Uno sguardo al passato che è ancora presente. E che, tra analogie e differenze (soprattutto quelle) riesce a farci comprendere meglio il design di oggi, le sue evoluzioni e le sue piccole ossessioni: è la mostra dedicata al design del ’68, “68. Oggetti e progetti per un mondo nuovo”, a cura di Muse (Francesca Molteni) e promosso da Innovation Design District e Mediamond, che ha inaugurato ieri sera negli spazi dell’Anteo Palazzo del Cinema a Milano. Una vernice consumatasi, alla maniera di tantissimi eventi dedicati agli addetti ai lavori, il giorno prima dell’inizio ufficiale della fiera, eppure anche un vero e proprio bagno di folla che confondeva il pubblico specializzato agli habitués del cinema, in una prima, interessante indicazione di cosa vuole essere, oggi, una mostra sul periodo storico massimamente democratico della cultura del progetto: non una vetrina per pochi cultori consapevoli, ma un’occasione di scoperta casuale – realmente per tutti – a cui abbandonarsi durante l’attesa dell’inizio di un film.
L’ALLESTIMENTO
Ed è proprio tra gli spazi liminali di questo storico cinema che prendono posto con un bell’allestimento di Franco Raggi oltre ‘50 pezzi icona che hanno segnato la decade a cavallo tra anni ’60 e ‘70. Pezzi familiari per tutti noi – come i componibili di Anna Castelli Ferreri per Kartell (’67), la poltrona Sacco (Gatti, Paolini, Teodoro, ’68), la Up di Gaetano Pesce per B&B Italia (’69), la lampada Eclisse di Vico Magistretti per Artemide (’65) -, che sperimentando l’applicazione di nuove materie – i derivati plastici innanzitutto – cercano di dare concretezza ad una maniera altra di vivere lo spazio domestico: informale, colorata, ironica e allo stesso tempo pratica, portatrice di un cambiamento radicale degli inviti all’uso e di una nuova idea del corpo e del suo movimento nello spazio di casa. Una mostra capace di parlare anche per differenze, dicevamo. Innanzitutto ricordandoci di una stagione in cui il prodotto in serie – dunque per tutti – che ha saputo sintetizzare il rinnovamento del parco prodotti con l’espressione di un nuovo orizzonte delle idee, dei simboli e dei valori che proprio in quegli anni andavano incontro ad un vero e proprio cambio di paradigma.
IL SUPER DESIGN ITALIANO
Tutto il contrario, insomma, della ricerca che oggi il Fuorisalone sembra prediligere di più: una progettazione di nicchia finalizzata ad un circuito di vendita in edizione limitata per un numero ristretto e elitario di utenti. Ma siamo così sicuri che questa stagione democratica, paritaria e piena di utopia sia effettivamente finita? A giudicare dal tutto esaurito che ha presenziato alla proiezione del film che accompagnava la vernice della mostra, Super design. Italian radical Design 1965-75 (curato da Maria Cristina Didero e dalla stessa Francesca Molteni), probabilmente no. Stessa intuizione che scaturisce, per inciso, dall’osservazione della coda di oltre duecento metri lasciata fuori dal Planetario di Milano per l’evento di Domus – tra astrofisica, architettura e psicologia – con Michele De Lucchi, Fabio Peri e Massimo Recalcati. Staremo forse sottovalutando il nostro pubblico, il suo desiderio di proposte altre e il suo interesse per il racconto e il confronto delle idee? Pensiamoci, parrebbe proprio di sì.
– Giulia Zappa
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