Urne.rip, il nuovo progetto delle urne cinerarie d’artista
Urne.rip, ideato da Vittorio Dapelo e Laura Garbarino, commissiona agli artisti urne cinerarie d’autore. Il debutto si terrà in occasione del Fuorisalone nella sede di Alcova dal 5 al 12 giugno 2022, con pezzi di Stefania Carlotti, Haris Epaminonda, Ducati Monroe (Diego Perrone e Andrea Sala), Bojan Sarçevic e Bill Woodrow.
Qual è oggi il rapporto tra la società in cui abitiamo e la morte? Se da una parte assistiamo a un progressivo allontanamento di questo tema dal quotidiano – considerato poco funzionale rispetto al sistema performativo e dei consumi in cui siamo immersi – dall’altra parte veniamo costantemente a contatto con forme di spettacolarizzazione (o pornografia) della morte attraverso le immagini che passano attraverso i media e i canali di informazione. E poi c’è l’ironia, modello Taffo. Un cortocircuito costellato di paradossi in cui la fine dell’esistenza non coincide più con il corso naturale delle cose, parte integrante della vita stessa, ma viene relegato alla sfera delle paure da esorcizzare. “Si parla sempre della morte degli altri, mai della propria”, racconta Vittorio Dapelo, ex gallerista, collezionista e produttore di progetti, che due anni fa ha fondato con la curatrice ed esperta d’arte contemporanea Laura Garbarino la società Urne.rip, che affida ad importanti artisti la creazione di urne cinerarie pensate come opere d’arte e multipli. Un’idea che coincide con il ritorno – a partire dall’Ottocento in Occidente – della pratica della cremazione, la quale consente ai familiari di conservare le ceneri dei defunti a casa Perché, allora, non fare in modo che queste urne assumano un valore estetico, artistico, concettuale, riempendo di senso la stessa idea di assenza e di perdita? Il lancio della prima serie di urne avverrà all’interno del Fuorisalone, dal 5 al 12 giugno 2022 nella sede di Alcova: un’esposizione che vede riunite le creazioni di Stefania Carlotti, Haris Epaminonda, Ducati Monroe (Diego Perrone e Andrea Sala), Bojan Sarçevic e Bill Woodrow, allestite su mensole in cemento C_Zero progettate da Luca Cipelletti e prodotte dalla Galleria Giustini/Stagetti. Oggetti che diventano sempre più vicini a pezzi di design, opere da collezione e parti dell’arredamento domestico. “Mettere un’urna in casa è esorcizzare una parte delle nostre ansie”, prosegue Dapelo, che ci ha raccontato tutta la storia del progetto in questa intervista.
Cosa vi ha spinto a dare il via a questo progetto, che prende di petto un tema così delicato, ma anche tanto temuto dalla società attuale?
L’idea affonda le radici nelle conversazioni avute con Ettore Spalletti tra gli anni ’80 e ’90, quando esponeva alla mia galleria Locus Solus di Genova e contemporaneamente lavorava al progetto per la Salle des Départs di Garches vicino a Parigi. Quei pensieri si sono poi materializzati dopo il 2000 in due piccole urne/multiplo in onice rosa, dette “Portacipria”, quando ancora pensavamo che fosse possibile dividere le ceneri in piccole quantità.
E poi, come si è evoluta la cosa?
Il progetto vero e proprio parte solo qualche anno fa, con la decisione presa con Laura Garbarino di costituire una società che fosse in grado di produrre urne di vario tipo, con l’intenzione di raggiungere una produzione molto ampia. Immediatamente Diego Perrone e Andrea Sala, con cui avevamo lavorato in precedenza per progetti realizzati a Genova (Davanti al mare e TheView) sono entrati nel gruppo per sostenerci e consigliarci su molti aspetti della vicenda, e con loro condividiamo tutte le decisioni estetiche e la strategia sulle scelte fondamentali. È uno strano quartetto molto divertente che sforna idee in libertà. Certo, progettare un’urna non è cosa semplice e le reazioni degli artisti coprono un’ampia gamma di emozioni, che va dall’entusiasmo al disgusto.
Su quali aspetti gli è stato chiesto di ragionare e riflettere per la produzione delle opere?
Finora ognuno ha assunto una diversa posizione in rapporto al progetto che sta a cavallo tra arte e industrial design e ancora non è chiaro se un’urna vuota sia un’opera d’arte o forse semplicemente un’opera, come auspicava Duchamp, “peut-on faire des œuvres qui ne soient pas d’art?” [si possono fare opere che sono siano arte? Ndr]…
Che tipo di “servizio” offrirete? Saranno realizzate anche urne ad hoc, come pezzi unici?
Poco per volta stiamo approntando una macchina complessa, fatta di alleanze con le persone che più ci piacciono, con laboratori di produzione di alto livello come quello di Joseph Dalle Nogare per il marmo o con studi di architettura, come in occasione del progetto per Alcova dove le urne di Stefania Carlotti, Ducati Monroe, Bojan Sarçevic e Bill Woodrow sono sostenute dalle mensole in cemento di Luca Cipelletti.
Cosa significa per voi dare un valore estetico al tema della perdita e della morte? Può essere considerato in qualche modo anche un atto politico, nei confronti di un aspetto che si tende a nascondere ed eliminare dalla vita di tutti i giorni?
Io le ritengo necessarie come una sedia o un frigorifero e, subito prima della costituzione di urne.rip, ho voluto sperimentare direttamente l’esperienza commissionandone una a Diego Marcon, che in collaborazione con Lorenzo Cianchi ha realizzato in ceramica bianca un’urna di 80×80 cm ispirata su mia richiesta al padiglione di TheView a Sant’Ilario e popolata da figure provenienti dalle sue opere… Ora mi sento molto più tranquillo, perché so che, anche solo simbolicamente, c’è un luogo che accoglierà i residui del mio DNA, a meno che qualcuno non li voglia buttare e conservare solamente il vuoto che sta dentro l’urna.
– Giulia Ronchi
URNE.RIP
Dal 05 al 12 giugno 2022
Alcova
Via Simone Saint Bon 1, Milano
https://www.urne.rip/
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