“Non esiste un solo genere di design”: con questo assunto quasi rassicurante Stefano Caggiano, semiologo, giornalista e docente, ci prende per mano e ci accompagna alla scoperta delle diverse categorie in cui il design può essere suddiviso. “Il design è un fenomeno eterogeneo, spumeggiante, un gorgoglio di diversificazione che deve essere accolto nella varietà […] delle sue manifestazioni”. Nell’e-book I generi del Design. Il senso degli oggetti tra antropologia, estetica e semiotica, presentato presso la sede milanese dell’ADI, l’autore spiega come possano coesistere diverse tipologie di design, come possiamo apprezzarne alcune e non comprenderne minimamente altre: “Prima di affermare che un oggetto che non ci piace dovremmo essere sicuri di fargli la domanda [interpretativa] giusta”.
Per aiutarci a capire in che cosa consista questa distinzione di genere, Caggiano paragona i generi del design a quelli cinematografici; così come non possiamo pretendere realismo da un film di fantascienza, non dovremmo aspettarci ornamento in un oggetto di Enzo Mari. Ci sono oggetti che prediligono la funzione, altri la forma e altri ancora il concetto, e per poterli in primis distinguere ci servono gli strumenti per comprenderli e successivamente catalogare.
L’autore illustra come il corpo fisico (Körper), il corpo percepente (Leib), l’aspetto estetico e quello concettuale costituiscano i “baricentri esistenziali” dell’oggetto d’uso. Su questi punti fermi si può costruire un primo schema base che individua quattro generi del design: 1. Archetypal design: si basa sull’archetipo dell’oggetto che valorizza il Körper, sulla forma essenziale di cui sono un buon esempio i prodotti Ikea o i progetti di Enzo Mari; 2. Figurative Design: è l’esatto opposto dell’archetipo, si basa essenzialmente sull’aspetto estetico che riveste la forma dell’oggetto dandole sembianze quasi scultoree; si pensi alle sedute di Fabio Novembre o alla sedia Octopus di Maximo Riera; 3. User-Centered Design: è contrapposto al design figurativo e si basa sulla partecipazione dell’utente Leib che interagisce con l’oggetto; pensiamo alla seduta Tip Ton di Barber & Osgerby; 4. Conceptual Design: è in contraddizione con l’archetipo perché ne sfida la forma con una forzatura esplorativa; Table Chair di Richard Hutten mescola archetipo di sedia e tavolo.
Compreso il primo schema si può passare allo schema completo che individua altri quattro generi da collocare tra coppie di generi-base come derivati. Tra archetypal e figurative troviamo il Formal Design; tra figurative e conceptual si colloca il Semantic Design; tra conceptual e user-centered nasce il Critical Design e tra user-centered e archetypal il Functional Design. Questa “bussola”, così denominata dallo stesso autore, non è “chiusa” perché la stessa logica della sua definizione potrebbe far scaturire o individuare nuove tipologie.
I generi del design è un libro colto, frutto di una costante ricerca che Caggiano conduce da anni interrogandosi non solo sulla possibile catalogazione degli oggetti ma soprattutto sul loro linguaggio e sulla loro semiotica. Per avere un piccolo assaggio del lavoro di scouting dell’autore consigliamo di seguire il suo ricco profilo Pinterest. Con questo volume il semiologo non vuole dare risposte assolute ma indagare lo stato del design; vuole aiutare dallo studente al professionista sino al semplice curioso a orientarsi tra gli oggetti, e a comprenderli. Chi grazie a questo libro ha finalmente imparato a destreggiarsi in quel disordinato mondo chiamato design, può star sicuro che – dopo il secondo volume appena uscito, I linguaggi del design. Estetica e significato degli oggetti nella cultura contemporanea – di Caggiano riuscirà a comprendere gli oggetti ancora meglio.
Valia Barriello
Stefano Caggiano – I generi del design
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