Una vetrina sul mondo onirico di Piero Fornasetti. La mostra a Bologna

L’ornamento non è un delitto. La mostra che Garage Bentivoglio dedica a Piero Fornasetti è il simbolo di un amore – quello per il decorativismo – che parla del design come libertà d’essere

Con Piero Forsanetti. L’utile e il dilettevole, 1953 – 1977, a cura di Davide Trabucco, garage Bentivoglio – la project room di Palazzo Bentivoglio che da oltre un anno ospita esposizioni mensili dedicate all’arte e al design – omaggia quel pensatore laborioso, artigiano, dotto, ossessivo, intransigente, vulcanico e anticonformista che fu Piero Fornasetti (Milano, 1913 – 1988). Nel cuore di Bologna, in via del Borgo di San Pietro 3A, dal 17 ottobre al 9 novembre, vassoi, scatole, posaceneri, libri, dadi sparsi nello spazio raccontano l’intuizione geniale del loro creatore: produrre, in modo industriale, oggetti di uso quotidiano arricchiti da decorazioni capaci di portare l’arte nelle case di tutti. 

Un artista rinascimentale. Chi era Piero Fornasetti 

Ci sono persone che la libertà d’essere ce l’hanno nel sangue. Un desiderio insopprimibile che scalcia per emergere – come una sorta di imperativo categorico –, a discapito di urla, piatti rotti e genitori scontenti. E scontento il padre di Piero Fornasetti lo era di sicuro quando il figlio, ancora giovanissimo, si oppose con forza a un futuro già tracciato, a quel posto assicurato nell’azienda paterna. Questa vena di ribellione e la passione per l’arte lo portarono in tutt’altra direzione, a modellare un mondo in cui gli arredi non erano più semplici oggetti funzionali, ma espressioni della personalità e dello stile di vita dei loro proprietari. Designer, decoratore, pittore, curatore e stampatore: Fornasetti probabilmente non concorderebbe con questa definizione, in linea con il suo spirito sovversivo. “Non voglio essere chiamato designer”, diceva, categorico. “Io sono un rinascimentale europeo, senza tempo, senza stile, senza epoche”. Le sue ispirazioni, infatti, provenivano da affreschi rinascimentali, libri d’arte, vecchie stampe, litografie, pitture pompeiane e metafisiche. 

Un codice espressivo immediatamente riconoscibile 

Negli Anni Quaranta, dopo aver aperto una stamperia, avviò il suo Atelier, oggi conosciuto come Casa Fornasetti, fucina creativa e archivio dei suoi oltre 13.000 pezzi guidata dal figlio Barnaba, erede in pieno del suo stesso temperamento ribelle. Tuttavia, il cammino di Piero non fu privo di ostacoli. La sua idea decorativa emerse in un periodo di ostracismo nei confronti della decorazione. Ma, grazie alla sua stessa caparbietà e alla stretta collaborazione con Gio Ponti, il codice espressivo “made in Fornasetti” diventò ben presto immediatamente riconoscibile: ornamentale ma mai lezioso, eccentrico e teatrale ma con un occhio di riguardo alla funzionalità. “Fornasetti si misura solo con il metro di Fornasetti”, scherzava Bruno Munari

Le parole del curatore Davide Trabucco 

Il metodo creativo di Fornasetti, folle e pratico allo stesso tempo, alternava temi ricorrenti come carte da gioco, animali, capitelli, colonne e il volto di Lina Cavalieri, cantante lirica vissuta a cavallo tra Otto e Novecento e musa ispiratrice di Piero. Le immagini poi venivano manipolate, rovesciate, assemblate e tagliate in nuovi pastiches. “Molto prima di Tumblr e di Pinterest”, spiega il curatore Davide Trabucco, “Fornasetti colleziona le cose a lui più contemporanee, ovvero le immagini, e le trasforma in merce; i modelli antichi si trasformano in nuove figure, spesso replicate in numerose varianti, e il già visto diventa novità”.

Cecilia Moltani

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Cecilia Moltani

Cecilia Moltani

Cecilia Moltani è nata a Lecco. Dopo aver conseguito una laurea triennale in Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano e una laurea magistrale in Comunicazione, Informazione ed Editoria presso l’Università degli Studi di Bergamo inizia a scrivere di design,…

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