Che il good design sia passato di moda? A giudicare dalle intenzioni che portano alla nascita di Atipico, giovane brand rigorosamente made in Italy, dovremmo pensare di sì.
Il nome, con la sua vocazione al distinguo, è una vera e propria dichiarazione d’intenti, quella che rivendica il direttore creativo Gianluca Corbari, co-fondatore del marchio con i fratelli Enrico e Maurizio: arredi e complementi d’arredo devono incarnare qualità e bellezza al servizio della vita quotidiana. È l’attenzione al contesto, e alle sue esigenze di praticità, che si pone come buona prerogativa, per un design che non sia solo d’immagine ma “for living”, come recita l’headline aziendale.
A interpretare questa chiamata alle armi troviamo designer, quasi esclusivamente italiani, appartenenti alla giovane generazione. La loro inclinazione a un linguaggio minimalista non esclude guizzi di carattere: il siciliano Antonino Sciortino plasma il tondino di ferro in volumi plastici, Federico Angi piega gli specchi donandogli spessore (Plissé), Fabio Meliota rivede con tratto asciutto le proporzioni di caraffe e bicchieri.
L’italianità, però, non rappresenta un confine inamovibile (se è vero peraltro che Atipico si prende all’estero le migliori soddisfazioni di fatturato). Basti pensare che la collezione presentata alla kermesse parigina Maison&Objet, À table, è progettata dai designer di Fabrica per restituire alla tavola la sua dimensione cosmopolita e multiculturale, dall’aperitivo di casa nostra al rito del tè in Giappone.
Giulia Zappa
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #24
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