Parte l’ottava edizione del Milano Design Film Festival. Naturalmente online
Milano Design Film Festival, al via l’ottava edizione in streaming. Ecco la nostra selezione, tra “temi caldi” e prime visioni
La formula prevista inizialmente era quella del phygital, crasi di “pshysical” e “digital”, con una parte degli appuntamenti in presenza in varie sedi milanesi e un’altra in streaming, attraverso una piattaforma dedicata. Il DPCM del 25 ottobre ha scombinato le carte, e l’ottava edizione del Milano Design Film Festival in programma dal 6 all’8 novembre si svolgerà solo sul web. Il tema guida di quest’anno, Ri-connettersi, propone una riflessione, già abbozzata nel discorso pubblico negli ultimi due o tre anni ma resa ancora più urgente dall’esperienza della pandemia e del confinamento, sulla necessità di ricostruire il legame tra l’uomo e l’ambiente su basi più sane e sul ruolo del progetto in questa ricostruzione. All’interno del vasto programma della rassegna, abbiamo rintracciato alcuni temi d’attualità e selezionato una serie di pellicole da non perdere.
– Giulia Marani
Programma completo su: www.milanodesignfilmfestival.com
SGUARDI “ALIENI” SU ARCHITETTURA E PAESAGGIO ITALIANI
Ad ogni edizione del festival, una o più sezioni tematiche vengono affidate ad altrettanti guest curator, curatori ospiti che portano un punto di vista particolare. Quest’anno, due architetti milanesi – Gianandrea Barreca e Giovanni La Varra, dello studio Barreca & La Varra – hanno selezionato una serie di pellicole girate da registi stranieri che hanno al centro il paesaggio e le città italiane. Un modo per capire come il nostro patrimonio architettonico e l’uso dello spazio vengono visti da chi arriva da una tradizione altra. “La Sapienza” che fornisce il titolo al film di Eugène Green del 2014, per esempio, è la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza. L’architettura è insieme sfondo ed elemento chiave nella vita dei protagonisti: le vicende delle due coppie in crisi esistenziale si svolgono nella Roma barocca e opulenta del Borromini, mentre i personaggi maschili condividono l’interesse per una professione, quella di architetto, che il più anziano pratica con successo e il più giovane sogna.
SCIENZA E DESIGN. RI-PROGETTARE IL GENOMA UMANO
Nel corso degli ultimi anni, con la crescente notorietà delle ricerche legate al biodesign e l’irresistibile ascesa di progettisti in camice bianco da laboratorio come Neri Oxman e i membri del suo gruppo di ricerca al MIT di Boston, ci siamo abituati a considerare l’infinitamente piccolo come territorio di indagine progettuale e design e biologia come ambiti che possono all’occorrenza sovrapporsi. Non stupisce più di tanto, quindi, la scelta di includere nel palinsesto di una rassegna di film “di design” una pellicola come “Human Nature” (2019), del filmmaker americano Adam Bolt. Un documentario in prima visione italiana che esplora le implicazioni di una nuova tecnologia, nota come crispr, in grado di modificare in maniera rapida, precisa ed economica una sequenza di DNA. A questo livello, l’editing mirato del genoma umano fornirebbe agli scienziati un controllo senza precedenti sugli elementi fondamentali della vita, fornendo una speranza chi convive con malattie non guaribili dalla medicina tradizionale ma anche aprendo interrogativi etici di portata inaudita. Uno su tutti: siamo pronti, oltre che a progettare, ad essere progettati? Al centro di un altro dei grandi dilemmi etici dei nostri tempi, la tecnologia emergente delle “auto senza pilota”, o self-driving car, è al centro di “Autonomy” di Alex Horwitz.
CIBO E DESIGN. BREADPORN E RISTORANTI SOTTO IL MARE
Un altro binomio che è diventato ormai classico è quello tra cibo e design: il food design e la food experience sono sempre più importanti, così come l’estetica dei luoghi in cui si prepara e si somministra il cibo, mentre cresce anche l’interesse del mondo accademico per le intersezioni tra questi due ambiti del sapere e dell’esperienza. Stefano Maffei – architetto e docente al Politecnico di Milano, ateneo che nel 2021 attiverà un nuovo programma di studi in Design for Food – è il curatore di MDFF Food, una nuova sezione del festival dedicata ai processi legati al mondo dell’alimentazione. Nella sua selezione troviamo, tra gli altri, il documentario “Bread: An Everyday Miracle” del regista austriaco Harald Frield (in prima visione italiana), che racconta la panificazione a partire dai due modelli estremi della produzione artigianale e dell’industria e inaugura un filone che potremmo definire breadporn, e “Under, Lindesnes, Norway”di Anders Husa e Kaitlin Orr, che ci porta cinque metri e mezzo sotto il livello del mare, all’interno del ristorante sottomarino progettato dallo studio di architettura norvegese Snøhetta.
LA OLIVETTI DOPO OLIVETTI, PRODOTTO E ARCHITETTURE
La storia del design italiano è anche una storia di imprenditoria illuminata, e di rapporti mutualmente fruttuosi tra designer e committenza. La parabola della Olivetti, un’azienda in grado di attrarre progettisti visionari come Ettore Sottsass, Mario Bellini, Michele De Lucchi, Gae Aulenti e tanti altri mettendoli nelle condizioni di creare oggetti poi diventati iconici e insieme di rinnovare in profondità la cultura progettuale e architettonica di un paese che usciva dal doppio trauma della dittatura e della guerra, è in questo senso esemplare. La storia, però, non si esaurisce con la scomparsa di Adriano Olivetti, avvenuta nel febbraio del 1960. I due documentari di Davide Maffei, “Paradigma Olivetti” e “Prospettiva Olivetti”, presentati in première mondiale, ricostruiscono le vicende dell’azienda di Ivrea nel dopo-Olivetti, rispettivamente dal punto di vista della produzione (nel passaggio dalla meccanica all’elettronica e all’informatica) e dell’architettura.
ABITARE L’ARCHITETTURA
Oggetto di un rinnovato interesse, per lo meno a giudicare dal gran numero di pagine Instagram che se ne occupano e dalla loro presenza sulle pagine delle riviste, le grandi architetture brutaliste hanno suscitato reazioni ambivalenti nei loro abitanti. Le Vele di Scampia, il grande complesso abitativo progettato da Franz di Salvo completato nel 1975 nella periferia di Napoli, si sono col tempo trasformate nel ghetto che gli spettatori di tutto il mondo hanno visto nel film “Gomorra” e sono state in parte abbattute. “La Nave”, il film d’esordio del regista Hans Wilschut, racconta la vita nei quattro giganti di cemento soffermandosi sugli sforzi degli abitanti per riacquistare il controllo delle proprie vite in un contesto decisamente complesso. “Next Sunday”, di Marta Bogdanska, si concentra su un’architettura incompiuta – il quartiere fieristico Rashid Karami di Tripoli (in Libano, a pochi kilometri da Beirut) disegnato da Oscar Niemeyer e abbandonato, senza essere ultimato, nel 1975 – e mostra come alcuni giovani si siano appropriati dello spazio, e delle rovine dei quindici edifici previsti dal progetto dell’architetto brasiliano, trasformandoli in un enorme playground.
TUTTO SUL DESIGN OLANDESE
Ironico, minimalista, sperimentale, il design olandese si è imposto sulla scena internazionale grazie alla sua capacità di vendere non semplici prodotti ma idee e concetti. Dagli anni Novanta, con la nascita del collettivo Droog Design e la nascita di icone come la Knotted Chair di Marcel Wanders (una seduta realizzata a partire da una “corda” tecnologica intrecciata e annodata che rendeva ozioso distinguere con precisione tra artigianato e industria) e la cassettiera Chest of Drawers di Tejo Remy, fino alle ricerche più recenti passando per lo stile opulento di Studio Job, il DNA progettuale del paese si è andato arricchendo di molte sfaccettature. Il film “It’s Dutch Design” di Elbe Stevens racconta questa storia.
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