La presentazione del Porta Venezia Design District si è tenuta negli spazi del MEET Digital Culture Center di Milano, una location scelta non a caso, in quanto parte del tessuto creativo di questo nuovo progetto è proprio il suo approccio digitale al design. Porta Venezia Design District, L’ALTRO distretto, infatti, nasce con l’obiettivo di tracciare e raccontare una trama urbana differente per comunicare in modo contemporaneo una visione altra del design, in dialogo con il contesto e i valori di un territorio ricco di storia, ma proteso al futuro. Rispecchiando l’inclusività e la diversità, quali caratteristiche intrinseche del quartiere, il neo distretto intende inglobare molteplici ambiti differenti tra loro. Ne abbiamo parlato con gli ideatori del progetto: Marco Samorì e Carlo Barbarossa dell’agenzia di comunicazione FLOAT in ideas.
Un nuovo distretto del design in una zona storica di Milano. Come è nato questo progetto?
C. Barbarossa: Il design, nella sua accezione più pura di progettazione, è stata sicuramente la chiave di volta che ci ha consentito di sviluppare questo tipo di operazione, che a noi piace definire, di marketing territoriale. La pandemia ha imposto una riflessione su come rinnovare l’offerta di servizi ai nostri interlocutori spingendoci a ideare format alternativi, in grado di interpretare nuove e più complesse esigenze. Abbiamo, quindi, studiato il territorio milanese, gli sviluppi urbanistici, individuato alcune necessità e identificato in Porta Venezia un luogo fertile, dove poter strutturare progettualità innovative. Abbiamo cercato di valorizzare i diversi codici espressivi, le caratteristiche intrinseche del quartiere, considerandole come unico e assoluto valore aggiunto. Dialogare con il territorio, coinvolgerne attivamente le community creando sinergia e ricevere il supporto dei principali attori come l’Associazione Commercianti di Corso Buenos Aires Milano ASCOBAIRES e l’Area Rete Associativa ConfCommercio; l’Associazione Commercianti Porta Venezia Milano Rainbow District, l’istituto di moda e design RAFFLES Milano. Tutti questi attori hanno dato forza e credibilità alla progettualità. Infine, la presenza di MEET Digital Culture Center – il primo Centro Internazionale per l’Arte e la Cultura digitale nato a Milano con il supporto di Fondazione Cariplo – e i progetti di riqualificazione urbana che, nel 2026, vedranno protagonista quest’area della città, il MNAD, Museo Nazionale d’Arte Digitale e di LOC, Loreto Open Community ci consentono di guardare avanti intraprendendo un percorso di crescita che guardi al futuro e che non si esaurisca soltanto nel Fuorisalone.
Il Porta Venezia Design District si fa promotore di un linguaggio innovativo, quello dell’arte digitale. Come la presenza di MEET Digital Culture Center e del MNAD Museo Nazionale Arte Digitale hanno contribuito a disegnarne la fisionomia?
M. Samorì: Il linguaggio digitale è rapido, immediato. Durante la pandemia siamo stati costretti a comunicare tramite un linguaggio che ha subito una crescita esponenziale con declinazioni di cui ancora oggi probabilmente non si riesce e cogliere la portata e l’importanza. Non potevamo non renderlo uno dei protagonisti del distretto. È una modalità di espressione, di interconnessione e unione che guarda al futuro, ne dà una visione unica, misteriosa, ancora per alcuni versi non nota. A tal proposito l’installazione immersiva Everything dello studio turco NOHLAB, fondato nel 2011 da Candas Sisman e Deniz Kader, che sarà ospitata negli spazi del MEET, lavora tra video arte ambientale e design digitale creando un ponte tra la realtà virtuale e quella fisica attraverso video-installazioni immersive. Il pubblico viene spinto a interrogarsi su come la complessità della nostra esistenza quotidiana lasci molte domande irrisolte. Soltanto accettare quanta conoscenza ci sfugga, può portare a uno stato di costante apertura al mondo in trasformazione, così come a una visione libera nei confronti delle tecnologie. È proprio oltre quel limite che secondo noi si innesca lo spirito creativo, una visione libera dove arte contemporanea e innovazioni tecnologiche iniziano a dialogare.
Quali sono gli obiettivi de L’ALTRO distretto e come è stato strutturato concettualmente?
C. Barbarossa: Il nostro obiettivo, negli anni, è quello di attuare tramite la progettualità di Porta Venezia una contaminazione tra linguaggi creativi differenti: arte, design, fotografia, musica. Il design può avere infinite declinazioni, basti pensare al design dei servizi, del digitale, al design del prodotto, al design per il sociale, al design finanziario, al design thinking… Queste diverse espressioni hanno comunque un comune denominatore: idee e progettazione. Porta Venezia è un’area di Milano eterogenea, dall’animo vibrante che ha come prerogativa indiscutibile il carattere d’inclusione. La diversità delle culture e le persone che animano il territorio ne ispirano questo “altro” carattere. Da qui nasce l’impegno nel perseguire la nostra visione attraverso la concretizzazione del concetto di “altro” design che, tramite la coesistenza di codici espressivi e linguaggi inediti, esalta la diversità risultando nella sua concreta espressione inclusiva. Proprio per questo a livello ideologico ci siamo ispirati all’antropologo e scrittore Marco Aime, il quale ha dato della parola altro una definizione che è stata per noi una significativa fonte di ispirazione: […] coloro che definiamo “altri” sono spesso il prodotto di una nostra costruzione e non una realtà oggettiva. Perché allora costruire l’altro? Perché è indispensabile per definire “noi”. Noi siamo ciò che l’altro non è ed è per questo che spesso, troppo spesso, configuriamo l’altro come icona di ogni male. Abbiamo bisogno dei cattivi, per pensarci buoni.
Nella presentazione del distretto Carlo Forcolini, direttore scientifico dell’istituto di moda e design RAFFLES Milano, ha raccontato della nascita del Fuorisalone nella Galleria Giò Marconi, che sorge proprio a Porta Venezia. Sembra quindi che stiate riportando il design nel suo luogo originario di nascita…
M. Samorì: “Il Fuorisalone in Porta Venezia c’è dal 1980. Avevo aperto da poco un’azienda che si chiamava Alias, e si chiama così tuttora. Non avevamo abbastanza soldi per esporre le nostre cose al Salone, così chiedemmo a Giorgio Marconi di poter portare le nostre cose nella sua galleria. A quel punto lo spazio era pronto con l’allestimento d’arte anticipato: al piano terra c’erano i cretti di Burri e a quello superiore le ceramiche di Fontana. E poi c’eravamo noi con le nostre cose, la Spaghetti Chair di Giandomenico Belotti per esempio, oggi parte della collezione del MoMA di New York”. La testimonianza di Carlo Forcolini che ha voluto aprire così il suo intervento durante la conferenza stampa di presentazione del distretto, è memoria di un quartiere che è sempre stato fucina di idee per l’arte ed il design. Riprendendo le fila del discorso di Forcolini, la nostra sfida è quella di tornare alle radici del distretto, fortificarle e far sì che gettino le basi per nuovi stimoli creativi, mantenendo sempre l’attitudine alla sperimentazione. Del resto, Porta Venezia, quale cuore pulsante di una Milano sempre in cerca di nuove fonti ispiratrici e di apertura verso nuove frontiere e linguaggi artistici, non poteva non avere un suo spazio apposito in una delle manifestazioni più importanti a livello nazionale. Ecco, noi puntiamo a far dialogare la storia con il futuro, in un presente ricco di sfide, ma anche di opportunità.
Antonio Mirabelli
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