
Sono state oltre 200 le attivazioni e gli appuntamenti – tra mostre, eventi, installazioni, lecture, aperture straordinarie di studi e showroom – che hanno composto il palinsesto dell’edizione di quest’anno del Madrid Design Festival dal 6 febbraio al 15 marzo con poco meno di 300 mila visitatori. Organizzata da La Fábrica, la manifestazione trasforma ogni anno la capitale spagnola rendendola un punto d’incontro trasversale tra tutte le discipline e gli attori del comparto: grafica, digitale, moda, prodotto, illuminazione, architettura presentate come forza trainante del cambiamento nell’industria, nell’artigianato, nell’urbanistica e nei servizi. Fin dalla prima edizione, il Festival ha infatti raccolto i segnali di una città caratterizzata da un atteggiamento aperto, creativo e contemporaneo, capace di reinventarsi. “Il design è molto più che un segno dell’identità di Madrid. È parte della sua natura” ha spiegato Álvaro Matías, direttore del Festival. “In tutti questi anni, ci siamo impegnati a presentare il meglio del design internazionale, a rivendicare il posto della nostra città e del nostro Paese sulla mappa, e a proiettare la ricchezza di una città e di un ecosistema creativo unico che sta ridisegnando costantemente, da molteplici prospettive, una città formidabile“.
Attraverso lo slogan Riprogettare il mondo, il festival ha messo a sistema differenti agenti creativi ed esempi in cui il design mostra il suo potere trasformativo, le buone pratiche, le iniziative e i progetti di responsabilità verso la società e l’ambiente, che rivelano come possa – e debba – essere uno strumento essenziale per affrontare le molteplici sfide di un mondo in costante evoluzione. Una disciplina capace di anticipare, di essere il punto di partenza di ogni cambiamento strutturale e la risposta ai problemi più complessi. Con un focus sull’artigianato: anche se spesso, ci viene da dire, gli output finali e i set up delle ricerche presentate non sono stati all’altezza dei processi raccontati.
Uprooted – Jorge Penadés
C’è chi per omaggiare il decimo anniversario del proprio studio investe in costose monografie autocelebrative e chi, come Jorge Penadés (Málaga, 1985), noto per il suo impegno verso un design consapevole e il riutilizzo innovativo dei materiali, sceglie invece di presentare un progetto personale e particolarmente sentito. Parliamo di Uprooted, iniziativa poliedrica — in parte ricerca, in parte esercizio di design — che esamina in modo critico le complesse narrazioni legate all’industria dell’olio d’oliva in Spagna. Il progetto esplora infatti, attraverso un’indagine approfondita, temi come la coltivazione, l’estrazione e lo sfruttamento, analizzando i materiali (le radici in particolare, più che i tronchi), i processi e le storie che ne emergono. La mostra, curata da Seetal Solanki e presentata in un’ ex officina, integra una collezione di pezzi, la ricerca fotografica realizzata dal fotografo Max Creasy e una serie di installazioni non convenzionali che esplorano il concetto di “material interview”. Novantanove domande, diceci risposte e sette oggetti, funzionali e scultorei, frutto di quella filosofia del design che preferisce valorizzare il profondo coinvolgimento con i materiali piuttosto che la standardizzazione industriale: due sedute, uno sgabello, una libreria, una lampada da parete, delle mensole, un coffee table.
Lucas Muñoz per Sancal
Nonostante questo non sia un intervento specificatamente pensato per il MDF, va raccontato. Parliamo della collaborazione del designer Lucas Muñoz con il brand Sancal per la loro nuova sede di Madrid, uno spazio ibrido, a metà tra un ufficio e uno showroom, una CO-mmunity, un LAB-oratorio. Fondendo sostenibilità e design, insieme hanno infatti trasformato il quarto piano dello storico edificio O’Donnell 34 realizzato nel 1966 dal mitico architetto madrileno Antonio Lamela in un laboratorio creativo. Un progetto caratterizzato da quattro R – rispettare, recuperare, riparare e ridefinire – che promuove la circolarità attraverso il riutilizzo quasi totale dei materiali e il riassemblaggio degli elementi preesistenti, un ambiente dinamico che incoraggia la scoperta di nuove metodologie di approccio alla ristrutturazione degli spazi. Il lavoro di Muñoz del resto abbraccia vent’anni di trasformazioni e reinterpretazioni, sia di oggetti che, più recentemente, di spazi. Il suo approccio al design è sempre contestuale, combinando il concetto di materiale con la storia di ogni luogo per plasmarlo come se fosse un oggetto: dalla creazione di mobili, maniglie per porte e lampade nel suo laboratorio, alla sperimentazione della ri-materializzazione dei rifiuti edili e all’ideazione di progetti di design, sistemi di illuminazione e audio.









La luz de Coderch
Amico dei più grandi – da Richard Neutra ad Alvar Aalto a Gio Ponti, da Picasso a Duchamp – José Antonio Coderch de Sentmenat (1913-1985) è stato un maestro dell’architettura spagnola e un riferimento internazionale per la sua capacità di ridefinire la modernità da una prospettiva mediterranea. Ma anche per aver compreso l’essenza della luce, dei materiali e dell’ambiente creando opere che dialogano con la tradizione e la natura. Per questo, in occasione dei 70 anni del suo progetto di illuminazione più iconico, la lampada DISA, Diseño Interior Magazine – in collaborazione con la società TUNDS EDITORES, SL, fondata da Rafael Salvador, pronipote dell’architetto – ha curato una piccola e raccolta mostra monografica, un omaggio intimo con disegni tecnici e prototipi (imballaggi inclusi), allestito all’interno dell’edificio ottocentesco oggi Only You Boutique Hotel di Barquillo. Con DISA Coderch non solo ha concepito una luce che esteticamente evoca il bagliore tremolante di un caminetto, ma l’ha progettata per essere assemblata senza attrezzi, utilizzando un sistema di inserimento e filettatura. Le lamelle di legno nascondono la struttura interna e, una volta smontata in cinque elementi, la lampada entra in una scatola piatta e facilmente trasportabile. E questo nel 1954!
La mostra La Línea Sueña a Madrid
É ancora la luce, ma soprattutto in relazione al suo rapporto con lo spazio, la protagonista della mostra immersiva aperta fino al 20 aprile al Teatro Fernán Gómez Centro Cultural de la Villa. A cura di Javier Riera, La Línea Sueña presenta il lavoro di 45 designer attraverso 70 opere organizzate intorno a diversi blocchi tematici: Luce nel paesaggio, Elogio della penombra, Luce, forma e materia, Luce sostenibile e Il bagliore che passa, quest’ultimo dedicato al campo dell’installazione. La mostra, progettata da Studio Animal, è sostenuta da Cosentino e dalla rivista ROOM e fa riferimento all’idea di Paul Klee del disegno come attività che collega il mondo interiore e la realtà, una metafora che viene trasferita alla luce come traccia nello spazio. Qualche nome? Davide Groppi, Michael Anastassiades, Marre Moerel, Jana Toothill, Draga & Aurel, Sabine Marcelis, Mayice, Studio Élémentaires, Héctor Serrano, Antoni Arola, We+ Amarist, Massimiliano Moro, Max Milá, Lucas Muñoz, Álvaro Catalán de Ocón. “Tutte le opere riunite si distinguono per l’innovazione e la capacità di trasformare gli spazi attraverso la luce, basandosi su diversi modi di sentire e costruire elementi destinati a illuminare l’ambiente circostante. Così, temperatura, saturazione e intensità si traducono in elementi emozionali, evidenziando il potere artistico della luce: la luce come elemento intangibile che ci tocca e penetra nella nostra psicologia ben oltre la pelle”, afferma il curatore della mostra, Javier Riera.
Mujer x Mujer – Design in Transition
Nell’ambito dell’idea di voler offrire un festival diffuso sul territorio, che abbracci anche destinazioni meno battute, nel quartiere Prosperidad _2B space to be – lo spazio espositivo dello studio di architettura e design Moneo Brock – ha presentato Mujer x Mujer – Woman X Woman: Design in Transition, una mostra collettiva curata da Marisa Santamaría che esplora il design industriale da una prospettiva femminile, presentando diversi pezzi rappresentativi di rinomate designer internazionali: Raffaella Mangiarotti, Jade Purple Brown, Inga Sempé, Birgitte due Madsen, Charlotte Lancelot, Fumie Shibata. Avviato nel 2019, questo progetto continua a sostenere le donne nel campo del design, celebrando i loro risultati e il loro impatto su una disciplina in costante evoluzione, promuovendo un dialogo aperto sul ruolo femminile nel design e nell’architettura nel XXI Secolo.
Berlino: la guest city di Madrid Design Festival
Berlino, città ospite di questa edizione del festival, ha presentato la propria scena creativa con una mostra collettiva che rappresenta sia studi affermati che giovani designer. Gemellata con Madrid e riconosciuta come Capitale del Design dall’UNESCO dal 2006, la capitale tedesca, che ospita più di 5.000 studenti di design e i prestigiosi iF Design Awards dal 1953, è uno dei poli più creativi d’Europa. Con circa 13.000 aziende e un fatturato di 7,2 miliardi di euro, il design è un fattore economico rilevante per Berlino, con circa 26.000 posti di lavoro. Per questo Fiesta Design – allestita presso il Institución Libre de Enseñanza dal rinomato Studio Gonzalez Haase AAS – mette in scena i lavori di studi molto diversi tra loro, come Miriam Umin, Pascal Hien, Paleworks, Tina Roeder, 032c, Matylda Krzykowski, Illya Goldman Gubin. Inoltre, il noto light designer Frank Oehring – che da oltre vent’anni, nel suo studio di Kreuzberg con Elisabeth Lux crea oggetti all’incrocio tra arte, architettura e design – ha presentato un’installazione della sua scultura luminosa del mitico ICC Berlin.
La mostra Oro Blanco di Wool 4 Life
Quest’anno il festival ha puntato i riflettori sulla situazione critica della lana in Spagna, mettendo in evidenza il suo ruolo storico e il suo potenziale di risorsa sostenibile. Conosciuta come “l’oro bianco”, la lana ha rappresentato un pilastro economico e culturale che collegava comunità rurali, artigiani e designer. Tuttavia, oggi il panorama è sconfortante: appena l’1% delle fibre tessili a livello globale è costituito da lana e il 90% di quella prodotta in Spagna viene sprecata, generando perdite economiche. Partendo da questa realtà, MDF25 ha cercato di responsabilizzare gli attori coinvolti, di rendere visibile il loro lavoro e di dimostrare come il design possa essere la chiave di volta per invertire questa situazione. In collaborazione con Amazon e nell’ambito di Tejiendo Redes (Reti di tessitura) è nata Oro Blanco, una mostra che rivendica l’importanza della lana e del suo contributo al mondo del design attraverso gli occhi delle designer Inés Sistiaga e Regina Dejiménez che, in collaborazione con il progetto WoolDreamers e il marchio Wood4Life hanno realizzato una collezione con lana di pecore in via di estinzione. Tra le azioni previste per dare continuità a questo lavoro, un sito web specifico che includerà un’analisi aggiornata della stato della lana in Spagna, esempi di buone pratiche e una rete di agenti che lavorano a soluzioni innovative.
Giulia Mura
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