Arriva come un fulmine a ciel sereno la notizia che Silvana Annicchiarico, storico direttore del Triennale Design Museum, ha dato le dimissioni dalla carica che occupava dal 2007. “Stefano Boeri e Carlo Morfini, Presidente e Direttore Generale sia della Fondazione La Triennale di Milano sia della Fondazione Museo del Design, annunciano che in data odierna l’architetto Silvana Annicchiarico, sino ad oggi Direttore del Triennale Design Museum, ha posto termine alla propria collaborazione con il Museo stesso per scelta personale e in pieno accordo con gli organi sociali”, recita la fredda nota rilasciata dall’ufficio stampa.
LA NUOVA PRESIDENZA
Quello che, a dispetto delle dichiarazioni, ha tutta l’aria di essere uno strappo, arriva a qualche mese di distanza dalla nomina del nuovo consiglio di amministrazione, che da marzo vede alla guida dell’istituzione milanese Stefano Boeri, architetto di fama internazionale già assessore per la cultura dal 2011 al 2013 della giunta Pisapia, e al coordinamento delle operazioni Lorenza Baroncelli. Una candidatura forte quella dell’autore del Bosco Verticale, spinta da grandi ambizioni di eccellenza e rinnovamento, a cui è corrisposto nell’aprile di quest’anno un significativo cambio di nomine al vertice, con tra gli altri (il giovane) Joseph Grima – architetto, docente, direttore creativo, ex direttore di Domus e oggi direttore della Design Academy Eindhoven – nominato curatore per il settore Design, moda e artigianato. In continuità con gli indirizzi precedenti, Silvana Annicchiarico era restata alla guida del Triennale Design Museum; anche in virtù di un contratto a tempo indeterminato (un direttore a vita!?), si era mormorato, che rendeva di fatto difficile il suo avvicendamento. Una coabitazione, quella che si è verificata negli ultimi mesi, che è però risultata assai breve, per concludersi dopo soli tre mesi con l’allontanamento definitivo.
CHI È SILVANA ANNICCHIARICO
Architetto, docente, curatrice, Silvana Annicchiarico è stata l’ideatrice e la vera paladina di quel modello di “museo mutante” che, unico al mondo, il Triennale Design Museum aveva messo a punto in questi anni: non una collezione permanente, imperturbabile e spesso uguale a se stessa, da mirare e rimirare come avviene nei principali musei del mostro, ma una esposizione a cadenza annuale capace di offrire ad ogni edizione una visione critica, una lettura trasversale, una nuova prospettiva sul valore e l’eredità della cultura dei design italiano. E di edizioni memorabili (e relativi allestimenti) il Triennale Design Museum non aveva certo lesinato, dall’indimenticabile mostra d’esordio “Le Sette Ossessioni del Design Italiano” (a cura di Andrea Branzi), a “Quali cose siamo” (a cura di Alessandro Mendini), “Il Design Italiano oltre la Crisi” (a cura di Beppe Finessi), fino a “W Women in Italian Design” (a cura di Silvana Annicchiarico).
BILANCI
A dispetto di un bilancio certamente positivo, sebbene forse incrinato dall’effetto piuttosto didascalico delle ultime edizioni, all’inizio dell’anno alcune nubi all’orizzonte si erano già addensate intorno alla figura della direttrice, centro inevitabile di un dibattito – di cui avevamo dato ampiamente conto sulle pagine di Artribune anche con un’intervista alla stessa Annicchiarico – sull’opportunità di lavorare ad un nuovo museo del design a Milano. Annicchiarico, come altri tra cui lo stesso Boeri, era favorevole al rilancio della Triennale come “casa” per la collezione permanente. E il progetto per la realizzazione del museo negli spazi ipogei del Palazzo dell’Arte, nel cassetto da tempo, sembrava essere lo strumento giusto con cui dare nuovo spazio e voce al landmark di viale Alemagna. Vedremo se le prossime mosse vorranno confermare l’impianto esistente. E se la politica curatoriale della Triennale, già in fibrillazione per l’inaugurazione il prossimo 1 marzo dell’XXII Esposizione Internazionale di “Broken Nature” – la cui programmazione, a cura di Paola Antonelli, si preannuncia epica – riuscirà a prendere strade orientate ad una maggiore imprevedibilità e anticipazione sul futuro. Resta una decisione anomala per i tempi (rinunciare ad un ricco contratto a tempo indeterminato) che senz’altro nasconde qualche altra motivazione che ha consigliato la ex direttrice a farsi da parte, motivazioni che di certo non possono ritrovarsi nelle note ufficiali.
– Giulia Zappa
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