C’era una volta l’altrove: la frontiera da conquistare, l’Oriente da cartolina raccontato con immagini romanzate e stereotipi a profusione che lo scrittore Edward Said tentava di smascherare nel suo saggio Orientalismo del 1978, i “tristi Tropici” raggiungibili soltanto attraverso lunghe traversate in piroscafo raccontati dagli antropologi… C’era, e non c’è più, perché oggi i luoghi remoti, geograficamente e culturalmente, sono sempre meno. Questa constatazione è stata il punto di partenza della ricerca dei curatori della Venice Design Biennial, la manifestazione dedicata alle espressioni del design contemporaneo che accompagna il primo mese della Biennale di Architettura. Il tema scelto da Luca Berta e Francesca Giubilei per la quarta edizione, che dal 19 maggio al 18 giugno investirà quattro location in diversi sestieri con una mostra collettiva e altri luoghi simbolici della città con una serie di progetti collaterali, è infatti Auto-Exotic, cioè l’esotico che “non si esercita sulla distanza ma sulla differenza nella prossimità” e che ognuno di noi può rintracciare nelle pieghe della propria cultura di appartenenza.
LA CRISI DELLA GLOBALIZZAZIONE E LA RISCOPERTA DEL VERNACOLARE
“Negli ultimi vent’anni molte cose sono cambiate”, spiega ad Artribune Luca Berta. “C’è stato un restringimento del pianeta che ha reso tutto più vicino, più raggiungibile ma anche più accessibile con gli strumenti digitali. Di conseguenza, abbiamo un po’ perso quella fascinazione che una volta esercitavano i luoghi più lontani e misteriosi. Ci siamo trovati senza un altrove da desiderare e la nostra impressione è che molti – artisti e creativi, ma anche persone comuni – si siano ripiegati a cercare queste sacche di fascinazione in luoghi più vicini”. Luoghi in cui si nasconde tutta una serie di saperi antichi, che in un recente passato venivano snobbati poiché percepiti come un retaggio della cultura contadina e che oggi possono invece essere recuperati e valorizzati. A rinforzare questo trend di riscoperta del locale ha contribuito anche l’esperienza del confinamento durante la pandemia, ma secondo i curatori della Venice Design Biennial il fenomeno ha radici più lontane. “Nell’osservare queste dinamiche, in particolare a Venezia che per noi è sempre la lente attraverso la quale guardare ai fenomeni globali, abbiamo ipotizzato che il Covid abbia agito come un catalizzatore di processi che erano già in atto. Per esempio, da tempo si registrava un rinnovato interesse da parte di molti designer per la dimensione artigianale e per il vernacolare” prosegue Francesca Giubilei. Nella maggior parte dei casi, però, in queste pratiche contemporanee la componente nostalgica e retrospettiva va a braccetto con la conoscenza e l’uso delle nuove tecnologie. La designer Anna Resei e l’artista digitale Ada Sokół (che ha firmato una capsule collection di tappeti per Moooi in mostra nella Auto-Exotic Kitchen allestita alla galleria SPARC*), per esempio, saldano un’estetica ispirata alla cultura digitale, con forme e pattern generati dagli algoritmi, a un riavvicinamento alla natura come fonte di ispirazione. Sempre sul versante tessile, Jonas Hejduk ha realizzato un tappeto con un decoro che ricorda le immagini a bassa risoluzione usate nei primi siti web, agli albori di internet, e un’annotazione di errore della macchina.
VENICE DESIGN BIENNIAL. ESOTICO, PER CHI?
Uno degli aspetti più interessanti del concetto di esotismo risiede nella sua relatività. Il designer australiano Trent Jansen, che ha vinto un programma di residenza di un mese a Venezia e verrà a mostrarne gli esiti, vive a due passi da una foresta pluviale e lavora spesso con gli aborigeni. Per lui è stata un’esperienza esotica confrontarsi con il contesto veneziano, in cui la presenza umana è così forte. Il suo pezzo, un cabinet monumentale dal titolo Magistrato al Sal Nero edito da Vetralia Collectible, prende le mosse dal rapporto ambivalente che Venezia ha con il sale: in passato fu proprio il monopolio del suo commercio a porre le basi per la prosperità della città, oggi rappresenta una minaccia per la stabilità delle fondamenta degli edifici e un problema da risolvere. Uno stesso elemento può, infine, essere al tempo stesso esotico e consueto, come nel caso dei tucul, le tipiche cabine col tetto di paglia che punteggiano il litorale veneziano. Nate da un’ispirazione tropicale, sono presenti in laguna dalla fine dell’Ottocento e sono un luogo di ritrovo estivo abituale per famiglie e gruppi di amici. Una di loro, nel contesto molto celebrato dell’Hotel Des Bains, diventerà una location della Biennale ospitando a partire dal primo giugno una selezione di pezzi di design.
Giulia Marani
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