L’evoluzione dell’interior decoration, che ha spopolato tra gli avventori dell’ultima Milano Design Week, approda direttamente dal Giappone. Il concept è essenziale quanto accattivante, generatore di infinite soluzioni nonostante la “semplicità del mezzo”. Dall’incontro tra la tecnologia studiata dal Nitto Group / Nitoms e il design dello studio SPREAD nasce HARU stuck-on design, ovvero la famiglia di nastri adesivi dalle molteplici trame, colorazioni e dimensioni pensate per realizzare composizioni, rivestimenti, decorazioni.
I MATERIALI
Rivoluzione del concetto di carta da parati quanto del trompe-l’œil, HARU è facilmente removibile e sostituibile, caratteristica che però non inficia la qualità tattile del prodotto. Tre sono, infatti, le famiglie di materiali impiegati: washi tape – carta giapponese dalla finitura opaca e soffice al tatto; la PET tape – lucida e resistente, adatta persino per i pavimenti delle palestre; OPP tape – che unisce la carta washi con un film trasparente per realizzare pattern geometrici dalle molteplici combinazioni. Le nuance di colore scelte (otto e due le famiglie di pattern) sono gradazioni che lasciano soddisfatti anche i clienti più esigenti.
GLI ESEMPI
“Il colore è il luogo dove l’universo e la mente si incontrano”, diceva Paul Klee, e indubbiamente dal rivestimento di intere pareti alle composizioni astratte, la sovrapposizione di questi tape è in grado di trasformare lo spazio che li ospita con un semplice gesto. Alcuni esempi? L’intervento del Sohko Renovation Study Group nel Warehouse Konan a Tokyo (2016), o le applicazioni su grafica cartacee realizzate per 100BANCH a Shibuya (Tokyo, 2017) volute dalla Panasonic Corporation, o la reinterpretazione, per il Fuorisalone 2018 – Ventura Future, di uno dei tunnel della Stazione Centrale di Milano, in cui il prodotto era presentato su elementi totemici che associavano le “installazioni adesive” a citazioni di artisti e letterati, sottolineando la forza del colore nella definizione degli spazi. E, guardando la volta della sala che li ospitava, la visione era esplosiva!
‒ Flavia Chiavaroli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #43
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