L’Italia è di moda. Due giorni di dibattito allo IUAV di Venezia
Ventiquattr’ore ore per rimettere la moda al centro della giusta attenzione: Maria Luisa Frisa e Federico Sarica curano una maratona di parole, immagini, progetti e idee per dire che “L'Italia è di moda”. Un report degli interventi fra stilisti, imprenditori, esperti del settore
Un programma di due giorni senza sosta notturna, un progetto curato da Maria Luisa Frisa, Federico Sarica e l’Università IUAV di Venezia, che ha ospitato fra il 2 ed il 3 luglio i lavori nei suoi bellissimi spazi esterni e nell’Aula Magna, con un pubblico di settore e di studenti numeroso, nonostante il caldo paralizzante.
Inizia Renzo Rosso con un involontario messaggio a quelle istituzioni che avrebbero dovuto aprire il convegno e che con la loro assenza hanno portato ad un decisivo cambio di programma. Meno formalismi, si spostano le sedie, da relatori si diventa narratori e tutto parte con una interessante chiacchierata fra Federico Sarica e il patron di Diesel. È l’avvio giusto: l’incontro prende un tono di condivisione, con la voglia di confrontarsi reale che caratterizzerà tutti gli interventi, garantendone il successo.
Un successo pianificato dalla strategia intelligente dei curatori: il programma si é incastrato perfettamente, lungo una staffetta di argomenti che ha reso esplicito quanto sia complesso ed articolato il sistema moda. L’intento era cercare di capire – e anche risolvere – quei problemi che hanno tolto ogni stima allo stile di vita italiano: il titolo é preso in prestito da un documentario del 1963 che non parla di moda ma racconta un nostro periodo glorioso, fatto di stile e di aziende che esportavano ovunque.
Ed è proprio intorno al tema dello stile che il dibattito si é aperto, chiudendosi perfettamente con le richieste concrete di Cristiano Seganfreddo – sostenuto dalle parole di Carlo Magnani, Direttore del Dipartimento di Culture del Progetto dello IUAV – rivolte ad Alberto Baban, Vicepresidente di Confindustria, e ad Andrea Tomat, Presidente Lotto Sport Italia: due imprenditori intelligenti, culturalmente attivi con grandi investimenti, ma pronti a ricordare quanto gravi il sistema fiscale su ogni economia e quanto sia difficile ormai sostenere la cultura e la formazione.
A dare fiducia al comparto industriale sono state soprattutto le parole di Giovanni Bonotto: il suo racconto di imprenditore illuminato, con la Fabbrica Lenta, svela come rendere cool il luogo di lavoro. L’idea vincente é quella di far lavorare gli operai in uno spazio che accoglie 12 mila opere d’arte contemporanea, di utilizzare macchinari che gli altri avevano dismesso per acquisire velocità (a scapito della cura del dettaglio) e di riaffermare la forza della manifattura come espressione artistica ineguagliabile.
Il tema della nostra creatività come forma d’arte ricorre anche nelle parole di chi invoca un’attenzione alla realizzazione di prodotti concreti, come Claudio Marenzi, Presidente del Sistema Moda Italia, che ci spiega il valore dell’investimento economico mosso dal governo per rilanciare il made in Italy, di cui la moda é parte fondante e che torna anche quando si parla di scouting e di nuovi talenti.
Un continuo scambio di palla tra chi invoca concretezza e attenzione alla produzione e al mercato e chi racconta il successo di scelte libere dai vincoli economici: partita avvincente fra regole e genio spontaneo, fra formazione e reinvenzione del prodotto su basi culturali puramente creative. Così Fausto Puglisi, uno dei casi di successo più rilevanti fra i giovani couturier italiani, famoso per essere amato da star come Madonna, racconta la forza delle sue origini: dalla cultura classica mediterranea è arrivata la capacità dà di reinventare – da autodidatta – un intero mondo femminile e di trasferire su un piano internazionale la sua Sicilia.
Il dibattito ha quindi toccato inevitabilmente il sistema della ricerca e dei concorsi: Andrea Batilla, di Pizza e Italiana Marchi, chiede un’attenzione maggiore in un momento in cui non ci sono mai stati tanti concorsi per i giovani e toglie ogni dubbio sul valore economico della creatività, citando il caso di chi dal Giappone vende tanti abiti creati senza regole. Un atteggiamento creativo che viene approfondito anche dalle parole di Fabio Quaranta e Arthur Arbesser, che spiegano il loro rapporto con la comunicazione.
Si parla anche del cambiamento della comunicazione, delle nuove forme di editoria e del valore dei socialmedia insieme alla ripresa della carta stampata. Il valore culturale della Moda italiana, il superamento dei preconcetti nei confronti di una delle espressioni più alte del nostro artigianato, quando crea capolavori, viene chiaramente espresso da due interventi sugli archivi e sulla creazione del museo. Mario Lupano definisce il potere dell’archivio come “il luogo della calibrata contraffazione dell’identità”, un concetto fondamentale, affrontato insieme a Gloria Bianchino dell’Università di Parma e Erilde Terenzoni del MIBACT, che getta le basi per una corretta capacità di raccontarsi, preludendo all’intervento successivo di Maria Luisa Frisa e Alessandra Mammì sulla creazione del Museo della Moda.
Qualcuno ha definito “L’Italia è di moda” la puntata numero uno di un programma possibile, la dimostrazione di come si possano radunare intorno a un tavolo operativo tutte le voci coinvolte: un percorso finalmente iniziato, a cui va anche riconosciuto il merito organizzativo di aver connesso tante figure, in un clima sereno. Con tutto l’entusiasmo che arriva dalla consapevolezza di avere tra le mani un patrimonio immenso.
Clara Tosi Pamphili
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