L’idea, in fondo, era già tutta lì, espressa nel proprio nome. A.I. sta per artisanal intelligence, un’intelligenza “artigianale” che parafrasa quella artificiale, raccontata nel film di Spielberg, che avrebbe voluto girare Stanley Kubrick.
Abbiamo l’impressione che in questa edizione dal titolo evocativo, Roma Caput Divina, il progetto più giovane di Altaroma abbia raggiunto una rosea maturità. Raccolto nell’unica, splendida sede della Biblioteca Angelica, A.I. mette ancora una volta in fila i nomi migliori della creatività artigianale, con piccoli e interessanti excursus nell’arte contemporanea, nella fotografia e nel video: c’è l’anima ineffabile di Roma, città eterna, città barocca e grande fondale cinematografico, e c’è la perizia sartoriale italiana, che è rinomata nel mondo e che trova quotidianamente la capacità non solo di preservarsi, ma di rinnovarsi.
Se alla moda “concettuale” ormai siamo abituati (ed è stata sdoganata anche da almeno una collezione-collaborazione del colosso del fast fashion H&M), questa “censita” e proposta da A.I. è una moda in cui mente e mano sono unite dal filo sottile di una plurisecolare tradizione, di una memoria agile che ricorda e si reinventa, di un guizzo creativo che lavora tra regole e anomalia.
Allora, il grande salone della Biblioteca Angelica da tempio del sapere diventa una grande camera delle meraviglie, dove – come accadeva nel passato – sono esposti oggetti stravaganti, curiosi, preziosi: pezzi unici, cerebrali, piccole produzioni e edizioni limitate.
All’ingresso, i turbanti di Geneviev Xhaet, omaggio alle flapper girls e ai ruggenti Anni Venti, rivisitati attraverso l’uso di materiali come il nylon, il jersey e il cachemire; all’interno l’allestimento si carica di suggestione tra volumi antichi, lasciati aperti e le incombenti boiserie, che sostituiscono i pilastri di un tempio innalzato al sapere. Ci sono le maschere oniriche e degne di un’opera barocca di Simone Valsecchi, che ha lavorato con Greeneway, Ronconi, Gaultier – e si vede –, le borse gioiello (pelli pregiatissime e tagli magistrali) di DoM contrapposte alle scultoree shooting bag di Alessandro di Cola.
In fondo alla sala, et in Arcadia ego, il gigantesco teschio di Davide Dormino; curiosa è la presenza dei Serpone, storica sartoria a servizio della sagrestia pontificia, dal 1820, mentre tra le collezioni esposte più belle, gli accessori in pelle di Naomi Goodsir: borse, ma soprattutto splendidi copricapo dalle forme sensuali e avvolgenti, con una intelligente citazione della madre italiana della moda contemporanea, Elsa Schiaparelli.
Maria Cristina Bastante
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