Il sistema moda come l’Orinatoio di Duchamp. Storie di strappi e rivoluzioni
Il cambiamento e la trasformazione del sistema di Gucci e di Margiela. Il senso del nuovo affonda tra ispirazioni colte e trasgressioni artistiche. La moda di domani? Chiede storie da rileggere. E Roma ne ha molte da raccontare…
Il mondo della moda non sarà più lo stesso, inutile far finta di niente: qualcosa sta cambiando, e anche Roma è coinvolta in questa evoluzione/rivoluzione che, come spesso accade, inizia con un attentato.
Il signor John Galliano ha buttato una bomba e ha fatto saltare un ponte su cui passava stancamente un esercito in ritirata. Dopo un periodo di assenza – quello che, probabilmente, è servito a prepararlo – l’ultimo dei couturier visionari è tornato in passerella, spietato. Si contano perdite soprattutto in quei gruppi di comunicatori che producono testi anacronistici, nei comparti di formazione che danno più spazio allo styling che alla storia dell’arte e della moda, ma soprattutto fra i creativi che non studiano altro che sui blog.
Non facciamo considerazioni stilistiche e formali sulla collezione, cosa che è già stata fatta. Quello che serve capire è che siamo davanti a un fenomeno paragonabile, in arte, a Fountain di Duchamp: l’argomento su cui ci interroghiamo qui, in un tale momento di rebranding del sistema, è la strategia del passaggio di consegne di una grande maison.
Il “mecenate” di Galliano si chiama Renzo Rosso, che dall’alto della sua follia ha permesso che il concettuale di Margiela fosse stravolto dalla mano dell’artista prima che dello stilista. E già questo porta una nuova immagine colta e realmente ibrida al prodotto. Un compito difficilissimo per un manager sostituire il direttore creativo, un’operazione che spesso non va a buon fine nemmeno con brand storici: interventi con fortissime probabilità di vedere respinto l’organo impiantato.
Le sfilate uomo di Milano ci hanno già portato un altro caso da analizzare, tutto italiano: quello di Alessandro Michele/Frida Giannini, il volto nuovo di Gucci e quello appena uscito di scena. In una dinamica completamente diversa, con una sceneggiatura da lieto fine, ma che ha visto la divisione di due creativi da sempre a fianco: l’allontanamento della Giannini e la sfilata di Michele a Milano, fatta in sei giorni, è culminata con la sua nomina a direttore creativo.
Una storia apparentemente di sostituzione automatica, di quelle che non fanno correre rischi: si prende qualcuno che in azienda c’è sempre stato e che sa come lavorare perché conosce la macchina, evitando sbalzi e garantendo continuità (è il caso anche del successo attuale di Valentino). Alessandro Michele però, pur avendo poco tempo, pur avendo occhi e cecchini puntati addosso, ha fatto di più. Ha dimostrato, con un racconto e non con un romanzo, di saper scrivere altro, e bene. Perché capace di attingere a un’ispirazione colta e contemporanea.
Una storia romana, si diceva, tanto da dimostrare quanto questa città abbia un senso e un posto nel panorama del cambiamento della moda nazionale e internazionale. Maria Luisa Frisa, in un articolo del 2009 per l’Espresso dal titolo Roma fa scuola, anticipava una vocazione che si è consolidata in questi ultimi anni, elencando nomi come Marco De Vincenzo o Maria Grazia Curi e Pier Paolo Piccioli di Valentino, insieme alla stessa Frida Giannini. Tutti arrivati da Roma e tutti capaci di far sperare nella continuità del made in Italy.
Roma, con il suo Dna fatto di arte, cinema, sartorie, artigianato e angeli sui ponti, resta qualcosa di diverso rispetto alle altre città della moda. Dunque tappa obbligata nella strada verso il nuovo.
Tornando a John Galliano: il nuovo direttore creativo di Margiela resta un sognatore concreto che si è sempre ispirato a qualcosa, sapendo guardare nell’archivio colto di Parigi per ridisegnare una collezione ispirata ai Balletti Russi. Prima di lui lo avevano fatto Yves Saint Laurent e Paul Poiret. Secondo la stessa filosofia, in una delle ultime e più belle collezioni di Valentino, Chiuri e Piccioli si sono ispirati ai Magazzini del Teatro dell’Opera di Roma, mentre da un anno in qua sono sempre più frequenti le richieste di grandi brand internazionali di visionare gli archivi di sartorie come Farani o AnnaMode, dopo le loro collaborazioni con AltaRoma.
La conclusione è che il nuovo nasce in un terreno ricco di elementi, poiché il lusso è fatto prima di tutto dalla storia e dalle origini di un’idea. La nuova moda, quella che vestirà l’uomo di domani, guarderà alla cultura e alla tecnologia. E vincerà se saprà farsi portatrice di esperienza passate. Non resta che aspettarsi una spettacolare metamorfosi.
Clara Tosi Pamphili
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati