Un Mostro a Milano per i Brera Design Days: non ci riferiamo a qualche orrifica creatura, reale o virtuale, giunta in città per la seconda edizione del “Fuorisalone” autunnale, ma alla prima edizione del festival di arti grafiche e comunicazione visiva MOSTRO Graphic Design Camp, in programma fino 12 ottobre.
Curato da Marco Sammicheli con la collaborazione di Maria A. Di Pierro per il coordinamento del festival e Zup Design per l’art direction, Mostro si propone di esplorare lo stato dell’arte della grafica contemporanea in Europa attraverso il coinvolgimento di cinque studi internazionali quali Sarp Sozdinler (Istanbul), Maltatype (La Valletta), Onka Allmayer-Beck(Vienna), Zaven (Venezia) e Undesign (Torino), i cui lavori sono esposti nell’ambito di cinque percorsi allestiti al Laboratorio Formentini, sede principale del festival. A completare il programma, alcuni talk di approfondimento che esaminano casistiche molteplici e su differente scala ‒ da una bottiglia d’acqua minerale a una città – della progettazione grafica.
Per raccontare sotto quali auspici nasce il festival e avere qualche utile indizio su come si sta evolvendo la grafica contemporanea, abbiamo incontrato il curatore.
“Mostro” come prima persona presente del verbo mostrare e allo stesso tempo come creatura immaginifica dell’orrore. Cosa ti ha portato alla scelta di questo nome per questa sezione dei BDD di cui sei curatore?
Mostro è un progetto che si nutre di stimoli differenti per creare occasioni inaspettate. Voleva avere un nome dirompente e divertente. L’intenzione era mettere insieme anime differenti, avere il coraggio di dare vita a una nuova iniziativa… un po’ come sintetizzare un mostro in laboratorio.
Raccontaci almeno cinque buone ragioni per seguire Mostro (la concorrenza nel programma dei BDD inizia a essere spietata!).
La possibilità di vedere a Milano autori che raramente o mai hanno esposto il loro lavoro. La curiosità di considerare i molteplici aspetti che la grafica può abbracciare. La volontà di scoprire una realtà milanese dedita ai mestieri dell’editoria come il Laboratorio Formentini. Gli orizzonti di contenuti che esploreremo – dal tatuaggio a Malta capitale europea della cultura nel 2018, dal vetro di Murano all’estetica vernacolare irlandese. Saremo aperti tutte le sere dei Brera Design Days fino alle 23. Oltre la metà dei nostri talk sono in inglese per rendere accessibile il festival anche a un pubblico internazionale.
Da osservatore attento delle espressioni in divenire del graphic design internazionale, dove si annidano i linguaggi più interessanti della grafica contemporanea? Quali le tendenze di nicchia che vedi destinate ad affermarsi?
La tendenza è il talento. La qualità con cui si interpreta il volere della committenza. Mostro ha invitato professionisti che attraverso libri, festival, archivi, imprese, musei, brand hanno espresso un’autorialità riconoscibile e un’autorevolezza che supera la stagionalità.
L’erba del vicino è sempre più verde: nel campo della grafica si ha spesso la sensazione che l’Italia non esprima delle avanguardie visive, anche di natura commerciale, abbastanza sofisticate come all’estero. È una visione frutto della nostra eterna tendenza a sentirci provinciali o c’è dietro qualcosa di vero?
È una vecchia maledizione ma che occorre prendere in considerazione. In Italia siamo ostaggio della consuetudine e dell’imitazione. Chi si è liberato di questa zavorra è riuscito a fare il vero salto in avanti. Per questo ammiro il lavoro di David Moretti e Massimo Pitis. Mentre tra gli interpreti della tradizione Mauro Bubbico fa un lavoro irresistibile.
Tra le iniziative di Mostro c’è anche un workshop, Quadentro (a cura di Emilio Lonardo), destinato alla creazione di un notebook analogico (un quaderno per appunti?) personalizzato. Senza incedere nelle risposte più gettonate (il profumo della carta!), qual è a tuo avviso la ragione per cui i nostri dispositivi elettronici non hanno ancora soppiantato blocknotes e agende?
Non c’è competizione fra tradizione e innovazione. Sono supporti complementari. Io faccio parte di una generazione che oggi usa sia i device che l’agenda. C’è un attaccamento al tangibile che non è nostalgico, è una forma di ancoraggio tipologico. Mentre tutto si trasforma così velocemente, certe necessità resistono per la funzione che esprimono.
Un’ultima domanda, speriamo con happy ending: a quando la fine della moda imperitura di font sans serif in stile Futura, sfondi bianchi, griglie pulite e dilatate condite magari da qualche piccola linea in diagonale o titoletti in verticale per movimentare il layout?
Mostro è un campo aperto. In questa prima edizione ha scelto di raccontare alcune storie, anche molto diverse tra loro. Se ogni tanto il sans serif in Futura spunterà fuori, lo terremo in regime di libertà vigilata.
‒ Giulia Zappa
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