La tradizione del design italiano si confronta con quella giapponese nella mostra Origin of Simplicity. 20, visions of Japanese Design: un percorso nato dalla ricerca di Rossella Menegazzo, professoressa di Storia dell’arte dell’Asia Orientale all’università degli studi di Milano e tracciato dal celebre designer e curatore giapponese Kenya Hara. La mostra dispiega al pubblico le plurali definizioni del concetto di semplicità, nella cornice espositiva dell’ADI Design Museum.
Il design giapponese secondo la curatrice Rossella Menegazzo
“La semplicità nasce proprio da una profonda aderenza delle forme alla natura, quasi un tentativo di preservare quella sacralità insita in ogni elemento che il pensiero animistico shintoista porta con sé, gettando le basi della cultura giapponese” commenta la curatrice Rossella Menegazzo. Il tema della ricerca espositiva, l’origine del concetto di semplicità, costituisce per la cultura giapponese un elemento identitario e pregno di significati: si passa dal vuoto (ku), spazio o silenzio (ma), o ancora povertà (wabi) legata poi all’idea dell’usura del tempo (sabi) o ancora asimmetria, imperfezione, l’indefinito..
Radicato nella spiritualità orientale, che traccia un percorso trasversale tra buddismo e il pensiero zen, il tema della semplicità si propone come filo rosso attraverso il quale viene concepita e presentata l’esposizione: Il progetto allestitivo, firmato dal designer Kenya Hara, presenta negli spazi dell’ADI Design Museum venti concetti chiave per restituire al pubblico una panoramica della tradizione del design giapponese dai suoi albori sino ad oggi, attraverso 150 oggetti originali, alcuni dei quali per la prima volta esposti in Italia.
La mostra sul design giapponese da ADI Design Museum
La ritmica del percorso si articola nel mezzo di una foresta bianca, realizzata attraverso venti elementi totemici in legno che Kenya Hara definisce alberi, attorno ai quali le opere vengono disposte in accostamenti sviluppati secondo una logica semantica. Primitivo, naturale, annodato, pieghettato, moltiplicato, forgiato, riciclato sono solo alcuni delle parole attorno alle quali vorticano gli oggetti della tradizione del design giapponese, in un’equilibrata ibridazione tra artigianato e prodotto industriale, tecnica e tecnologia, naturale ed artificiale.
Il design giapponese a Milano Il tema della seduta si apre al pubblico in variegate espressioni: esposta l’originale Butterfly Stool, sviluppata nel 1954 da Sori Yanagi, un oggetto dove la modernità della lavorazione del legno incontra la purezza della forma, o ancora la prima versione della Tatamiza di Kenya Hara, seduta da terra in legno piegato, un oggetto inscindibile dalla cultura nella quale è nato. La materialità emerge nella sua forma più naturale, raccontato attraverso la Tea Ceremony Chair presentata nel 2010 dal designer Hiroki Takada, che trasforma la tradizionale forma della frusta per le cerimonie del tè in una seduta avvolgente realizzata interamente in bambù.
Nella sezione Trasparente, sarà invece possibile avvicinarsi alla sedia Compasso d’oro Ghost, sviluppata nel 1987 da Cini Boeri e Tomu Katayanagi, accanto ad uno dei primi esemplari dell’iconico Coffee Table di Isamu Noguchi, manifesto di semplicità biomorfa sviluppato nel 1944. Pieghettato racconta la tradizione della piegatura della carta attraverso il Paper Waste Basket, di Keiko Hirano o la piegatura del tessuto, con la lampada IN- EI di Issey Miyake Design Studio + Reality Lab, realizzata per Artemide nel 2012.
Design e cerimonie del the a Tokyo
Supportata dalla Ishibashi Foundation di Tokyo, la mostra accosta con naturalezza cucchiai per il tè del XVII secolo alle lampade AKARI di Isamu Noguchi, evidenziando così la continuità di pensiero che li unisce e li lega alla dimensione naturale.
Lo spazio industriale del Museo del Compasso d’oro, costellato delle più celebri espressioni del design italiano, dalla Fiat Uno alle indimenticabili forme di Franco Albini, crea uno scenario di contrasto dinamico ed equilibrato per le narrative dei maestri considerati “tesori nazionali viventi”, intangible heritage del design giapponese.
Sophie Marie Piccoli
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