Design e comunicazione. La maratona di Leftloft a Milano
Alla Fabbrica del Vapore, lo studio di grafica Leftloft ha presentato ospiti trasversali al mondo del design della comunicazione. Da Hans Wolbers di Lava Design a a Thierry Brunfaut e Fabian Jean Villanueva di Base Design, che lavorano per il MoMA, per una giornata di full immersion. Ecco com’è andata.
10 ORE DI DESIGN
Un touchpoint, tecnicamente, può essere definito come una modalità grazie alla quale un consumatore interagisce con un processo di business, tanto a livello individuale, quanto per mezzo di un sito internet o un’app, oppure attraverso ogni altra forma di comunicazione. Nel momento in cui i consumatori entrano in contatto con queste piattaforme, viene fornita l’opportunità di comparare le percezioni registrate a priori con l’esperienza attuale, creandosi un’opinione. Un touchpoint, nella comunicazione di marketing, è rappresentato quindi dalle diverse direzioni che un brand intraprende e dalle informazioni che trasmette lungo questo percorso, sia per clienti futuri sia per quelli consolidati. Secondo tale definizione, la Design Marathon di Leftloft – agenzia e think tank dei linguaggi della comunicazione con sede a Milano – definisce il terzo appuntamento del programma di Touchpoint. Co-design Experiments. Una scansione di incontri e laboratori che, in occasione della XXI Triennale di Milano, ha raccolto professionisti, addetti ai lavori e molti studenti attorno all’universo in espansione del design, alle sue molteplicità, alle sue diramazioni e talvolta contraddizioni multidisciplinari.
I PROTAGONISTI
Il 10 settembre, in una vera e propria maratona programmata dalle 10 di mattina alle 20 di sera, si sono alternati alla Fabbrica del Vapore veri e propri specialisti del disegno nei campi della comunicazione, dell’editoria, dell’urbanistica e persino dell’haute cuisine, attraverso interventi individuali, riflessioni, conferenze e tavole rotonde coordinati da Andrea Braccaloni, Francesco Cavalli, Bruno Genovese e David Pasquali, fondatori di Leftloft. La prima presentazione è stata affidata a Thierry Brunfaut e Fabian Jean Villanueva di Base Design (studio che fra i propri clienti annovera MoMA, Adidas e anche l’aeroporto JFK di New York). Una vera e propria dichiarazione di poetica nei confronti del design come strumento di relazione e di pensiero del lavoro quotidiano. A seguire, l’architetto e urbanista Mario Piazza ha dedicato il suo intervento al segno grafico come modello di possesso e di evoluzione della forma; successivamente Marco Cendron di POMO ha illustrato la case history di Fornasetti, come autocoscienza di un’identità aziendale che stava perdendo mordente nei confronti dei propri pubblici; per poi passare la parola a Francesco Valtolina e all’estrinsecazione del progetto editoriale Riviera stabilito all’Istituto Svizzero di Milano e durato solamente quattro mesi.
GLI SPUNTI
Subito prima della pausa pranzo è stata presentata la Tavola Rotonda sulla gestione, attraverso il design della comunicazione, della ristorazione, attraverso le esperienze dirette di Francesco Pacifico, scrittore e giornalista (Studio, La Repubblica), Yoji Tokuyoshi, chef del Ristorante Tokuyoshi e Stefano Maffei (Politecnico di Milano, Polifactory). Nel pomeriggio, la Design Marathon ha visto avvicendarsi, assieme a ospiti internazionali, anche Giacomo Spazio, Alessandro Busseni, Robert Reboti e Sergio Menichelli.
Se dunque, alla fine di questa giornata, il prodotto esposto, illustrato da ognuno degli illuminati rappresentanti del design della comunicazione, risulta la disperata e disparata ricerca di un’identità integra aziendale, da quali fondamenti partire? Quali sono le domande più giuste da porsi di fronte alle richieste di un potenziale cliente e nei confronti delle reali capacità di uno studio di progettazione? Ancora: quando progetto e processo di elaborazione di una forma di comunicazione coincidono, come farli emergere, come controllarli? Sebbene questo incontro, rispetto ai due precedenti, si sia concentrato maggiormente su esempi singoli, case history di problemi-soluzioni realmente accaduti, di successo o meno, il programma di incontri dissemina a raggera i giacimenti dai quali il design della comunicazione può trarre spunto. Quasi a non voler trarre conclusioni affrettate, ma evocando curiosità e necessario apprendimento al di fuori del design, forse, anche per continuare a definirlo come ambito di creazione viva, spazio di progettazione relazionale.
Ginevra Bria
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