Design Cucina: il profilo Instagram che racconta cos’hanno cucinato i designer in quarantena

Sviluppato durante la quarantena sull’asse Milano-Londra, Design Cucina presenta le creazioni culinarie di una serie di progettisti e creativi internazionali attraverso ricette e brevi racconti. Per promuovere la condivisione, seppure a distanza, e raccontare le storie – anche progettuali – che si nascondono dietro i piatti

Che cosa, e come, cucinano i designer? Con quali ricette si sono cimentati durante la quarantena? L’idea di “invitare a cena” – virtualmente parlando – un creativo diverso ogni sera è venuta a due curatrici e scrittrici. Maria Cristina Didero vive a Milano, Libby Sellers a Londra. Entrambe portano avanti progetti, espositivi e non, in tutto il mondo e hanno già collaborato impiegando il design per raccogliere fondi a favore dei senzatetto londinesi attraverso l’iniziativa benefica London Christmas Presence. Dalle loro case, mosse dal desiderio di condividere, anche a distanza, un momento conviviale con gli amici e da una riflessione sulla frenesia culinaria che molti di noi hanno sperimentato durante la fase più acuta della pandemia, con il ripiegamento obbligato verso la sfera domestica (non a caso, nel mondo anglosassone non si è parlato di lockdown, piuttosto di “shelter in place”), hanno chiesto a una serie di designer e colleghi di condividere ricette e brevi aneddoti sul cibo, documentando la preparazione dei loro piatti preferiti. Le storie, una al giorno, corredate da fotografie, video o illustrazioni e sviluppate in maniera personale, sono state pubblicate sulla pagina Instagram Design Cucina. Tra i designer che hanno risposto positivamente alla chiamata sono alcuni tra i trenta-quarantenni più quotati e internazionalmente riconosciuti, da Sabine Marcelis a Studio Formafantasma, passando per l’israeliano Erez Nevi Pana, famoso per le sue ricerche sui materiali vegani. C’è anche la cotoletta di pala di fico d’India, che mette insieme Milano e la Sicilia, passando per il Messico, di Raffaella Guidobono di Leftover. Le loro proposte, che vanno dallo street food ai piatti più elaborati, si muovono lungo direttrici diverse: flirtano con la progettazione parlando di cucina, attingono a piene mani al patrimonio familiare, o ancora aggirano ironicamente il brief.

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IL PROGETTO DESIGN CUCINA. ALCUNE RICETTE

Livia Rossi e Gianluca Giabardo, che lavorano insieme come Studio Dossofiorito e si sono trasferiti da Verona a Helsinki, hanno per esempio “riprogettato” in chiave finlandese la fresella (o frisella) usando come base una specialità locale, il varrasleipä. Un disco di farina di segale con una punta di cumino che, come il tarallo di farina bianca diffuso in diverse regioni del sud Italia, deve la sua forma alla funzione: nelle fattorie finlandesi i dischi di pane nero venivano messi a seccare lungo un’asta di legno orizzontale appesa al soffitto, mentre in Puglia o in Basilicata le friselle venivano infilate in una cordicella, chiusa a formare una collana, per poi essere trasportate o appese al soffitto. I fondatori del collettivo creativo Okolo, attivo a Praga dal 2009, hanno disegnato e stampato in 3D un piatto ispirato a un edificio iconico, la villa di Curzio Malaparte a Capri, e lo hanno usato come contenitore per un piatto della tradizione ligure (regione alla quale hanno dedicato un numero della loro rivista annuale Okolo, nel 2012), il minestrone alla genovese.

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Ad Amsterdam, Golnar Roshan e Ruben de la Rive Box (le due anime del duo Rive Roshan) illustrano la preparazione di un piatto che rimanda alle radici iraniane di Golnar, il Kookoo-Sabzi, una sorta di frittata da servire accompagnata con salsa yogurt alla menta e pane persiano, mentre poco lontano, ad Eindhoven, Kiki van Eijk e Joost van Bleiswijk (per tutti Kiki & Joost) hanno immortalato i passaggi necessari per preparare tutta una serie di assaggi da gustare in giardino con tutta la famiglia. C’è anche chi ha scelto di saltare a piè pari l’argomento centrale, il cibo, per concentrarsi, per contiguità, su un oggetto di design: la giornalista e saggista britannica Alice Rawsthorne descrive, in sei punti e con un corredo fotografico, le virtù del cucchiaio da minestra disegnato da Arne Jacobsen per il SAS Royal Hotel di Copenhagen, alla fine degli anni Cinquanta. Una meraviglia curata in ogni minimo dettaglio – l’impugnatura laterale permette a chi lo usa di non macchiarsi gli abiti in caso di incidente, ed è stata progettata in due versioni, per destrorsi e per mancini) che riflette l’idea di design totale portata avanti dall’architetto e designer danese, “dal cucchiaio” – appunto – “alla città”.

– Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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