Reportage dal Lake Como Design Festival
Si è conclusa la rassegna di design sulle rive del lago di Como, giunta alla sua terza edizione con una veste rinnovata. A finire sotto i riflettori sono state le riedizioni e reinterpretazioni di pezzi disegnati dai grandi maestri del secolo scorso. Il nuovo appuntamento con il festival sarà a settembre 2022.
Lo abbiamo visto anche il mese scorso al Supersalone: il design storico, quello dei grandi autori del Novecento, continua a essere un formidabile serbatoio per le aziende, che non smettono di rieditare icone del passato né di setacciare gli archivi alla ricerca di progetti d’autore dimenticati. Queste riedizioni possono essere filologicamente corrette, come la serie di mobili disegnati da Gio Ponti per la sua casa milanese di via Dezza e riproposti da Molteni sulla base dei disegni originali nell’ultimo decennio, o con un twist contemporaneo, per esempio per quanto riguarda la scelta di materiali più performanti o più sostenibili.
In entrambi i casi, si tratta di pezzi dalla forte personalità che però vengono percepiti come meno rischiosi da chi li produce perché hanno superato la prova del tempo. Parallelamente, l’omaggio agli stessi designer da parte dei progettisti della nuova generazione supera sempre più spesso la logica della citazione per diventare una sorta di metodo progettuale, e la tessitura di una rete di rimandi spesso intenzionalmente leggibili diventa una componente importante del processo creativo.
IL LAKE COMO DESIGN FESTIVAL
Il senso della storia nella pratica di designer e aziende, e la sua pervasività, sono anche sono stati al centro della terza edizione della rassegna dedicata al design ospitata da Como e dal suo lago. Il format è un po’ cambiato rispetto alle edizioni precedenti – da una “fair”, una fiera, si è passati a un Lake Como Design Festival con diverse mostre e una serie di interventi sul tessuto cittadino – così come l’assetto curatoriale, che ha visto il direttore del museo del design della Triennale di Milano Marco Sammicheli arrivare ad affiancare il direttore artistico Lorenzo Butti.
History Repeating è al tempo stesso il tema della rassegna e la prima parte del titolo (la seconda è Come i designer guardano alla storia) di una interessante mostra curata dallo stesso Sammicheli e allestita nel Ridotto del Teatro Sociale, un’autentica istituzione cittadina dalle cui finestre è possibile ammirare altrettanti elementi del genius loci comasco, dall’abside principale del Duomo alla Casa del Fascio di Giuseppe Terragni e alla campagna che si perde verso la Brianza, terra su cui da almeno un secolo e mezzo si produce design di livello. L’espressione, traducibile con “la storia che si ripete”, è presa in prestito dal titolo di un brano del 1997 del duo inglese di musica elettronica Propellerheads, inciso con Shirley Bassey.
DESIGN IN MOSTRA
Il percorso espositivo, che si snoda su quattro sale intorno a una serie di nuclei tematici, rappresenta una riflessione sull’eredità del passato e sul modo in cui questa si riverbera sul presente, ma anche (e forse soprattutto) una raccolta di piccole e grandi storie progettuali.
“La Sala Turca, per esempio, è dedicata al cosiddetto ‘adeguamento all’innovazione’, con oggetti che le aziende hanno rieditato innovando alcuni dettagli per offrire al consumatore un prodotto che non avesse soltanto lo spirito del tempo ma anche la funzionalità e resistenza di un oggetto contemporaneo”, spiega il curatore. “La poltrona Sacco di Zanotta, per esempio, che nella versione classica tendeva a ‘sfinirsi’ con l’uso prolungato, è presentata con una nuova imbottitura che non è più con palline di polistirolo espanso ma con piccoli cuscinetti d’aria”. Storie che comprendono anche una serie di “atterraggi inconsueti”, come quello del divano Osaka di Pierre Paulin, un pezzo fortemente autoriale, nel catalogo di LaCividina intorno alla metà degli Anni Sessanta, o di un daybed firmato da Alvar Aalto in quello di un’azienda radicata sul territorio comasco come Misuraemme. In alcuni casi, poi, è la struttura stessa dell’oggetto a suggerire una stratificazione geologica di competenze e immaginari. Nel caso dei vasi di George Sowden editati e poi rieditati da Bitossi “la palette colori, figlia della sua poetica, in verità descrive i passaggi operativi necessari per arrivare al prodotto finito”.
IL DESIGN NEI PALAZZI STORICI
Una serie di riedizioni scelte dal vasto scenario del design del Novecento, dalle lampade Re e Regina disegnate dall’artista milanese Bobo Piccoli per FontanaArte nel 1968 e rimesse in produzione dalla stessa azienda nel 2020, alle ceramiche create da Gio Ponti per Richard Ginori negli anni della sua direzione artistica, sono state messe in scena anche in alcune sale della residenza art déco di Palazzo Mantero, per la prima volta aperta al pubblico, nell’ambito del progetto Reeditions. Ad accompagnarle, una serie di opere grafiche e libri d’artista firmati da alcuni dei grandi protagonisti del design del Novecento e pubblicati da un’eccellenza locale, l’atelier Lithos. Negli spazi del cinquecentesco Palazzo Valli Bruni, invece, il focus si è spostato sui designer contemporanei indipendenti che non soltanto non sentono il peso del passato sulle spalle, ma anzi ricercano attivamente un dialogo con i grandi maestri della generazione precedente. 20/21, questo il titolo della mostra, ha presentato una serie di lavori, soprattutto pezzi unici creati appositamente per il festival o parte di una ricerca di lungo periodo, realizzati guardando al secolo precedente come fonte di ispirazione e proposti in vendita all’interno di un’asta online organizzata dalla piattaforma Catawiki.
Nel cortile del palazzo era visibile anche un progetto site specific del duo creativo Draga&Aurel, molto noto sulla scena internazionale e di base proprio a Como, con la filiale italiana del gigante del cemento Holcim. I due designer, il cui lavoro esplora spesso il concetto di trasparenza, hanno usato un particolare tipo di calcestruzzo ad alte prestazioni abbinandolo a un materiale a loro caro come la resina per ricreare l’aspetto dell’acqua del lago, dando vita a due sedute che sembrano porzioni di fondale.
UN PATRIMONIO DA RISCOPRIRE
Nel menù della rassegna c’era anche la riscoperta di due tesori poco conosciuti presenti sul territorio della città lariana e nei dintorni: le architetture comasche e canturine dello studio Asnago Vender, i cui disegni erano esposti nella sede dell’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Como, all’interno del condominio Novocomum di Terragni, e l’archivio dello Studio Monte Olimpino, con i film di ricerca realizzati negli Anni Sessanta e nei primi Settanta da Bruno Munari e Marcello Piccardo, proiettati nella sede dell’Accademia Aldo Galli. Tra questi, c’è un video della celebre mostra Arte Programmata allestita nel negozio Olivetti di Milano, alla quale parteciparono anche Enzo Mari e i componenti del Gruppo T e del padovano Gruppo N.
– Giulia Marani
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