Anche l’Universo avrà il suo padiglione alla Biennale di Architettura a Venezia 2025
Non un padiglione nazionale, ma universale: il Padiglione Universo nasce da un’idea dell’ingegnere spaziale Claudia Kessler e ospiterà una mostra collettiva internazionale. Ne parliamo con la curatrice Claudia Schnugg
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Tra le novità che si susseguono nelle poche settimane che ci separano dall’inaugurazione della 19esima Biennale Architettura di Venezia (apertura al pubblico fissata il 10 maggio), quella del Padiglione Universo è certamente fra le più croccanti. Sebbene sia fuori dal circuito ufficiale della Biennale, il progetto – nato dall’idea dell’ingegnere spaziale Claudia Kessler e ospitato nello spazio Fàbrica 33 a Cannaregio – offrirà al pubblico una mostra collettiva dal titolo Sheltering in Space – A Guide, focalizzata sulle possibilità di costruire comunità sostenibili al di fuori del nostro pianeta. Non tanto una dimostrazione di tutte le futuristiche eventualità permesse dall’immaginazione architettonica, bensì una riflessione (aperta ovviamente ai visitatori) su quali sfide la ricerca spaziale sta affrontando e su come il pensiero artistico e filosofico può essere d’aiuto nella formulazione di nuove prospettive, anche dal punto di vista etico. Ne parliamo con la curatrice Claudia Schnugg.

Intervista a Claudia Schnugg
L’universo appare come una terra di nessuno, eppure sulla Luna c’è ancora la bandiera statunitense piantata da Neil Armstrong nel 1969. Dobbiamo aspettarci che anche l’esplorazione dello spazio (com’è successo al nostro pianeta) sarà svolta nei termini della conquista e della colonizzazione?
Temo di sì, soprattutto perché la storia ci ha abituati alle attività estrattive dell’essere umano ai danni del patrimonio naturale, per fini meramente economici. Allo stesso tempo, non possiamo non notare che la legislazione in merito utilizza approcci differenti, tra cui alcuni di ispirazione aborigena o indigena, che ripensano criticamente il concetto stesso di proprietà nazionale.
A questo proposito, trovo interessante, anche rispetto alla classica struttura della Biennale, che a differenza dei padiglioni nazionali (dedicati appunto ai singoli Paesi), il Padiglione Universo parte da un’idea transnazionale e, appunto, “universale”. Esatto, volevamo rompere l’idea del padiglione come spazio limitato alla rappresentazione di un singolo Paese, per diversi motivi: innanzitutto è difficile (se non impossibile) categorizzare l’universo in base all’appartenenza nazionale; inoltre, guardando alle esplorazioni e alle spedizioni spaziali, è evidente come non siano mai l’esito dell’impegno di una sola nazione, bensì del lavoro di professionisti provenienti da tutto il mondo, operanti all’interno che fa della multiculturalità la sua forza. Vogliamo puntare a questo dato, più che a chi pianta la bandiera per primo.
Come si riflette questa diversità all’interno del Padiglione Universo?
Nonostante lo spazio non sia molto, abbiamo voluto organizzare una mostra collettiva con artisti provenienti da diverse parti del mondo. Per superare le limitazioni dello spazio espositivo e per arricchire ulteriormente la proposta, stiamo organizzando un nutrito palinsesto di performance ed eventi, al di là della mostra.
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Ad esempio?
Oltre ai classici eventi dei giorni di pre-apertura e di apertura al pubblico, inviteremo diversi nostri partner nazionali e multinazionali (come ambasciate, agenzie spaziali) per approfondire più da vicino come i rapporti fra collaborazione internazionale e ricerca scientifica siano essenziali per un futuro spaziale che sia il più sostenibile possibile. Prevediamo anche un evento insieme a Gambero Rosso per parlare di come cibo e vita nello spazio si possono incontrare, e quali sfide potrebbero emergere in questo senso, sempre con l’aiuto della riflessione scientifica e artistica.
Hai parlato di sostenibilità: quali sono le maggiori problematiche della ricerca spaziale in questo senso e in che modo il Padiglione Universo le affronta?
Tutta la ricerca spaziale si basa su trovare soluzioni per sostenere la vita al di fuori della Terra, che ci si trovi su una stazione spaziale, sulla Luna o addirittura su un altro pianeta. E ovviamente c’è anche la necessità che la vita e l’attività umana nello spazio possa sostenersi autonomamente, applicando i principi dell’economia circolare. In merito a questo, una delle artiste in mostra (Kristina Pulejkova) sta proprio lavorando, al fianco di scienziati e ricercatori, per creare un sistema di supporto vitale speculativo a base di funghi e lieviti, in grado di catturare CO2 e produrre cibo.
Chi ha avuto l’idea di dare vita al Padiglione Universo?
L’idea è di Claudia Kessler, ingegnere spaziale nonché grande appassionata d’arte residente qui a Venezia. Frequentando la Biennale si è chiesta il perché dell’assenza di un padiglione universale dedicato all’universo, visto anche l’interesse di tanti artisti contemporanei in queste tematiche.
Come si è passati dall’idea alla pratica?
Claudia ha incontrato l’artista Janine Thüngen-Reichenbach, che è stata da subito entusiasta di ospitare il Padiglione Universo all’interno del suo spazio a Cannaregio, Fàbrica 33. Dopodiché hanno iniziato a cercare un curatore e nel giugno 2023 mi hanno contattato e dopo l’estate ho accettato l’incarico. Ho già lavorato con le agenzie spaziali e con artisti che riflettono sull’universo, per cui non potevo dire di no!
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Pensi che la Biennale Architettura, più che la sua sorella di Arti Visive, sia il contenitore giusto per questo progetto?
Assolutamente, penso che l’architettura sia più avvicinabile da parte del settore spaziale, essendo particolarmente legata all’ingegneria, alla ricerca di nuovi materiali e di nuove soluzioni abitative. Ma l’architettura è anche ovviamente aperta alla progettazione artistica, così come al pensiero filosofico, tutte discipline che volevamo avessero uno spazio in questa prima edizione del Padiglione Architettura.
Mi pare di capire che avete intenzione di rimanere a Venezia anche per le prossime Biennali…
L’ambizione non ci manca, ma sì, questo è il piano! Vorremmo rendere il Padiglione Universo una piattaforma di scambio tra discipline e culture che possa rimanere e aprirsi a sempre maggiori incontri.
Alberto Villa
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