Parte del palinsesto del Design Canberra Festival – la rassegna, giunta alla sua nona edizione, che celebra design, arte, artigianato e industria attraverso 200 eventi fra esposizioni, talk e simposi –, Home Life nasce per rispondere a domande di questo tipo: Come è cambiata la casa negli ultimi anni? Come si è evoluto l’abitare contemporaneo? Quali direzioni stanno prendendo le nostre abitudini domestiche?
La mostra, frutto di una lunga ricerca, porta al pubblico sia grandi nomi del design made in Italy, sia talenti più giovani, cogliendo le trasformazioni che oggi investono la nostra società: la sostenibilità come condizione imprescindibile, la tecnologia come nuova dimensione dell’edonismo domestico, la casa come strumento per rasserenare lo spirito, dando così forma a un percorso che è tanto approfondito quanto, allo stesso tempo, in grado di parlare a tutti. Realizzata con il supporto di Ambasciata d’Italia Canberra, Istituto Italiano di Cultura di Sydney, in collaborazione con Craft + Design Centre e Design Canberra Festival, raccoglie venti fra mobili, complementi di arredo e accessori, selezionati dalla curatrice perché rappresentano in maniera diretta e intuitiva le nuove abitudini domestiche e il loro universo di senso. Qualche esempio? Dalla workstation Secretello di Michele De Lucchi, pensata per un living che si trasforma facilmente in studio, al termoventilatore elettrico portatile Eve di Ludovica+Roberto Palomba, passando per l’alveare domestico B-BOX di Acme21 (per Beeing), le lampade di Mandalaki Studio, Yack di Maio e Sofia Durante e i contenitori mobili Belt di Claudio Larcher, con cinghie e ruote.
Il design si rivela essere ancora una volta una lente d’ingrandimento efficace per interpretare la realtà, mettendo in luce come le abitudini sociali, i trend, le esigenze, i desideri di tutti noi si siano trasformati negli ultimi anni, inclusi gli oggetti di cui ci circondiamo e, in definitiva, la casa che abitiamo. Ne parliamo con Elisabetta Pisu, curatrice di design contemporaneo con una formazione in sociologia e in management culturale, dal 2016 a capo di EP studio che si occupa di ideazione, organizzazione e curatela di mostre internazionali di design con particolare attenzione alla diffusione e promozione del made in Italy. Qualche collaborazione? Il Design Museum Gent (Belgio), il Cube Design Museum (Olanda), il Design Museum Holon (Israele), il Museum of Craft and Design (San Francisco, USA), il MODA Home Life ‒ Museum of Design Atlanta (Atlanta, USA), il L. A. Mayer Museum for Islamic Art (Israele), il COD ‒ Center for Openness and Dialogue (Albania).
INTERVISTA A ELISABETTA PISU
Come nascono l’idea di questa mostra – che potrebbe essere la prosecuzione ideale, esattamente cinquant’anni dopo, della iconica ITALY: THE NEW DOMESTIC LANDSCAPE al MoMA – e la scelta di renderla possibile a Canberra?
In effetti, anche se in modo molto più contenuto e senza le stesse velleità della mostra al MoMA, Home Life si ispira ai concetti di un design lungimirante, che non sia soltanto funzionale al presente ma getti anche uno sguardo al prossimo futuro dell’abitare. The New Domestic Landscape portò l’Italia a essere un punto di riferimento nel mondo del design non tanto nell’ottica della produzione, quanto nel metodo progettuale, che era espressivo e originale. Con una pluralità di metodi, spunti creativi e soluzioni innovative che rappresenta tuttora il nostro DNA. Come cinquant’anni fa, tutti i progetti presentati a Canberra sperimentano forme di mutabilità e adattabilità, dove l’immobilità degli oggetti viene sostituita da configurazioni interscambiabili, interattive e dinamiche, generando nuovi “riti domestici”. Home Life è una testimonianza della costante qualità visionaria del design italiano, della sua capacità di immaginare scenari futuribili anche attraverso l’uso della tecnologia.
Qual è stato il criterio curatoriale di selezione dei venti oggetti in mostra?
Sostenibilità, versatilità e tecnologia sono stati i criteri guida per la selezione degli oggetti. Temi che stanno ridefinendo gli assetti dell’abitare contemporaneo, dove la qualità e la semplificazione dei processi quotidiani sono al centro dell’attenzione di aziende e progettisti. Altro criterio importante per la selezione è stato il concetto di biofilia, introdotto da Erich Fromm negli Anni Sessanta e ripreso dal biologo statunitense Edward O. Wilson, che nel suo libro Biophilia, uscito nel 1984, teorizzava che “siamo umani in buona parte a causa del modo particolare in cui ci affiliamo con altri organismi”. La progettazione biofilica, quindi, va ben oltre l’idea di includere le piante o, meglio, le piante sono solo il punto di partenza, e mira a ricreare il legame innato tra uomo e natura. In mostra al Design Canberra Festival ci sono diversi esempi di biophilic design, come il tappetto Moving O di Deanna Comellini per G.T. Design, che è un viaggio alla riscoperta del segno vegetale; B-Box, la prima arnia per apicoltura urbana, progettata da Acme21 per Beeing, e la lampada Halo Evo di Mandalaki studio, che evoca intensi paesaggi cromatici, tramonti personali capaci di risvegliare sentimenti arcaici.
LA HOME LIFE MADE IN ITALY
Cosa si evince dagli oggetti esposti? Quali i cambiamenti in prospettiva e i trend nella “home life”?
Gli oggetti in mostra raccontano un’idea di casa modulare, polifunzionale ed ecologica, dove qualità, benessere e sicurezza saranno centrali nel prossimo futuro. In prospettiva avremo una casa “viva”, con dispositivi tecnologici che, oltre ad automatizzare funzioni, saranno in grado di anticipare le nostre esigenze, ottimizzando consumi e migliorando il nostro comfort. Il binomio sostenibilità e tecnologia giocherà un ruolo decisivo nella progettazione futura.
Comfort, ecologia e multifunzionalità: sono questi i temi chiave per il design del futuro?
Il design deve essere veloce, capace di intuire e anticipare le tendenze e rappresentare i bisogni attuali. Grazie alle tecnologie presenti sul mercato, le stampanti 3D e i software sempre più specifici, interfacce “invisibili”, vocali e olografiche, la convergenza tra fisico e digitale amplierà le nostre esperienze corporee e cognitive. Dall’altro canto, la biologia sintetica, con l’impiego di microrganismi, batteri luminescenti e biomasse a base di miceli, svilupperà soluzioni architettoniche dove etica, sostenibilità e ciclo di vita saranno aspetti inglobati nei processi di design. Philippe Starck sostiene che nel futuro vivremo in case sempre più piccole e tenderemo a liberarci degli oggetti, mantenendo l’indispensabile. A questo punto però occorrerebbe definire che cosa riterremo indispensabile domani. Probabilmente vorremo integrare luci, elettrodomestici, climatizzazione e mobili all’interno delle pareti. Si va componendo, quindi, un’immagine della casa del futuro come ambiente sempre più adattabile a noi, come fosse un abito a nostra misura o forse sarebbe meglio dire, vista la rilevanza della componente tecnologica, come un dispositivo wearable.
Giulia Mura
www.designcanberrafestival.com.au/
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