L’ispirazione per BeOpen nasce dalla citazione di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust: “L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”. Come insegna BeOpen ad avere occhi nuovi?
La mia esperienza personale di imprenditore mi porta a guardare sempre avanti e a cercare le novità: due caratteri che ho trovato oggi fortemente rispecchiati nel design e nella possibilità di condividere la visione originale delle generazioni più giovani. BeOpen si propone questa attività di ricerca e condivisione, con l’obiettivo di aiutare giovani e brillanti creativi, architetti e designer a dare forma al nostro futuro senza dimenticare gli insegnamenti migliori del nostro tempo e del passato. È proprio questa molteplicità di visioni e di sguardi che mi interessa divulgare s sostenere.
Come seleziona i nuovi designer/creativi su cui scommettere?
La mia storia professionale mi aiuta a distinguere le buone idee, sicuramente per quanto riguarda i loro aspetti più concreti. Intorno a me ho riunito un team internazionale di esperti con cui discuto di volta in volta le componenti più teoriche e creative. Ad esempio Zang Tumb Tumb, l’installazione di design sensoriale presentata nel Cortile della Farmacia all’Università Statale di Milano, realizzata da Sfelab, era il progetto vincitore della BeOpen Competition for Young Talents in Interactive Design che si è avvalso di una giuria prestigiosa formata dal regista Marco Pozzi, dall’architetto e designer Christophe Pillet, da Barbara Ghella di Interaction Design Lab, e dall’imprenditore Philippe Grohe, brand manager di Axor.
BeOpen vuole fare da ponte fra tutte le discipline e gettare le basi per progetti che possano migliorare il futuro. Quali sono le caratteristiche che ha in più il design, rispetto alle altre arti, per svolgere questo ruolo di collante?
Il design mantiene sempre la radice creativa pur rispondendo agli stimoli del pubblico e a esigenze pratiche, è originale e flessibile per definizione, democratico per vocazione: direi che rappresenta in pieno lo spirito di questi tempi del nuovo millennio. Del design mi affascina proprio l’aspetto che lega una parte teorica e quasi artistica alla concretezza della vita di tutti i giorni.
Il viaggio attraverso i sensi di BeOpen è partito a Londra lo scorso anno con l’udito per arrivare, alla appena conclusa design week, con il gusto. Quale dei cinque sensi ha stupito e coinvolto di più il pubblico?
Dalle reazioni del pubblico, sempre entusiasta e numeroso, appare evidente che non si tratta di privilegiare uno dei cinque sensi, ma di coinvolgerli tutti insieme, così come la realtà che viviamo è data dall’interazione di tutti i sensi: questo è il punto di arrivo ultimo della nostra ricerca.
Terminata l’esplorazione dei cinque sensi è stato trovato il sesto, ovvero l’intuito?
L’intuito permea in realtà tutte le nostre attività sensoriali e la nostra ricerca coglie alla fine anche questo aspetto così complesso e delicato.
Ci anticipa qualche progetto futuro di BeOpen?
BeOpen Food Theatre, presentato quest’anno alla Milan Design Week, costituisce la premessa di Paris-Dakar, un viaggio ideale in cui il gusto dialoga con gli altri sensi e dove culture alimentari diverse si incontrano per dare luogo a un’esperienza unica. Le nostre prossime tappe saranno Mumbai e Tokyo, con progetti legati alla creatività dei luoghi specifici ma soprattutto all’interazione tra le culture, che sarà il nostro tema per le attività del prossimo anno.
Valia Barriello
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