Momenting the Memento. Un contest tra moda, arte e design
Dal 12 al 16 maggio Firenze è stata la culla di un progetto internazionale di ricerca e networking sulla cultura della moda (e non solo) in occasione della conferenza annuale dell'International Foundation of Fashion Technology Institutes. Al centro del contest, il talento. Con un unico scopo: trasformare le idee in realtà.
Più di quaranta istituti provenienti da ogni parte del mondo si sono incontrati a Firenze per l’edizione tutta italiana della conferenza annuale dell’IFFTI – International Foundation of Fashion Technology Institutes. Oltre seicento tra delegati internazionali, new talent, artisti, creativi, designer e professionisti del settore a confronto in un programma intenso e articolato secondo la formula del walk&talk. Momenting the Memento è il contest nel contest curato da Linda Loppa, direttrice di Polimoda, che per il meeting IFFTI 2015 – tra fashion conversation, dibattiti, installazioni, videoproject e performance nei luoghi d’arte del capoluogo toscano – accende i riflettori sull’importanza del talento e, in particolare, sulla realizzazione concreta delle idee.
“Alcuni anni fa ci siamo ritrovati con Danilo Venturi e Aki Choklat a parlare di formazione e su come attivare un approccio multidisciplinare nel nostro campo: la moda”, spiega nella cerimonia di apertura Linda Loppa. “Abbiamo guardato fuori dalla finestra e ammirato le bellezze artistiche e architettoniche che ci regala la nostra città… e abbiamo iniziato a immaginare artisti, urbanisti, ingegneri, filosofi e scrittori seduti assieme per costruire un mondo nuovo in cui l’umano torna a essere il centro. Abbiamo ammirato le opere di Leonardo Da Vinci e di Michelangelo Buonarroti e abbiamo compreso che la parola Rinascimento ha un significato”, continua la curatrice dell’evento. “Non si è parlato della loro realizzazione, ma abbiamo riflettuto sull’eredità che hanno lasciato alla città. Abbiamo discusso sul momento della loro creatività e sull’impatto emotivo che ha avuto sulla nostra storia, sulle persone che hanno vissuto e lavorato qui, in Toscana. Durante una visita a Santa Croce con Giuseppe de Michele un anno fa, ci è parso chiaro che l’impatto di quattrocento anni di storia sull’architettura, sulla religione e sulla politica offrivano anche una panoramica della ricerca estetica e dei momenti nella storia. E oggi possiamo andare avanti, trovare nuove strategie, nuovi dialoghi, nuove espressioni di quanto per noi, in veste di formatori, dobbiamo riscoprire. Argomenti legati al corpo, al vestito, alla calligrafia, allo spazio, alle immagini e alla manifattura. Evitando il termine moda in quanto tale, ci liberiamo di tutti i cliché del campo in cui lavoriamo e possiamo tornare a pensare liberamente!”, conclude la direttrice di Polimoda.
Creatività e sperimentazione sono le parole chiave nelle sei aree di indagine fulcro dell’iniziativa: corpo (body), scrittura (calligraphy), artigianato (craft), abito (dress), immaginario (immagery) e spazio (space).
Si parte dal corpo, inteso come tela fisica e linguaggio espressivo, oggetto e soggetto della moda e dell’arte. Il corpo come ponte ideale tra culture diverse. Nella performance The Fetish Moment di Gary Needham e Yvonne Trew (Inghilterra), l’indagine artistica si concentra sul tema del feticismo e la maschera, accessorio consueto della fashion culture, invita a svelare un’identità celata fatta spesso di insicurezze. Nell’opera Humazine, invece, alla Biblioteca Nazionale, Aki Choklat e Ruggero Lupo Mengoni (Finlandia e Italia) giocano sulla dimensione umana, realizzando una grande rivista in scala studiando la fisicità dell’uomo e nuovi metodi di stampa e rilegatura.
Si passa poi alla scrittura, mezzo per esprimere un concetto, un’emozione, un pensiero o magari un punto di vista. Scrittura intesa come arte calligrafica che si traduce in parole. Fuori dagli schemi convenzionali dei classici editoriali di moda è l’installazione di Anna Kruyswijk (Olanda) con il suo J’accuse alla generazione attuale di scrittori e curatori del fashion.
L’artigianato, visto come arte di creare un oggetto, manualità e saper fare, è invece la terza area d’indagine con cui l’idea creativa prende forma e diventa tangibile. Contrasti e ambiguità nell’opera The New Body di Saumya Pande (India) che nel chiostro della Basilica di Santa Croce realizza una scultura di filato di carta e lana. Il dinamismo dell’arte contemporanea si scontra qui con la staticità marmorea dell’arte antica.
E poi l’abito, naturalmente. Celebre attore delle passerelle ma anche espressione estetica e culturale di ogni società. Vestire il corpo è vestire la storia. Suggestiva la performance Art of Dress a Santa Croce dove il London College of Fashion invita lo spettatore a interagire con i capi esposti. L’abito non è più un mero oggetto da ammirare ma si trasforma in base allo stato d’animo di chi lo manipola, anche fino a essere distrutto. Al contrario, nella performance Echo in her heart curata da Gianpaolo D’Amico, con gli abiti dello stilista Yojiiro Kake, già vincitore dell’iniziativa Polimoda Talent, modelle e abiti sono in fila fermi nella cripta della Basilica fiorentina. Le mannequin sembrano apparentemente fredde e immobili, ma l’amplificazione del loro battito cardiaco svela l’emozione nascosta dai lunghi cappotti neri. Public art e interazione con lo spettatore anche nella performance Adjust di Adele Varcoe (Australia), in cui abito, corpo e spazio si intrecciano e un piccolo cambiamento può influenzare lo stato d’animo di chi indossa il capo.
Immaginario, realtà visibile e invisibile, concreto e ideale. Così Bridging Flat Space: Japan’s two-and a-half dimensional representation in textiles and imagery di Yuriko Satoh, installazione per cui la bidimensionalità del kimono, abito simbolo per eccellenza della moda orientale, subisce la contaminazione occidentale con proiezioni di immagini evocando l’effetto 3d. E ancora la ludica interazione tra danza e abiti sul corpo con The Choreographed Garment di Ulrik Martin Larsen (Svezia).
Infine lo spazio, la cornice ideale in cui tutto avviene. Spazio di emozione e di percezione, luogo di dialogo tra contenitore e contenuto. Ecco a Villa Favard, sede di Polimoda, Stories without Stories, la gigantesca giacca in cartone di Tom Hall e Tony Bednall (Inghilterra e Stati Uniti), che sconsacra la decoratività dell’abito ponendolo in relazione con lo spazio, reinterpretandolo. In Moments Cuts- Spherical Space, invece, performance a cura di Rickard Lindsquit e Karin Peterson (Svezia), un contemporaneo uomo vitruviano ruota all’interno di un grande capo dalla forma sferica, teoria alternativa al cartamodello.
Fashion Conversations all’Odeon CineHall con personalità di spicco del mondo della moda come Tim Blanks (editor at large di Style.com), Dian Pernet (giornalista, fashion blogger e ideatrice di ASVOFF Film Festival) e del mondo accademico come Michel Maffesoli con la sua lectio magistralis Dans le creuset des apparences, solo per citarne alcuni. E tra interessanti dibattiti su creatività, estetica della moda e funzione del marketing, c’è ancora tempo alla Biblioteca Nazionale per il workshop AtWork How to make ideas happen. Venti studenti di moda condotti dall’artista visionario Ou Ning, in mostra con i suoi taccuini nella personale Bishan Project: The Rural Reconstruction Movement, danno vita alle loro idee realizzando un’agenda d’artista in cui raccontano il proprio vissuto e la loro personalità. Così come Ou Ning è riuscito a concretizzare la sua idea di città utopica nella comune di Bishan in Cina, abbozzando le prime idee su una Moleskine regalata. Organizzato durante IFFTI 2015 dalla fondazione non profit lettera27, la cui missione è favorire la conoscenza e l’informazione in particolare nel continente africano, Moleskine e Polimoda, AtWork è stato concepito da lettera27 come format educativo per sviluppare la coscienza critica e il processo creativo soprattutto nelle aree disagiate del Sud del mondo. Ideato con Simon Njami, uno dei più importanti curatori d’arte contemporanea africana, non è escluso che il progetto evolva verso una nuova forma di ethical fashion initiative.
Generazioni a confronto, tanta passione e talento in un’iniziativa formativa che di sicuro è stata il momento ideale per guardare al futuro.
Gustavo Marco P. Cipolla
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati