La storia delle porcellane Ginori in mostra a Milano

Adornarono per secoli le tavole e i palazzi degli aristocratici d’Europa, per poi fondersi con lo stile Art Déco di Gio Ponti. Questa è la loro storia raccontata al Museo Poldi Pezzoli

Scoperta in Europa nel Settecento, la ricetta della porcellana era considerata un segreto preziosissimo, a tal punto da conferirle il nome di “oro bianco”. I manufatti con essa prodotti erano veri gioielli, destinati alle case dell’alta società. Tra le fabbriche di porcellana più prestigiose, la Manifattura Ginori, oggi Richard-Ginori a seguito dell’acquisizione novecentesca, occupa un posto importante. Con i suoi tre secoli di storia, ha contribuito alla diffusione internazionale del Made in Italy ante litteram
Per celebrarne il ricordo, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, in collaborazione con il Museo Ginori di Sesto Fiorentino, ha organizzato una mostra che ripercorre tutta la produzione. Dai primi anni, alla direzione artistica di Gio Ponti. Un’occasione di valorizzazione delle porcellane in collezione, “accostando     le due anime di Carlo Ginori e Gian Giacomo Poldi Pezzoli” – come sostiene la Direttrice Alessandra Quarto.

La storia delle porcellane Ginori

Le origini della Manifattura Ginori risalgono al XXVIII Secolo: epoca in cui in Europa divenne nota la ricetta della porcellana bianca. Prima di allora, questo segreto era stato privilegio degli artigiani dell’Estremo Oriente: terra da cui i manufatti erano stati importati per anni. Finalmente, a inizio Settecento, la tecnica fu scoperta anche in Germania, alla corte di Augusto II. Nel 1710, a Meißen, in Sassonia, cominciò una fiorente produzione di porcellane; il marchese Carlo Andrea Ginori seguì a ruota poco tempo dopo.

La fondazione della Manifattura Ginori

Nel 1737, la Manifattura Ginori aprì i battenti nel piccolo borgo di Doccia, presso Sesto Fiorentino. Accanto alla villa di famiglia, Carlo Ginori costruì quello stabilimento che si occuperà di condurre per tutta la vita. Da esperto di chimica quale era, il marchese supervisionava di persona la scelta delle materie prime; utilizzava solo le terre migliori, provenienti da Vicenza e Montecarlo. La stessa attenzione era riservata alla decorazione di ciascun pezzo. Dai forni uscivano tanto sculture e opere d’arredo, quanto utensili e ornamenti per la tavola. Si trattava di veri capolavori d’arte manuale, finemente modellati o dipinti sulla superficie. L’ideale qualitativo della produzione era così elevato, da spingere Carlo a istituire una vera scuola di arti decorative in loco, con l’obiettivo di formare i futuri operai e artigiani addetti alla produzione. 

L’eredità familiare e il periodo napoleonico

Alla morte di Carlo, l’attività passò nelle mani degli eredi, che portarono avanti la Manifattura con analoga passione e intuito imprenditoriale. La fama delle porcellane Ginori si diffuse oltralpe, raggiungendo (e imitando) le corti europee. 
In epoca napoleonica, lo Stile Impero divenne fonte di ispirazione per i motivi decorativi, che rinnovarono i ricami floreali tradizionali. Lo stesso si può dire del gusto per i paesaggi campestri e per le rovine classiche proprio dell’Arcadia: un ulteriore nuovo soggetto iconografico.  

La nascita della Richard-Ginori e la direzione artistica di Giò Ponti

Dopo più di un secolo e mezzo di attività indipendente, la Manifattura di Doccia si fuse con la fabbrica milanese di ceramiche Richard, portando alla nascita della Richard-Ginori nel 1896. L’epoca d’oro della nuova società fu tra il 1923 e il 1930: periodo sotto la direzione artistica di Giò Ponti, che seppe fondere il gusto classico alla moda contemporanea dell’Art Déco. Le porcellane da lui firmate entrarono nella storia del design italiano, arrivando anche a essere presentate all’Expo Universale di Parigi del ‘25.  

Manifattura Ginori, Vaso con veduta di villa Ginori, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024
Manifattura Ginori, Vaso con veduta di villa Ginori, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024

Le porcellane Ginori in Mostra al Poldi Pezzoli di Milano

Con l’obiettivo di valorizzare la ricca collezione di manufatti Ginori già presenti nelle sale della Casa Museo, il Poldi Pezzoli ospita una serie di porcellane in prestito dal Museo di Sesto Fiorentino, e da altre istituzioni italiane e internazionali. È un’occasione per scoprire l’oro bianco attraverso i suoi tre secoli di storia artistica. La mostra è divisa in quattro sezioni, che ben esemplificano l’evoluzione stilistica e di gusto iconografico attraversata dalla Manifattura, dalle origini fino all’arrivo di Gio Ponti. 

1 – Carlo Ginori e l’Oro bianco

Le prime creazioni uscite dalla fabbrica di Doccia hanno un gusto per il decoro deliziosamente raffinato. Prendendo spunto dai modelli più popolari adottati a Meißen, Carlo Ginori inaugurò la sua produzione di porcellane da tavola. In mostra si possono ammirare vari esempi: dalla zuppiera con mazzetti di garofani, rose e mughetti, alla teiera traforata a fiori a doppia parete. Come si intuisce, i motivi floreali andavano per la maggiore, accanto alle caccine (gruppi di animali) e alle immagini di paesi o scene di genere. Ancora più complessa è la decorazione di una piccola tazzina, dipinta a bassorilievo con una composizione mitologica classica. 

Manifattura Ginori, Laocoonte, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024
Manifattura Ginori, Laocoonte, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024

2 – Il gusto per l’Antico e il Tardo Barocco fiorentino

Con il passaggio del Granducato di Toscana alla dinastia lorenese, l’eredità dei Medici viene raccolta dall’estro creativo della Manifattura. Le produzioni del periodo vedono accostarsi alle porcellane da tavola un’ampia serie di sculture, ispirate alle botteghe del Tardo Barocco fiorentino. In mostra, le creazioni Ginori sono poste in dialogo con i rispettivi modelli: gruppi di bronzo, arricchiti da oro e finiture di lapis. Emblematico è il Laocoonte, accostato al suo archetipo metallico; seducente la menade danzante con tamburello, che si rifà al modello proveniente dallo Studiolo di Francesco I de’Medici. 

3 – L’eclettismo e il gusto per l’esotico

Il terzo periodo risente di influssi artistici dal respiro internazionale, che raggiungono le terre oltre i confini dell’Europa. Due enormi vasi rievocano l’Oriente, riscontrabile nelle forme e nei ricami pittorici. Di diversa geografia culturale è lo stile del servizio da tavola realizzato su commissione del Kedivè Ismail Pascià. Tanto i disegni progettuali di Gaetano Lodi – esposti in mostra accanto alle porcellane – quanto i manufatti finali, rimandano alle terre desertiche di destinazione. 

Richard-Ginori, Cista conversazione classica, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024
Richard-Ginori, Cista conversazione classica, Oro Bianco, Poldi Pezzoli, Milano, 2024

4 – il Novecento e Giò Ponti

Con l’arrivo di Gio Ponti alla direzione artistica della neonata Richard-Ginori, il linguaggio classico si ibrida e si ingloba nell’Art Déco. Questo innesto di Antico nel Moderno è visibile in ognuno dei pezzi firmati dal designer: dai piatti, alle coppette, fino alle iconiche ciste. Particolarissimi i due esemplari realizzati per il celebre giornalista Ugo Oietti, con le statue alla base ad opera dello scultore Libero Andreotti

Emma Sedini

[mostreincittà id=”milano” n=”5″]

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Emma Sedini

Emma Sedini

Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…

Scopri di più