Fu inventato il rock&roll, Elisabetta II salì sul trono di Inghilterra, la Rai iniziò la trasmissione di programmi televisivi, scoppiò la guerra del Vietnam, lo Sputnik fu lanciato nello spazio e venne alla luce Michael Jackson: erano gli Anni Cinquanta, un decennio che, nell’Italia di allora, può essere considerato anche il periodo in cui si definirono il design e la moda come li intendiamo oggi. È quindi buona cosa spingersi ai confini del Paese, in quella Gorizia che nel 2025 sarà Capitale Europea della Cultura, dove è stata radunata una moltitudine di oggetti, complementi d’arredo, opere d’arte e magnifici abiti che costituiscono una ricognizione sintetica ma efficace delle fondamenta del Made in Italy.
I PROTAGONISTI DEL DESIGN ITALIANO ANNI ‘50
Allora tutti a bordo della sfavillante Lancia Aurelia B-20 disegnata da Pininfarina, pronti per sfrecciare tra le sale del piano terra, dove vengono messi in scena vari focus sull’evoluzione che ha permesso al disegno industriale di diventare il design, sia grazie a progettisti d’eccellenza quali Gio Ponti e Franco Albini ‒ all’epoca già affermati ‒ sia al supporto di industriali illuminati. Basti pensare alla collaborazione tra Poggi e Albini che consentì di realizzare, per fare un solo esempio, la libreria LB7 del 1951, o tra Angelo Lelii, fondatore di Arredoluce, e i fratelli Castiglioni. Sinergie che, nell’Italia martoriata dalla Seconda Guerra Mondiale, hanno contribuito a un’autentica rinascita basata sulla bellezza, sull’innovazione, sulla produzione in serie, senza ovviamente dimenticare la tradizione, citata da Caccia Dominioni nella sua poltroncina Catilina con cui ripropone un modello del Quattrocento.
I Cinquanta sono anche gli anni in cui si producono gli splendidi vetri di Murano (di Venini, Barovier…), mentre nelle case entrano le cucine all’americana e si cominciano ad acquistare gli strumenti per la nascente mixology. Nel 1954 prende il via Il Compasso d’Oro, da un’intuizione di Gio Ponti, promosso dalla Rinascente: in mostra c’è una selezione di oggetti premiati. Il sottile confine tra arte e design viene enfatizzato dalle installazioni di lavori di Fornasetti e in certe creazioni di Melotti, Leoncillo e Lucio Fontana. Interessante poi, anche perché meno noto, il caso di Renata Bonfanti, che a Mussolente, piccolo centro del Vicentino, tesseva tappeti, arazzi e tessuti sia su disegno proprio sia dei massimi esponenti del design. L’azienda è ancora lì, viva e vegeta.
IL DESIGN DELL’ALTA MODA
A proposito di stoffe, il loro trionfo si manifesta al primo piano, dove l’attenzione si sposta sulla moda. Il 12 febbraio 1951 Giovanni Battista Giorgini pensò di riunire a Firenze, su un’unica passerella, i migliori creatori, chiedendo loro di presentare i propri abiti: alla prima sfilata parteciparono Simonetta, le Sorelle Fontana, Emilio Schuberth, Germana Marucelli, Emilio Pucci. Nacque il mito di Palazzo Pitti e si formò quel legame tra alta moda e cinema che ancora non smette di affascinare, come dimostra il bell’allestimento con foto d’epoca.
Ava Gardner, emblema assoluto di sensualità, ad esempio indossò il Pretino delle Sorelle Fontana, chiaramente ispirato all’abito talare sacerdoti; Roberto Capucci cucì l’Abito da sera nove gonne e capì che i vestiti potevano diventare quasi delle sculture, o degli oggetti di design per ricollegarci a quanto si è già scritto. A tal proposito va ricordata anche la sarta intellettuale Marucelli che intratteneva intensi rapporti con artisti quali Pietro Zuffi, Massimo Campigli, Paolo Scheggi.
Se ancora vi immaginate sulla Lancia di inizio percorso, ora potete scendere e inforcare la Vespa 125, circondati dai capi ideati da Emilio Pucci, ideali per le gite all’aria aperta. Conclude la mostra un omaggio a Renato Balestra, scomparso il 26 novembre 2022: nel suo atelier in via Gregoriana a Trieste, aperto nel 1958, creò un blu iconico e divenne un autentico ambasciatore dello stile italiano.
Marta Santacatterina
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