scarpa, Tobia, e inaugurata nei primi giorni di dicembre insieme al nuovo allestimento museale. Tra il ‘72 e il ‘78 Scarpa aveva infatti partecipato come consulente al lungo e travagliato restauro dello Steri, su invito dell’architetto Roberto Calandra, responsabile dei lavori.
Un legame, quello di Lombardo con Palermo, antico e profondo. Nato a Tunisi nel 1942, vi arrivò da bambino con la famiglia e qui nel 1969 conseguì la laurea in architettura. L’incontro con Scarpa nel 1972 fu decisivo, tanto che il maestro lo convinse qualche tempo dopo a trasferirsi a Vicenza per consolidare la collaborazione. A Palermo progettarono e realizzarono gli esterni e l’allestimento del negozio Giglio IN e a Messina lavorarono al restauro del Nuovo Museo Nazionale, mentre proseguivano alacremente i cantieri per lo Steri. Il ’78 segnò la fine del sodalizio, con la morte improvvisa di Scarpa per un tragico incidente in Giappone. La mostra attesa nel 2025 a Palazzo Abatellis sarà un nuovo capitolo di questa fitta trama di legami umani e professionali, di destini incrociati e di memorie custodite, nutrite, rinnovate, lungo geografie urbane che furono teatro di intense esperienze intellettuali.
Il progetto grafico di Federico Lupo
La conferenza che ha aperto i festeggiamenti per Abatellis è stata anche occasione per la presentazione, nella sala del sotto coro, di un progetto commissionato a Federico Lupo, artista poliedrico e grafico raffinato, da oltre vent’anni tra i più intelligenti animatori culturali attivi a Palermo. Concepito nell’ideale spazio creativo in cui convergono, indistinti e fluidi, l’approccio artistico e quello grafico, il lavoro di Lupo ricompone su tre grandi pannelli stampati materiali provenienti dal Fondo Scarpa del museo: disegni riprodotti in scale differenti, appunti, cornici geometriche, campiture, ragionando per stratificazioni e differenti densità visive, così da far risuonare, a distanza e liberamente, il sapore di un’opera architettonica fatta di infiniti segni, passaggi, elaborazioni.
Le delicate declinazioni cromatiche dei rosa, dei beige e dei verdi restituiscono uniformità a questi collage concettuali, costruendo una partitura che funziona per suggestioni e per sussurri, mai con intenzione didattica o secondo schemi di natura scientifica. “Si intende porre l’accento sul segno grafico inteso come inconscia proiezione mentale registrata dal nastro di un sismografo – spiega Lupo. La linea, prima di farsi simbolo e linguaggio, si allunga e si restringe nitida come tiro di elastico, con una tensione astratta e per questo chiara, leggibile in ogni direzione ed altezza”.
Il lavoro di tracce e ricuciture, insieme alla tavolozza di colori, ha trovato una ricercata corrispondenza con le due lampade in vetro “a cipolla” appartenenti a una serie di 24 elementi disegnata da Scarpa per l’Abatellis e mai utilizzata: a realizzarle fu la ditta Venini di Murano, per un costo di 7.000 lire cadauna, come testimoniato da una lettera di preventivo dattiloscritta, datata 6 giugno 1954 e qui accostata a un disegno progettuale. I due reperti di archeologia contemporanea sono allestiti al centro della sala, come frammenti tra i frammenti, oggetti superstiti tra segni immateriali a loro volta recuperati e rielaborati. L’opera di Lupo sarà spostata in via permanente nell’area del museo destinata alla didattica, dove troverà spazio un focus dedicato alla figura di Scarpa e al suo contributo memorabile per Palazzo Abatellis.
Helga Marsala
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