Atlante immateriale. Un dialogo tra design e artigianato a Torino
Circolo del Design, Torino ‒ fino al 1° giugno 2019. La mostra a cura di Matteo Milaneschi e Achille Filipponi è un viaggio attraverso tradizione, innovazione culturale e identità, in un dialogo costante tra design e artigianato. A fare da sfondo è il rinnovato Circolo del Design di Torino, che dopo tre anni cambia sede e amplia il suo programma sotto la direzione di Sara Fortunati, organizzando appuntamenti quali talk e workshop, e mostrando anche attenzione all'innovazione sociale.
Atlante immateriale è prima di tutto un dialogo. Un filo che lega design e artigianato, creando un risultato che altro non è se non il punto di partenza per una visione, un progetto più ampio e su più livelli. In Atlante immateriale convivono infatti cultura, storia del design e tradizione artigiana. Pensare e fare sono riuniti. Atlante immateriale è, poi, un punto di vista inedito e una sfida ibrida, poiché in sé racchiude gli archivi della cultura immateriale dell’artigianato locale piemontese, quindi la storia di eccellenze che si tramandano di generazione in generazione il sapere, e al tempo stesso pone una serie di sfide: non mettere in mostra solo l’oggetto fatto e finito e non trascurare il processo di lavorazione, ribaltando quello che è il paradigma espositivo.
UN NUOVO ATLANTE VISIVO
I due curatori, Matteo Milaneschi e Achille Filipponi del collettivo Nationhood, hanno lavorato alla creazione di un nuovo Atlante visivo pensato su tre livelli: il primo prevede l’accostamento di 47 tra materie prime, attrezzature tradizionali e manufatti “non finiti”, esposti quasi come reliquie, non in maniera didascalica, ma più come un racconto atto a ricreare l’atmosfera artigiana. Il secondo livello è la mappatura fotografica del lavoro sul territorio. Il terzo riunisce video interviste ai protagonisti, alla scoperta delle radici del mestiere e delle storie celate dietro a un metodo.
La summa di questo progetto ‒ a cavallo tra artigianato e design ‒ è Toeletta, opera della designer Sara Ricciardi, insieme all’artigiano Simone Desirò. Uno specchio e uno sgabello, con colori che sono rivisitazioni di marmi esotici. Il Verde Ming per lo sgabello e l’onice rosa iraniana per lo specchio.
PAROLA AL CURATORE
“In questo lavoro” ‒ spiega il curatore Matteo Milaneschi ‒ “gli oggetti hanno una valenza quasi sciamanica. Muovendosi tra gli spazi della mostra emerge tutto il simbolismo dell’artigianato e insieme le storie degli artigiani. Gli oggetti affiorano ed è come se sopravvivessero al tempo. L’obiettivo era in effetti cercare di combinare il valore esperienziale dell’artigianato con il metodo di lavoro del design, creando così un ponte tra passato e futuro. Inoltre lo spazio espositivo ha appunto aiutato questo processo, e lo aiuterà in futuro. È essenziale infatti esista un luogo come il Circolo del Design, deputato al confronto. In questo senso la strada intrapresa dal direttore Sara Fortunati va proprio in questa direzione, con la volontà di creare un continuo e proficuo scambio con la città e le nuove generazioni”.
‒ Eugenio Giannetta
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati