Mentre tutta Milano si anima all’insegna del Fuorisalone, i grandi Musei e gli spazi culturali cittadini inaugurano le loro mostre di punta dell’anno in tema. Design, arredamento, architettura, e persino comunicazione: tante le progettualità indagate nelle diverse esposizioni di questa Design Week 2024. E tantissimi anche i grandi nomi che il ricco menu invita ad approfondire. Alessandro Mendini, Vico Magistretti, Inga Sempé, e molti altri. Si parla di semplicità delle linee giapponesi, di oggetti pensati per i “luoghi del cibo” e della ristorazione, e poi ancora di macchine da scrivere (ovviamente Olivetti) e amore per l’Inghilterra. Ce n’è per tutti i gusti: dalle retrospettive per gli esperti, alle mostre nostalgiche in cui ritrovare pezzi e arredi inaspettatamente familiari. Ecco la nostra guida con la selezione degli appuntamenti più importanti.
Tutta la semplicità del design giapponese all’ADI Museum
Da ICA La riflessione nostalgica sulla casa di Formafantasma da ICA
Il design per “i luoghi del cibo” alla Fondazione Castiglioni
La storia d’amore tra Vico Magistretti e l’Inghilterra
Triennale celebra il grande architetto Cini Boeri
Il “Drago” Alessandro Mendini alla Triennale
Novant’anni di Olivetti a Cesano Maderno
L’elogio dell’imperfezione di Inga Sempé in Triennale
Il 25esimo compleanno del SaloneSatellite in Triennale
Il testamento di Gaetano Pesce alla Biblioteca Ambrosiana
“Qui potrete scoprire tutto quello che ancora non sapete sul design del Giappone” – così commenta Rossella Menegazzo, curatrice della rassegna The Origin of Simplicity, proposta dall’ADI Museum milanese. Un viaggio alle origini del design nipponico, letto attraverso la lente di più di 150 opere. Dai maestri più noti, ormai radicati nella tradizione del Paese – Shirō Kuramata ne è un esempio – fino alle promesse dell’oggi e del domani.
Il percorso è costruito attorno a venti parole chiave e racconta le regole fondamentali dello stile giapponese: semplicità, perfezione, ed equilibrio. Tradizione e saperi millenari, che non rinunciano ad aprirsi al progresso e alle tecnologie più innovative. L’allestimento – pensato come fosse una “foresta in cui passeggiare” dal designer Kenya Hara – invita ad apprezzare tutti questi valori. Gli oggetti, nella loro purezza di linee e materiali naturali (legno, carta, metalli e tessuti), evidenziano il loro posto a metà tra arte e design. Tra artigianato antico, e prodotto destinato all’uso comune.
Origin of simplicity
ADI Design Museum, Milano
Dal 23 marzo al 9 giugno
La stagione primaverile di Fondazione ICA propone una grande mostra di Formafantasma – il duo dei designer Andrea Trimarchi e Simone Farresin – che riflette sul concetto di casa. Un ambiente, la casa, che per i due artisti è prima di tutto un ricettacolo di memorie e momenti ormai lontani: la nostalgia del vedere i propri familiari in salute, e riuniti tutti sotto lo stesso tetto.
Al contempo, però, l’esposizione diventa anche terreno di critica al Modernismo. Alle sue implicite imposizioni politiche e di genere, legate a una visione conservatrice della mascolinità. Le linee promosse dai suoi esponenti – essenzialità compositiva, virilità, raziocinio – hanno finito per imporsi come vere e proprie ideologie diffuse. A scapito del sentimentalismo, dell’ornamentazione: caratteri deboli, vezzosi, che mal si conciliavano con l’ideale di uomo virile. “Il Modernismo” – dicono i Formafantasma – “ha più o meno volontariamente cancellato dallo spazio abitativo tutte quelle componenti, essenzialmente decorative, che contribuiscono alla sensazione di familiarità”.
Ed ecco che le opere pensate per questa mostra, nel loro associare archetipi del mobile moderno – quali ad esempio il tubolare di metallo piegato – a ornamenti artigianali come i motivi floreali dipinti a mano, si oppongono al razionalismo modernista. Un inno a ritrovare quel gusto nostalgico per tutti quegli ornamenti che, in fin dei conti, sono ciò che crea davvero il senso di familiare accoglienza in una casa.
La casa dentro
Fondazione ICA, Milano
Dal 10 aprile al 19 luglio 2024
La tavola, i ristoranti, i self-service all’americana. Tutti “luoghi del cibo” che hanno sempre catturato l’interesse dei designer Castiglioni. Non tanto perché fossero dei grandi mangiatori, quanto per il loro essere affascinati dalla ritualità. Riti tradizionali – tutto quanto legato alla convivialità dei pasti – e riti imposti dagli orari e dalle esigenze della nuova società.
La mostra, organizzata dalla Fondazione Achille Castiglioni per la Design Week 2024, indaga quest’ambito progettuale raccontando gli ambienti della ristorazione realizzati tra gli Anni Cinquanta e Settanta. Ambienti che, in molti casi (come è vero per la la birreria Splügen Brau), non esistono più: archeologie architettoniche che permettono però di rivivere le atmosfere di allora. Si crea così il contesto adatto a comprendere la portata geniale e innovativa delle soluzioni messe a punto dai fratelli Castiglioni, nei sette progetti presentati in esposizione. A risaltare è soprattutto il fatto che ogni dettaglio del design gastronomico sia improntato all’efficienza. A servire il cliente, a servire lo spazio, e a servire… a chi serve. In mostra, molti dei loro progetti, inizialmente pensati su misura per risolvere le richieste e le domande di un locale in particolare, e poi estesi su scala industriale. Come le lampade Splugen, poi prodotte da Flos, o la sedia Castiglietta, poi Zanotta.
Progetti per servire, i Castiglioni e la ristorazione
Fondazione Achille Castiglioni, Milano
Dal 16 aprile 2024 al 10 febbraio 2025
Può essere davvero definita una storia d’amore, quella che la Fondazione studio museo Vico Magistretti racconta nei suoi spazi milanesi. Un amore che, per il designer milanese, andò ben oltre la sfera progettuale. Arrivato a Londra come professore al Royal College of Art nel ‘59, rimase affascinato dalla cultura e dalla vita che si respirava oltre la Manica. “La cultura inglese è in grado di suggerire ribaltamenti di significato, accostamenti a sorpresa. Nella tradizione britannica si intrecciano il senso della necessità e l’amore per la realtà” – queste sono alcune delle parole utilizzate da Magistretti per esprimere la propria ammirazione.
Come illustra questa grande esposizione, l’amore del designer per l’Inghilterra divenne presto fecondo, traducendosi in progetti dalle linee, forme e materiali che riflettono profondamente il gusto britannico. Come il tavolo Caori, basato sull’idea di riduzione e semplificazione, o il divano Raffles, dalla seduta profonda, accogliente e rilassata.
Il Magistretti inglese
Fondazione Vico Magistretti, Milano
Dall’11 aprile 2024 al 27 febbraio 2025
In occasione del centenario dalla nascita di Cini Boeri, Triennale Milano e l’Archivio Cini Boeri dedicano un’esposizione a questo grande nome dell’architettura e del design al femminile. Allestita all’interno degli spazi della Biblioteca di Parco Sempione – edificio simbolico, pensato come luogo di cultura e socializzazione – la mostra illustra la sua figura attraverso progetti e materiali d’archivio. Emerge così l’immagine di questa donna così forte, che riuscì ad affermarsi in campo architettonico, pur vivendo in un periodo storico in cui questa professione era ancora vista come mestiere da uomini.
Laureatasi al Politecnico nel 1951 – a soli due mesi dall’aver visto nascere uno dei suoi figli – mosse i primi passi nello studio di Gio Ponti. Non si fece scoraggiare dai pregiudizi di quest’ultimo (convinto che le donne si dovessero occupare di pittura, e non fare gli architetti), ma ne assorbì piuttosto gli insegnamenti, continuando per la sua strada. Da Ponti, passò a lavorare per Marco Zanuso, il quale le diede spazio sufficiente per decollare e aprire uno studio tutto suo.
Il percorso espositivo avvicina il pubblico allo storia e allo stile progettuale di Cini Boeri. Uno stile che guarda e rilegge gli insegnamenti dei suoi due grandi maestri, incentrando l’attenzione sui bisogni e sulle necessità degli utilizzatori finali.
Cini Boeri
Biblioteca di Parco Sempione, Milano
Dal 15 al 28 aprile 2024
È un altro grande nome del design italiano, quello celebrato all’interno del Cubo di Triennale Milano. Alessandro Mendini. Il percorso espositivo – costituito dalla retrospettiva e da un’installazione a parte – conta più di 400 opere, riunite sotto il titolo emblematico di Io sono un drago. Questo riprende uno degli autoritratti che più lo caratterizzano, e suggeriscono l’eclettica complessità della sua figura. Un personaggio unico, a cavallo tra arte, design e architettura.
La mostra cerca di dare una visione di continuità alla progettualità apparentemente eterogenea di Mendini, mettendone in luce la sua prospettiva sul mondo. Una prospettiva empatica nei confronti della vita quotidiana, poetica quanto basta da trasformare la banalità di tutti i giorni in un’occasione di sorpresa continua. Sei i nuclei tematici dell’esposizione: dall’Identikit con i suoi autoritratti, fino alle Stanze: ricostruzione di tre camere progettate da lui, in cui i sogni, gli incubi e le citazioni si mescolano tra loro.
Due passi fuori città – a Cesano Maderno – Palazzo Arese Borromeo ospita un viaggio interessante alla riscoperta di Olivetti e di tutto il suo mondo di grafica, comunicazione e progettualità.
Il ricchissimo percorso comprende più di 500 pezzi, tutti provenienti dalla collezione privata di Alessandro Santero. Bozzetti, cataloghi, brochure, manifesti. Libri aziendali e libretti di istruzioni. Oggetti parlanti: pieni di storia del design e del saper fare italiano, riuniti sotto il marchio Olivetti. La copertina disegnata da Bruno Munari per il volume 25 anni di Olivetti del ‘33 ne è un esempio, accompagnata dalle immancabili macchine da scrivere. Icone di un’epoca, emblema dell’imprenditoria del nostro Paese, qui rappresentate da modelli storici e intramontabili come la Valentine, progettata dal grande Ettore Sottsass.
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“Sono stufa delle case perfette che si vedono sulle riviste” – commenta la pittrice e grafica danese Inga Sempé, interrogata a proposito del titolo della nuova mostra che la vede protagonista. La casa imperfetta: rassegna presentata all’interno della Design Platform del Museo del Design Italiano di Triennale. 150 metri quadri espositivi, in cui è stato ricreato un finto appartamento che raccoglie molti degli oggetti da lei disegnati negli ultimi ventitré anni di lavoro. Ingresso, bagno, salotto, camera da letto, studiolo e cucina. Tutto un po’ imperfetto, per contrastare la noia e la monotonia che ormai troppo spesso dominano nell’interior design.
Citando le parole del direttore Marco Sammicheli, si tratta di una mostra pensata come una “partita di cluedo”. C’è una casa vuota, quasi fosse appena stata lasciata dagli abitanti. E i visitatori sono invitati a entrare, a esplorare, toccare – e persino sdraiarsi sul divano – tra gli oltre 200 pezzi disegnati da Sempé. Gli unici indizi? Una legenda disponibile all’inizio del percorso, per orientarsi con libertà tra i lavori della designer.
La casa imperfetta
Triennale, Milano
Dal 15 aprile al 15 settembre 2024
Il SaloneSatellite della Triennale – fondato da Marva Griffin Wilshire nel 1998 – spegne quest’anno ben 25 candeline. Un quarto di secolo che è stato fonte di fortunatissimi prototipi di design di successo, ma anche di incontri, associazioni, relazioni e dialoghi. Per questa occasione, il Museo milanese gli dedica una mostra – Universo Satellite, curata da Beppe Finessi – che raccoglie una selezione dei pezzi più iconici e senza tempo, emersi in questi anni. Ma c’è di più: attraverso disegni, progetti e documenti, il percorso permette di apprezzare a pieno il valore del SaloneSatellite in quanto agorà di scambio e indagine sull’abitare contemporaneo. Una piattaforma aperta alle nuove generazioni di designer, che ha fin da subito accolto le idee dei giovani professionisti under 35, appena usciti dalle scuole di formazione e desiderosi di entrare nel pieno del mondo del lavoro. Come si può notare dalla qualità dei pezzi presentati in mostra, il ruolo di talent-scouting di questa sezione del Salone ha dato i suoi frutti. Molti dei prototipi sono infatti entrati in produzione, e altrettanti (allora giovani) protagonisti sono oggi nomi di fama internazionale.
Universo Satellite
Triennale, Milano
Dal 16 al 28 aprile 2024
Il grande Gaetano Pesce, morto lo scorso 4 aprile all’età di 84 anni, lascia un’ultima grande mostra alla città di Milano per questo Fuorisalone 2024. L’allestimento è in un luogo d’eccezione: un primo assaggio con l’installazione monumentale L’uomo stanco in Piazza Pio XI – immagine della stanchezza etica del vir moderno – e il corpus principale di lavori all’interno della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. L’Atrio e la Sala delle Accademie diventano dunque teatro dell’esposizione Nice to see you, che comprende opere realizzate dal maestro spezzino a cavallo tra il 2023 e il 2024. La dimostrazione tangibile di come Pesce abbia portato avanti fino all’ultimo la sua attività progettuale fatta di colore, auto-ironia e denuncia sociale. “L’equivalente architettonico di un brainstorm permanente” – così lo definì il critico Herbert Muschamp, sottolineando l’estro inimitabile di questo esponente del design radicale italiano, divenuto celebre a livello internazionale. Le sue opere sono infatti esposte in musei di tutto il mondo: dal MOMA, al Met, al Centre Pompidou parigino.
La mostra all’Ambrosiana, oltre ai progetti più recenti, propone anche alcuni pezzi emblematici, che ricordano al pubblico la sua passione per i materiali gelatinosi: le resine colorate, gli elastomeri, le schiume poliuretaniche. Un tripudio pop carico di vitalità, ironia e graffiante valore politico.
Nice to see you
Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Milano
Dal 15 al 23 aprile 2024
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Tutta la semplicità del design giapponese all’ADI Museum
Da ICA La riflessione nostalgica sulla casa di Formafantasma da ICA
Il design per “i luoghi del cibo” alla Fondazione Castiglioni
La storia d’amore tra Vico Magistretti e l’Inghilterra
Triennale celebra il grande architetto Cini Boeri
Il “Drago” Alessandro Mendini alla Triennale
Novant’anni di Olivetti a Cesano Maderno
L’elogio dell’imperfezione di Inga Sempé in Triennale
Il 25esimo compleanno del SaloneSatellite in Triennale
Il testamento di Gaetano Pesce alla Biblioteca Ambrosiana
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Emma Sedini
Etrusca e milanese d'origine in parti uguali, vive e lavora tra Milano e Perugia. È laureata in economia e management per arte, cultura e comunicazione all'Università Bocconi, e lì frequenta tutt'ora il MS in Art Management. Nel frattempo, lavora in…