Le rivoluzionarie scenografie progettate da Gae Aulenti 

Ultime settimane di apertura, a Milano, per l’ampia retrospettiva dedicata a Gae Aulenti. Sui progetti di scenografie della celebre architetta si interroga una recente pubblicazione, evidenziando come questo ambito abbia rappresentato per lei un laboratorio di sperimentazione

“Realizzare scenografie teatrali è stata per me, una esperienza molto importante; per esempio, una porta in architettura è una porta, un passaggio da un luogo all’altro e basta; a teatro invece ha dei significati molteplici; può essere il dentro e il fuori, le dedans e le dehors della psicanalisi; può essere il limite, il confine, può essere l’apertura…  Ne è derivato per me un arricchimento che veniva dai testi letterari ma anche dai libretti delle opere”. Sono parole di Gae Aulenti, architetta dalla personalità sfaccettata nella cultura architettonica italiana del XX Secolo, che ha inteso il suo percorso professionale come un dialogo costante tra il design, l’architettura, gli allestimenti e la scenografia. Confrontarsi con varie scale e livelli di complessità rappresenta per lei un’opportunità unica di studio e sperimentazione, con ben chiara l’intenzione di mettere in pratica una visione architettonica unica e coerente. Gae Aulenti è architetta sempre, anche a teatro. Ma quanto la sua architettura è interconnessa alla sua esperienza di scenografa? 

Il ruolo della scenografia nella carriera architettonica di Gae Aulenti 

Per rispondere a questa domanda è stata necessaria una rilettura della intensa attività di scenografia teatrale della progettista. A intraprenderla sono stati Nina Artioli – architetta dello studio TSPOON, nipote di Gae, direttrice del suo Archivio e curatrice della grande mostra in corso alla Triennale fino al 12 gennaio –, Davide Petullà, docente alla Scuola di Scenografia all’Accademia di Brera e la sottoscritta. Artioli ha messo a disposizione l’archivio Aulenti nella casa milanese della nonna, in via Fiori Chiari; Andrea Vitalini e Luciana Ruggeri quello del Teatro alla Scala contenuto nei caveaux di via Piranesi. A raccogliere le riflessioni emerse è il volume, appena pubblicato da Scheiwiller, dal titolo Gae Aulenti. Lo spazio scenico (con testi di Nina Artioli, Alessandra Coppa, Giovanni Agosti, Pierluigi Nicolin, Leonardo Mello, Margherita Palli, Luciana Ruggeri, Giovanna Buzzi e di Lucia Macchi). 

Il sodalizio professionale tra Gae Aulenti e Luca Ronconi 

Le ventisei scenografie ideate da Aulenti analizzate nel libro forniscono un’espressione concreta della varietà dei documenti conservati nel suo archivio. Nel 1974 l’architetta inizia l’attività di scenografa con l’opera Le astuzie femminili di Domenico Cimarosa, intrecciando già da questo momento in poi la sua carriera con quella di un’altra figura geniale del teatro del secondo Novecento: Luca Ronconi. I due avviano un’intensa collaborazione che per quasi un ventennio dà vita a esperienze fondamentali e irripetibili – come quella del Laboratorio di Prato – basate in larga parte sulla creazione di un nuovo spazio scenico che supera le convenzioni tradizionali della rappresentazione teatrale, ribaltando il consueto rapporto pubblico-palcoscenico. Per esempio, nella Torre (1978) il pubblico si ritrova all’interno dello spazio – un hangar industriale al Fabbricone di Prato – in una situazione scomoda: contro le pareti, contro gli angoli, lungo linee oblique o spezzate, lo spettatore si sente un intruso. Nella prima rappresentazione a Pesaro del Viaggio a Reims, come nelle diverse riprese successive, l’impianto scenotecnico si sviluppa su diversi piani che ampliano lo spazio oltre il palcoscenico e oltre il teatro, fino ad arrivare nelle città in cui l’opera viene rappresentata (Pesaro, Milano, Ferrara, Bologna), in un complesso gioco di “dentro e fuori”. La progettazione delle scenografie continuerà per tutta la carriera di Gae Aulenti fino all’episodio conclusivo del 2011, anno prima della scomparsa dell’architetta, con la messinscena di Lo stesso mare di Fabio Vacchi con la regia di Federico Tiezzi.  

La scenografia secondo Gae Aulenti 

Gae Aulenti lavora con le forme non per il raggiungimento di uno stile, ma con l’intento di definire spazi dinamici e stimolanti, capaci di suscitare reazioni. “Non mi interessa trasformare una superficie o camuffarla con un tessuto, specchi o marmo, non mi interessa abbellire muri che rimangono vuoti, inutili e senza senso finché non arrivano i quadri. Quello che mi interessa è creare uno spazio, uno spazio già risolto e pronto.” Possiamo rileggere in queste parole lo stesso atteggiamento verso lo spazio scenico, uno spazio a tutti gli effetti e non una rappresentazione di esso, nel quale gli elementi sono pensati e trattati non come sfondo, ma come strumenti per l’attore e per lo spettatore. In un’intervista, Ronconi descrive il rapporto con Aulenti dichiarando di avere con lei una relazione di amicizia e di collaborazione nel lavoro, a partire proprio dal fatto che lei è un’architetta e non una scenografa. “Uno scenografo è per definizione una figura abbastanza eclettica, che cambia mano, stile da un punto di vista figurativo di spettacolo in spettacolo, mentre un architetto no”. Il punto di vista “da architetto” di Gae, mi ha indotto a ipotizzare la sua concezione della scenografia come una sorta di “laboratorio sperimentale dell’architettura”. 

Il confronto tra scenografie e architetture di Aulenti  

La scenografia le permette di indagare, con meno vincoli funzionali, le soluzioni spaziali. Nella scenografia ha più libertà di sperimentare elementi che diventano archetipici della sua architettura, quei caratteri ricorrenti, le stesse ripetizioni differenti che ritroviamo soprattutto negli allestimenti di mostre, stand e negozi. Analizzando le scenografie – da quelle per il Teatro alla Scala fino al Rossini Opera Festival di Pesaro – comparate alle sue realizzazioni, a differenti scale del progetto, si riscontrano emergere spesso combinati fra loro alcuni elementi: il quadrato come struttura centrale, le scatole, la piramide tronca e a gradoni, lo sfalsamento degli orientamenti, il traliccio a gabbia e la griglia, la diagonale – ben evidenziata dal piano inclinato, dalla disposizione a triangolo, dalle scale (nelle Astuzie femminili addirittura la strutturazione dello spazio di scena ruota di 45 gradi), la  sospensione (la sedia del Barbiere di Siviglia, o il tavolo per aria ne La fiaba dello Zar Saltan), torri e blocchi alti, la modularità. 

La retrospettiva su Gae Aulenti di Triennale Milano 

È possibile fare questo esercizio anche visitando la bella mostra alla Triennale. Lo sviluppo diagonale è forte nell’allestimento per lo showroom Olivetti di Buenos Aires (1968), con scale e gradoni che diventano piani di appoggio per gli oggetti esposti, mentre nel negozio FIAT di Zurigo (1973) il semplice accorgimento di appoggiare le automobili su pedane inclinate conferisce dinamicità all’intero spazio espositivo. Nella scenografia dell’Elektra di Richard Strauss per il Teatro alla Scala (1994) – anche questa realizzata alla Triennale in scala 1:1 – la griglia domina la scena fissa della macelleria e blocca movimenti che si sviluppano in uno spazio obbligato.  

Alessandra Coppa

https://www.archiviogaeaulenti.info

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Alessandra Coppa

Alessandra Coppa

Alessandra Coppa è architetto e giornalista pubblicista dal 1996. Dopo la laurea in Architettura al Politecnico di Milano ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica presso il Politecnico di Torino. Ha lavorato nelle redazioni di libri…

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