L’architetto Kengo Kuma esordisce in Portogallo rinnovando la Fundação Gulbenkian
Progettista del Padiglione Portogallo per Expo 2025 Osaka, l’architetto giapponese ha guidato il team artefice del rinnovo e dell’ampliamento del Centro di Arte Moderna (CAM) della prestigiosa Fundação Gulbenkian, nel cuore di Lisbona
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Con un programma inaugurale di spettacoli, concerti, conferenze, workshop e cinque grandi mostre, compreso un grande progetto site specific di Leonor Antunes, Lisbona ha accolto la riapertura del rinnovato CAM – Centro de Arte Moderna Gulbenkian. L’edificio, originariamente progettato dall’architetto britannico Leslie Martin nel 1983, è stato rinnovato dall’architetto Kengo Kuma, il cui studio ha lavorato con la realtà locale OODA, mentre l’assetto paesaggistico si deve al landscape architect Vladimir Djurovic.
A Lisbona la prima opera dell’architetto Kengo Kuma
L’intervento principale di rinnovamento dell’edificio esistente consiste nell’introduzione di una struttura curva che sfuma la separazione fra l’edificio stesso e il giardino circostante, creando un effetto di compenetrazione. Il design si ispira all’engawa, un elemento tradizionale dell’architettura giapponese che definisce una separazione tra interno ed esterno, solitamente in legno o bambù, la cui leggerezza incoraggia i visitatori a socializzare, avvicinandoli alla natura circostante. Nel caso specifico, le grandi vetrate permettono di attraversare la struttura con lo sguardo e di abbracciare il lato posteriore del giardino. Il nuovo spazio della galleria può ospitare mostre temporanee; il mezzanino separato consente di creare specifiche gallerie per ogni piano, e di aumentare la superficie espositiva. La struttura dispone di una “doppia pelle”: il rivestimento è caratterizzata da una pannellatura in legno chiaro che ricorda gli interni delle tipiche case giapponesi, mentre all’esterno sono state collocate oltre 3000 piastrelle in ceramica. Il paesaggio disegnato da VDLA atelier, guidato da Vladimir Djurovic, propone poi una foresta urbana dal carattere morbido e naturale. Densificando la vegetazione e consentendo diverse concentrazioni di verde, il visitatore è invitato a vagare nel paesaggio, incontrando il lago centrale e il nuovo volto del CAM ricoperto da piastrelle di ceramica riflettenti, incorniciato dagli alberi.
La prima stagione espositiva del rinnovato CAM di Lisbona
Ha spiccato nel programma della riapertura l’intervento dell’artista portoghese (residente a Berlino) Leonor Antunes, che in patria ha presentato quello che, al momento, è il suo più importante progetto. Si tratta di The constant inequality of leonor’s days, una grande installazione scultorea concepita per lo spazio principale della galleria, in dialogo con le opere di artiste donne della Collezione CAM esposte nel mezzanino. L’opera mutua il titolo da un disegno di Ana Hatherly conservato nella collezione del museo, e si basa su una lunga ricerca sulle opere e i percorsi delle artiste donne, figure chiave del movimento modernista che sono state dimenticate o emarginate dalla storia. La mostra, visibile fino al 17 febbraio 2025, include 30 opere di Antunes, insieme a circa 70 opere del passato selezionate dalla stessa artista, per un dialogo fra le generazioni. Si ispira invece alla Rivoluzione dei garofani dell’aprile 1974 Tide Line, visibile fino al maggio del 2026; un lungo percorso storico e sociale fino ai nostri giorni, riflettendo sulle rivoluzioni in corso ed esaminando i temi dell’ambiente, dell’interiorità, dei confini imposti e della distruzione, attraverso cento opere d’arte che spaziano dai dipinti ai disegni, dai video alle fotografie e alle sculture.
Tributo al Giappone tra gli eventi dell’autunno del CAM di Lisbona
In omaggio all’architetto Kengo Kuma e alla sua terra d’origine, gli eventi che celebrano la riapertura del CAM vedono protagonisti anche gli artisti giapponesi. Fino al 13 gennaio, per esempio, è stato possibile interagire con The Voice of Inconstant Savage (2023), installazione sonora e immersiva di Yasuhiro Morinaga, artista e designer sonoro giapponese, che giustappone vari elementi uditivi: una recitazione da un resoconto missionario portoghese del XVI secolo, un canto dal Kakure-Kirishitan di Nagasaki, il canto del popolo Awá dell’Amazzonia e il canto gregoriano occidentale. L’opera mette in discussione l’estetica dell’incostanza, unendo le memorie storiche dei missionari a narrazioni culturali popolari, per creare un’esperienza sonora che attraversa il tempo e lo spazio. Resterà invece visibile fino al 4 novembre “M5A5” (2017) l’installazione site specific su 4 canali video di Go Watanabe, che mette in discussione la percezione della realtà utilizzando distorsioni grafiche di oggetti di uso quotidiano presentati in un’esperienza sensoriale rallentata. In mezzo all’avanzamento dei media e della realtà virtuale, il lavoro di Watanabe offre nuove prospettive sulla “visione”, trasformando le nostre esperienze sensoriali.
Niccolò Lucarelli
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