Design consapevole. Al Vitra la retrospettiva su Victor Papanek
Vitra Design Museum, Weil am Rhein ‒ fino al 10 marzo 2019. La più grande retrospettiva mai organizzata sul lavoro del designer naturalizzato americano pone le basi per una analisi sistematica della sua eterogenea produzione. Sollecitando questioni etiche e sociali che, pur a distanza di cinquant’anni, non sono mai state così pressanti.
“Il progetto di design è, di per se stesso, una dichiarazione. Esso infatti ha conseguenze sociali, ambientali ed ecologiche. […] io vedo il design come uno strumento politico”. Il Vitra Design Museum apre la stagione autunnale con una retrospettiva ricchissima ed esaustiva sul designer attivista per antonomasia, Victor Papanek (Vienna, 1923 – Lawrence, 1998). Un personaggio chiave nella storia del design, il quale, attraverso pubblicazioni, programmi televisivi e insegnamento nelle università di tutto il mondo, ha gettato le basi per quello che possiamo definire “design consapevole”, in contrasto con il mero consumismo.
Viennese di origine, emigrato a New York nel 1939 con la madre, Papanek si forma rapidamente grazie all’influenza di architetti come Richard Buckminster Fuller e Richard Neutra, il teorico del design vernacolare Bernard Rudofsky, il creatore del programma televisivo How to kill people: a problem of design, George Nelson, e il teorico della comunicazione media Marshall McLuhan. Tutte queste influenze aprono la mostra, tradotte in un’installazione che, mediante immagini statiche e video, “bombarda” il visitatore di input che lo aiutano ad addentrarsi in un mondo di connessioni interdisciplinari. È proprio di Papanek, infatti, la teoria che il buon design non sia frutto di un singolo, bensì di un gruppo di lavoro che al suo interno raccoglie specializzazioni differenti: il Minimal Design Team che spazia dal sociologo allo psicologo all’economista.
DESIGN FOR THE REAL WORLD
Il primo passo, dopo una breve esperienza presso la Loewy Inc. ‒ criticata da Papanek tutta la vita come emblema di società che crea bisogni per generare profitto ‒, lo muove nel 1946 aprendo la sua Design Clinic, società orientata a esaudire i bisogni dei cittadini americani, e non solo, di arredo economicamente sostenibile, che allo stesso tempo rispondano ai requisiti di versatilità e adattabilità. La pubblicazione che sintetizza la sua idea di design come strumento di impegno sociale è Design for The Real World, pubblicato per la prima volta in svedese nel 1970 ‒ alla luce del dibattito portato avanti con Fuller in Svezia negli anni della Guerra Fredda sulla concezione del design come strumento di inclusione sociale ‒ e negli Stati Uniti nel 1971, prima di essere tradotto in venti lingue.
INNOVAZIONE E DESIGN
La mostra ripercorre, attraverso prototipi, disegni, scritti e fotografie, il passaggio dalle “infradito soprelevate” progettate nel 1948 per aiutare le persone di statura limitata a raggiungere oggetti in alto in casa (a partire da una esigenza della madre) alla Tin Can Radio prodotta per essere distribuita gratuitamente dall’UNESCO nei Paesi dell’allora definito Terzo Mondo. Premiato da IKEA Foundation in Olanda, negli Anni Sessanta sfruttò la televisione come mezzo educativo provocando il grande pubblico con Design Dimensions. Precursore del Do It Yourself, vi dedicò una puntata del suo programma (Do-It-Yourself Murder), tanto che in mostra c’è una sezione che riporta illustri esempi coevi, come la poltrona di Enzo Mari. Innovatore a tutto tondo, Papanek ha formato generazioni di designer ponendo questioni che non potrebbero essere più attuali, e la mostra costituisce la più completa retrospettiva mai realizzata su di lui, non lasciando alcun ambito in sospeso.
‒ Flavia Chiavaroli
Weil am Rhein // fino al 10 marzo 2019
Victor Papanek: The Politics of Design
VITRA DESIGN MUSEUM
Charles-Eames-Str. 2
www.design-museum.de
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