A Milano arriva la mostra di design con le cucce per cani d’autore
Sempre più vicini, occhi negli occhi, e sempre più simili: sono l’uomo e il suo migliore amico, al centro del progetto “Architecture for Dogs” del designer giapponese Kenya Hara. Che per la prima volta approda in Italia con due nuovi pezzi di Piero Lissoni e Giulio Iacchetti
Quando parliamo di architettura e di design, nella quasi totalità dei casi parliamo di qualcosa che nasce attorno al corpo umano e per il corpo umano. Dall’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci al Modulor di Le Corbusier e oltre, progettiamo usando noi stessi come unità di misura e raramente, se non affatto, ci chiediamo come le case in cui viviamo e gli oggetti che le popolano possano apparire ai nostri “coinquilini” pelosi: gli animali domestici, sempre più numerosi e sempre più amati e coccolati ma di fatto quasi ininfluenti nella progettazione dell’habitat domestico.
Il progetto “Architecture for Dogs” e la mostra a Milano
Dodici anni fa, agli albori del progetto Architecture for Dogs, il designer giapponese Kenya Hara (tra le altre cose direttore artistico del brand Muji) ha chiesto a una serie di architetti e designer di fama internazionale di uscire dall’ottica antropocentrica alla quale siamo abituati cambiando scala e prospettiva. Ha visto la luce così una collezione di arredi che mettono al centro il cane e i suoi bisogni, e che sarebbe riduttivo definire “cucce” poiché si tratta più che altro di rifugi, cocoon o microarchitetture capaci di integrarsi con grazia negli spazi degli umani. Oggi queste opere arrivano per la prima volta in Italia, all’ADI Design Museum, dove resteranno in mostra fino 16 febbraio 2025.
L’Hangar per cani di Piero Lissoni e il “Dog pavillion” di Giulio Iacchetti
Per l’occasione, la collezione si è arricchita di due nuovi pezzi progettati da due designer italiani, Piero Lissoni e Giulio Iacchetti. Il primo ha immaginato un Hangar minimalista di legno con una copertura curvata e rivestita di metallo che ricorda quella dei capannoni dove dormono gli aerei tra un volo e l’altro. “Il nostro studio è aperto agli animali domestici e li vediamo spesso andare a infilarsi sotto i tavoli o le panche per riposare, per questo abbiamo pensato di offrire loro uno spazio sicuro e invitante dove poter ‘atterrare’ in attesa del prossimo decollo”, racconta Francesco Canesi Lissoni, presente all’inaugurazione in rappresentanza del padre. Giulio Iacchetti, non avendo animali domestici, ha attinto a un immaginario artistico e creato una struttura simile a una “tenda da campo” da salotto per quello che secondo lui è il cane per antonomasia, il levriero italiano. “Per me è un cane rinascimentale perché è spesso presente nei dipinti di quel periodo, oltre a essere estremamente ben disegnato. Quindi ho pensato a un rifugio degno di lui, ispirato a quello che si vede nel Sogno di Costantino di Piero della Francesca”, spiega il designer.
Un cambio di paradigma nel rapporto tra umani e animali
Il design pet-centered proposto da Kenya Hara e messo in pratica dai progettisti che lo hanno seguito, per quanto ironico e giocoso, non è un divertissement fine a se stesso perché permette di affrontare una questione sociologica importante. Il nostro rapporto con gli animali è molto cambiato nel tempo e tende sempre più all’orizzontalità, a diventare cioè una relazione tra pari. “Oggi un italiano su tre vive con un animale domestico e le statistiche ci dicono che spende in media 800 euro l’anno per il suo mantenimento”, ci ricorda il presidente dell’ADI Luciano Galimberti. “C’è uno slittamento culturale che non possiamo ignorare, in particolare per quanto riguarda l’importanza che diamo ai nostri amici pelosi e il rispetto che portiamo nei loro confronti. Anche qui da noi le porte sono aperte per i cani, e siamo uno dei pochissimi musei a farlo”.
Tunnel, bistecche e santuari domestici nel progetto “Architecture for Dogs”
Se gli animali domestici sono nostri pari grado, chi progetta per loro deve avere le stesse accortezze che si hanno normalmente per le persone e il medesimo livello di cura. Anche le forme diventano così più fantasiose, allontanandosi dal classico tappeto o cuscino buttato in un angolo del salotto o dalla cuccia a casetta di cui comunque il bracchetto più famoso dei fumetti, Snoopy, aveva già cominciato a fare un uso creativo preferendo il tetto all’interno. Il D – Tunnel disegnato dallo stesso Hara per un barboncino “teacup” contiene una scala e una sorta di terrazzino sopraelevato che porta l’ospite scodinzolante all’altezza giusta per trovarsi faccia a faccia con una persona seduta in poltrona, una metafora progettuale del “mettere l’uomo e il cane sullo stesso piano” al centro di Architecture for Dogs.
Il tappeto ideato dall’architetto cinese Ma Yansong è tradizionale nella fattura, a mano con fili di lana, ma riproduce l’aspetto e la consistenza di una bistecca al sangue. Konstantin Grcic va oltre, e solletica la tendenza di molti proprietari di cani a umanizzare i loro amici a quattro zampe realizzando una sorta di altarino con specchi e luci pensato per un barboncino desideroso di ammirare il proprio aspetto curato. In alcuni casi l’oggetto cumula due funzioni, una per il cane e l’altra per l’uomo. Il cocoon firmato dallo studio brasiliano FGMF, per esempio, è un bozzolo morbido con un cuore in cartone tagliato al laser rivestito in feltro o neoprene sospeso all’intero di una struttura rigida che può essere usato come tavolino o consolle. La struttura reticolare progettata da Sou Fujimoto non accoglie soltanto la ciotola del cane ma anche libri e piante, come se fosse una grande mensola. Nonostante comprenda pezzi firmati da alcuni tra i più grandi nomi dell’architettura e del design, la collezione sviluppata nel corso degli anni da Kenya Hara è democratica e in divenire: chiunque può, infatti, scaricare le schede tecniche delle microarchitetture e costruirle o farle costruire da altri, mentre una postazione alla fine del percorso della mostra permette ai visitatori di lasciare i loro schizzi e proposte.
Giulia Marani
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