Il Salone e Dio. Il Salone e Dio?!? … o si voleva forse dire che il Salone è Dio? In un evento da sempre votato ad una mondanità spesso frivola e in fine dei conti scevra di qualsivoglia ideologia, il semplice nominare il nome di dio fa il classico effetto del cavolo a merenda: cosa diavolo c’entrerà la divinità suprema – qualunque essa sia – con la settimana del design milanese? Non nominare il nome di Dio invano, si diceva una volta. Eppure oggi c’è chi, sfidando la forza di precetti radicati o anche solo di piccoli timori scaramantici, ha deciso di esplorare la suggestione religiosa per leggerla come una nuova possibile chiave di lettura del mondo del design. Succede da Atelier Biagetti (la coppia Alberto Biagetti e Laura Baldassari), che anche quest’anno ha riconfermato la sua inaugurazione alle porte del Salone affidando alla mostra “GOD” (a cura di Maria Cristina Didero) la presentazione della sua nuova collezione limited edition. Ma di quale culto stiamo parlando, e in quale modo viene celebrato? Per farsene un’idea, basta varcare la soglia dell’Atelier, ora spalleggiata da due poliziotti dal piglio autoritario (perché su certe cose in fondo è meglio non scherzare).
TRA RELIGIONE E COMMEDIA
Ci ritroveremo in un universo dove la venerazione è totalizzante – come negare che si tratti di un solidissimo monoteismo? – e dove l’aura seduttiva dà prova di un carisma senza pari. Svelato il mistero: il Dio di Atelier Biagetti è tutto contemporaneo e si identifica con il linguaggio spudorato del vile denaro. Dio uguale soldi, allora, per mettere tutti d’accordo e porre fine a guerre di religione spietate e senza senso. Dio uguale moneta, ancora, per reinterpretare alcune tipologie di arredo alla luce del colore (e della forma) dei soldi, come la bussola del marinaio da appendere in barca recita la cifra “$”, la seduta a forma di lingotto, o, ancora, un piano del tavolo appoggiato su un tornello da supermercato. Al di là delle singole trovate, tutte giocate sul binario di un ironico (e audace, bisogna ammetterlo) kitsch, il valore della mostra sembra prendere senso se inquadrato nella prospettiva della trinità (siamo o non siamo in Italia, paese cattolico per eccellenza?). GOD segue infatti le edizioni che Atelier Biagetti aveva dedicato lo scorso anno a “BODY BUILDING” e nel 2015 a “SEX”. In una sorta di ascesa, o dovremmo chiamare in causa la trilogia della commedia dantesca?, GOD diventa così l’apoteosi dell’ossessione per il consumo feticistico e per lo sdoganamento di eden artificiali, ben più di quanto prima non avessero fatto prima il culto del corpo e quello del sesso. Nessun tipo di purezza, allora, né di redenzione mistica: perché alla fine dei giochi pecunia non olet, e raccontare questo mondo con il linguaggio degli oggetti – nonché con quello della performance – serve in fondo a sfatare anche l’ultimo dei tabù. E a dare conto del paradiso di valori rovesciati in cui viviamo.
–Giulia Zappa
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