Design e rivoluzione: 40 anni di Memphis in due mostre
C’è tempo fino al prossimo 20 giugno per visitare al Macro di Roma la prima grande personale di Nathalie Du Pasquier e fino al 23 gennaio 2022 per vedere, invece, quella dedicata al movimento Memphis e allestita al Vitra Museum di Weil am Rhein.
Due istituzioni culturali molto diverse rendono omaggio a due icone del design, accomunate dall’avere fluttuato nello stesso liquido amniotico. Un rimando materno dal momento che Nathalie Du Pasquier, al Macro con la personale SOLO/MULTI, è stata tra le fondatrici del movimento Memphis, insieme madre generatrice e figlia che poi si è allontanata. Tre le parole d’ordine in comune fra le due mostre: superfici, pattern e colore.
LA STORIA DI MEMPHIS
Forse non tutti sanno che il movimento Memphis deve il suo nome a un brano musicale: Stuck Inside of Mobile with the Memphis Blues Again di Bob Dylan (1966). Era l’11 dicembre 1980, e a casa di Ettore Sottsass un gruppo di giovani designer e architetti dava vita a uno dei fenomeni del design italiano più influenti di sempre, nonostante la sua breve durata.
Tra loro Michele De Lucchi, Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e Martine Bedin, a cui si aggiungono nel tempo Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Nathalie Du Pasquier, Michael Graves, Hans Hollein, Arata Isozaki, Shiro Kuramata, Javier Mariscal e George Sowden.
Un successo dovuto anche all’apporto di due figure trasversali, ma fondamentali: Barbara Radice, giornalista, coordinatrice e direttrice artistica del gruppo, ed Ernesto Gismondi, fondatore di Artemide e presidente di Memphis, a cui assicura il legame indispensabile con il mondo della produzione.
40 ANNI DI KITSCH ED ELEGANZA AL VITRA MUSEUM
Sono trascorsi quarant’anni da quella notte e il Vitra Design Museum di Weil am Rhein, in Germania, per celebrarne l’anniversario ha organizzato una mostra, curata da Mateo Kries, intitolata Memphis: 40 Years of Kitsch and Elegance. Visitabile fino al 23 gennaio 2022, la mostra racconta, attraverso una selezione di arredi, lampade, oggetti, disegni, fotografie e materiali d’archivio, l’esistenza parabolica di un gruppo che, tutto sommato, ha vissuto ufficialmente poco, dal 1981 al 1987.
Uno stile inconfondibile il loro, erede del design radicale (ma più positivo e meno critico) e favorevole all’idea di ornamento, caratterizzato da un’estetica dissacrante che mischia kitsch, pop, quotidiano, postmoderno, colore, ricerca materica sperimentale e grande lavoro sulle superfici, considerate come schermi capaci di comunicare messaggi.
Spiega a proposito il curatore Kries: “[..] Memphis ha dimostrato che un ornamento può anche essere qualcosa di molto progressivo, devi solo reinventarlo e farlo sembrare di nuovo fresco. E questo è quello che hanno fatto con il loro pensiero rivoluzionario sulla superficie di un oggetto e i collegamenti alla teoria dei media che hanno stabilito. Visto da oggi, questo sembra molto visionario: immaginate che nel 1981 eravamo solo all’inizio dell’era dei computer, ma Memphis si rese conto che questa nuova era avrebbe rivoluzionato anche il design, che sarebbe diventato molto più incentrato su immagini e storie”.
NATHALIE DU PASQUIER AL MACRO DI ROMA
Campo di Marte fa parte delle otto mostre che danno avvio contemporaneo a tutte le sezioni di Museo per l’Immaginazione Preventiva, il programma ideato dal direttore artistico del Macro Luca Lo Pinto come si trattasse di un palinsesto editoriale composto da progetti espositivi autonomi che, nel loro insieme, disvelano le rubriche di una rivista vivente, i cui contenuti andranno a modificarsi nel tempo.
Nonostante si tratti di una mostra antologica personale, la prima per Nathalie Du Pasquier a Roma, l’allestimento è pensato come frutto di un’unica narrazione espositiva, un’istallazione immersiva, seppur dilatata, in cui ogni oggetto rimanda a qualcos’altro, dialogando con lo spazio e lo spettatore.
L’artista e designer francese, nata a Bordeaux nel 1957, ma a Milano dal 1979, ha infatti concepito l’esposizione come un Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale), una “sinfonia silenziosa” che comprende oltre cento opere realizzate dagli Anni Ottanta a oggi: quadri, vasi, ambienti, sculture, disegni, modelli, tappeti o pattern ceramici (le mattonelle Margherita realizzate per Mutina). Realizzati oggi o trent’anni fa poco importa, perché la mostra si snoda come un unicum organico, lasciando emergere grande coerenza nel percorso personale dell’artista, nata autodidatta. Nathalie Du Pasquier riesce a rendere evanescenti i confini tra le tecniche e i media, guardando alla realtà come a un catalogo “dal quale possiamo prendere tutto” – afferma – “e ritrasformarlo in un mondo altro”. Una pittura che esiste rispettivamente come oggetto, spazio o ambiente, in cui ogni distinzione tra l’opera d’arte e la sua struttura espositiva viene annullata. Il dispositivo della mostra è, infatti, per Nathalie Du Pasquier, uno strumento dinamico, che le permette, come in questo caso, di utilizzare i propri lavori come “materia prima” per costruire altre, nuove creazioni.
Il tema della superficie e della decorazione è centrale qui, nonché l’altalena/la tensione tra bidimensione e tridimensione, tra rappresentazione reale e astrazione. Nathalie Du Pasquier ha infatti lavorato sulle pareti come fossero immense tele, dipingendole di colori diversi e plasmando la sala fino a trasformarla in uno scenario narrativo unico (l’artista è sempre stata incuriosita dal rapporto tra gli oggetti e lo spazio in cui si trovano). Nella primavera del 2022, la mostra sarà ospitata dal Musée régional d’art contemporain Occitanie /Pyrénées-Méditerranéedi Sérignan, e per l’occasione sarà co-prodotta una pubblicazione.
‒ Giulia Mura
Weil am Rhein // fino al 23 gennaio 2022
Memphis: 40 Years of Kitsch and Elegance
VITRA DESIGN MUSEUM
Charles-Eames-Str. 2
https://www.design-museum.de/en
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