Ecco com’è il padiglione italiano alla London Design Biennale
La mostra “Unseen Collaborations”, curata dalla Triennale di Milano in rappresentanza dell’Italia, approfondisce con gli strumenti dell’arte e del design il lato oscuro dell’epopea delle grandi imbarcazioni del passato, una volta palestra per interessanti collaborazioni creative e oggi relitti inviati dall’altra parte del mondo per essere smaltiti
Affascinanti città galleggianti obbedienti a logiche diverse rispetto alla terraferma e vetrine semoventi per l’arte e il design più raffinati del periodo, i transatlantici e le grandi navi da crociera in funzione tra gli anni Venti del Novecento e il secondo Dopoguerra hanno un posto speciale nell’immaginario collettivo. Come dimenticare, per esempio, la suite dell’Andrea Doria progettata da Gio Ponti e finemente decorata da Piero Fornasetti con disegni ispirati allo zodiaco? Il rovescio della medaglia di quei fasti scintillanti è al centro di Unseen Collaborations, la mostra prodotta da Triennale Milano che rappresenta l’Italia alla Biennale di Design in corso fino al 25 giugno alla Somerset House di Londra. Il tema generale proposto dal direttore artistico Aric Chen, The Global Game: Remapping Collaborations, apre a molteplici interpretazioni di tipo geopolitico che i quaranta espositori provenienti da tutto il mondo hanno esplorato in modi diversi, mettendo in scena alcune delle crisi in corso a livello globale o concentrandosi su singoli elementi architettonici.
IL FINE VITA DELLE GRANDI NAVI ALLA LONDON DESIGN BIENNALE
I curatori del padiglione italiano, Marco Sammicheli e Marilia Pederbelli, si sono concentrati sulle grandi navi del secolo scorso, uno dei primi esempi di sinergia virtuosa tra designer, artisti, ingegneri, artigiani e perfino interi comparti industriali, isolando un segmento particolare della loro vita, quello finale. “Abbiamo voluto rispondere al tema raccontando un aspetto meno noto di un’epopea spesso raccontata nei libri di storia del design, e una serie di collaborazioni misconosciute, taciute o controverse”, spiega Sammicheli. “L’ultima rotta delle grandi navi da crociera termina spesso sulle coste del Pakistan, del Bangladesh, dell’India o di Taiwan, dove vengono dismesse da un esercito di operai ai quali non sono garantiti né il rispetto dei diritti dei lavoratori né le misure minime di sicurezza. Lì, questi grandi manufatti vengono smontati e i pezzi sono rivenduti in grandi mercati a cielo aperto come quello di Chittagong, in Bangladesh”. Portare all’attenzione del pubblico questi processi di smaltimento, dislocati in paesi lontani e discutibili per le loro modalità, sebbene siano improntati alla collaborazione e basati sul riutilizzo di risorse e materiali, intende stimolare la riflessione sul ciclo di vita dei prodotti e ricordare la necessità di calcolare con attenzione l’impatto ambientale di qualunque progetto prima di metterlo in cantiere.
IL PADIGLIONE ITALIA ALLA LONDON DESIGN BIENNALE
In mostra troviamo le opere di artisti e designer scelti secondo criteri non strettamente geografici, dal dittico Steel 6 di Liu Xiaodong, dedicato alle dure condizioni di vita dei lavoratori impiegati nella demolizione delle navi, alla serie di tre maschere Order di Philippe Tabet, oggetti doppiamente simbolici perché la maschera rappresenta nella maggior parte dei casi l’unico presidio di sicurezza a disposizione degli operai e le tre versioni in cui è stata realizzata (in legno compensato, in alluminio e in ceramica) alludono ai tre grandi processi produttivi nei quali vengono reimmessi i materiali di risulta, e due installazioni site-specific commissionate dai curatori a Melania Toma e Davide Trabucco. “Volevamo dare forza a un’idea contemporanea di padiglione nazionale che non deve per forza essere rappresentato da autori e autrici con passaporto italiano”, chiarisce ancora Sammicheli. “Per questo abbiamo scelto di lavorare con un designer francese residente a Milano, per ricordare come la città sia sempre stata una terra ospitale per generazioni di progettisti venuti da tutto il mondo, con una designer italiana che vive a Londra, esemplare di come la cultura degli expat istruisca la scena creativa londinese, con un pittore cinese e con un artista e attivista digitale come Trabucco, che nel suo lavoro crea una serie di rimandi tra le navi da crociera di un tempo e le infrastrutture contemporanee”.
Giulia Marani
Londra // fino al 25 giugno 2023
Unseen Collaborations
Padiglione Italia, London Design Biennale
Somerset House
londondesignbiennale.com
I lavori di Davide Trabucco sono esposti anche nelle vetrine dello store di Kartell in Brompton Road
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati