In occasione del suo centenario, la Triennale di Milano presenta al pubblico Home Sweet Home, una mostra retrospettiva che propone un’attenta analisi intersezionale sull’elemento alla base del vivere e del fare architettura: la casa. Home Sweet Home vuole essere un’occasione di dialogo collettivo sulla tipologia domestica, presentata al pubblico in una sequenza tematica di installazioni site-specific che abitano il Palazzo dell’Arte, sviluppando un omaggio all’evoluzione, al significato, al valore nel tempo e nello spazio che la casa assume nel nostro presente, nelle sue contraddizioni e potenzialità.
La mostra Home Sweet Home a Milano
Ci si addentra senza bussare ad alcuna porta, ma attraversando fisicamente l’uscio di una grande tenda di perline, forse per molti una madeleine de Proust che racconta le case vacanza, le case dei nonni, residenze passate della memoria collettiva.
Lo spazio di Triennale si fa infatti casa per gli interventi di sette studi di architettura e progetti di ricerca intervallati da retrospettive riservate ai lavori di Lacaton&Vassal, Grasso Cannizzo e Diller+Scofidio, nell’intento di creare un compendio del ruolo complesso dell’architetto all’indomani della situazione pandemica, in cui l’elemento della casa ha assunto una polifunzionalità cui non era forse predisposta in precedenza.
Il progetto della mostra si sviluppa su tre macro sezioni che inquadrano i suoi atti fondanti: la prima, Care, identifica gli atti di cura, pulizia, manutenzione del quotidiano e ci viene illustrata con i prototipi di cucine collettive dello studio catalano MAIO, con il “Parlamento delle piante” di Cécile Baumann, paesaggista francese la cui ricerca evidenzia la storia coloniale delle piante che coabitano i nostri spazi. Della seconda sezione, Share, ricordiamo la riflessione di DOGMA sulla tipologia tropicale della casa allungata, ove sotto lo stesso tetto sono armonizzate necessità lavorative e private. La macrosezione Transform, ci accompagna al termine della mostra con l’illustrazione del celebre progetto di riuso del grand ensemble di Bordeaux, operato dal Pritzker duo Lacaton&Vassal, un manifesto di architettura del possibile e del sostenibile.
Una “mostra di mostre” alla Triennale
Home Sweet Home sovrappone un ulteriore livello al tema introducendo specifiche sezioni storiche che presentano riproduzioni di fotografie a disposizione del pubblico: qui la casa è stata oggetto di pensiero nella creazione di quella che la curatrice dell’esposizione, Nina Bassoli, ha definito una “mostra di mostre”.
L’allestimento riflette poi la pluralità di Triennale, grazie all’intervento dello studio Captcha Architecture che, attingendo dall’archivio, presenta dispositivi espositivi di riuso iperstatici e ibridi, in una rilettura contemporanea e attiva del significato di casa.
Sophie Marie Piccoli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati