I guerrieri della moda. Fausto Puglisi e Gosha Rubchinskiy a Pitti Uomo
Chiusi i battenti di Pitti Uomo, Firenze lascia il testimone a Milano con un’edizione particolarmente riuscita, che segna una svolta decisa, prima che decisiva, nel panorama ripetitivo e oramai un po' scontato della moda maschile.
FIRENZE, L’ARTE, LA MODA, L’AUDACIA
La Firenze della moda si conferma straordinariamente ricca di suggerimenti romantici, così diversi da quelli superorganizzati milanesi o dagli spontaneismi romani. Grande complice Jan Fabre, che sembra guidare la rivolta a cavallo di una incredibile tartaruga in Piazza della Signoria, davanti alla scultura equestre di Cosimo I de Medici realizzata dal Giambologna, per mostrare un’altra strada alla città dell’arte, al mecenate illuminato che segue Searching for Utopia come un nobile prigioniero.
Sono tanti i segni, le opere lasciati da Fabre in città, tutti d’oro come gioielli degni di un forziere prezioso, a riprova che la storia non è finita lì: Firenze è il luogo delle meraviglie che sa accogliere la produzione contemporanea dell’artista fiammingo.
Il coraggio di osare, di essere prepotentemente creativi, tanto nell’arte come nella moda, un allineamento perfetto di concetti che qui creano un discorso compiuto: il Museo Ferragamo celebra il rapporto fra Arte e Moda con una riuscitissima mostra, mentre, a pochi metri da Cosimo I de Medici e dall’installazione di Jan Fabre, il Museo Gucci si offre alla città come un salotto/museo, con una ricca libreria di settore e un bar, presentando due nuovi ambienti che completano la storia del brand grazie al magistrale lavoro di Tom Ford.
GUERRIERI IN PASSERELLA
Sulle alte frequenze del lusso, della storia, della cultura e dell’arte si muovono sfilate, presentazioni, opere e musei capaci di raccontare la tradizione in chiave contemporanea e appare ancora più “epico” quello che accade in questo scenario rassicurante fatto di uomini in barbe curate, vestiti sempre nello stesso modo nelle variazioni dall’hipster al gagà: su questo popolo decadente di neodandy parastatali, che sembrano più pappagallini variopinti che peacocks, si sono scagliati come invasori due eserciti con un coraggio da leoni.
Potremmo definirli “i guerrieri della moda” aggressivi come quelli della notte del film di Walter Hill del 1979 dove un leader avvolto in un kimono di seta arringa le bande giovanili che si dividono la città, scontrandosi per il controllo di un territorio.
L’EST DI GOSHA RUBCHINSKIY
Nel caso di Pitti Uomo non è vero che lo scontro sia avvenuto fra di loro, come ha detto qualcuno, anzi, Fausto Puglisi e Gosha Rubchinskiy hanno sferrato un attacco a quel noiosissimo sistema con armi diverse e hanno lesionato quelle teorie sull’eleganza e lo stile che stavano uccidendo un mondo creativo, suscitando le reazioni isteriche della critica.
Ha spaventato quell’esercito di ragazzi di strada dell’est, che hanno oltrepassato i muri di protezione in cui ci eravamo chiusi, con la benedizione di Pasolini e la strategia di quel generale che è Lotta Volkova, la stylist che ha affiancato anche Demna Gvasalia. Una strategia perfetta con maglie da poveracci dell’est, realizzate insieme a Fila e Robe di Kappa, tute e canotte e sguardi da lupi magri e affamati, capaci di distrarre tanti spettatori da belle giacche e cappotti, pantaloni e maglioni oversize superchic. Stessa tattica di Demna Gvasalia: fra un esercito di gente comune vestita apparentemente male appaiono figure di eleganti outsider. Un fenomeno annunciato, quasi dieci anni fa, con incredibile capacità di leggere il passato come il futuro, da Maria Luisa Frisa nel libro L’eleganza faziosa Pasolini e l’abito maschile, confermato dalla dedica di Gosha a Pierpaolo.
IL CORAGGIO DI FAUSTO PUGLISI
Ma la battaglia più bella l’ha vinta Fausto Puglisi, che con se aveva le forze degli dei scesi in terra, dei carcerati e di Walt Disney e ha saputo costruire un affresco allegorico senza retorica, una vera e propria opera d’arte dove ogni segno ci dice esattamente in che epoca siamo, pur usando lo stile immortale dell’arte greca e mediterranea. Una operazione da artista, ritrovabile finora nella fotografia di David LaChapelle e dei russi AES+F, che hanno ribaltato il rapporto fra arte e moda e si sono ispirati alla rappresentazione patinata del fashion per produrre video e immagini, opere perfette nella ricostruzione continua dei riferimenti artistici contemporanei. Puglisi ha scelto la sua storia come ispirazione, il mood di se stesso onesto ed efficace. Nella moda non si è abituati a questo coraggio, i designer cercano di accontentare il gusto degli altri, ma lui, come Pasolini o Xavier Dolan, non si è preoccupato di raccontare l’uomo che è e lo ha fatto da artista.
Una sorta di performance dove è sempre lui il detenuto del carcere circondariale di Firenze, il giocatore del calcio fiorentino o il modello con la barba rossa: in una ambientazione che fonde gli interni di Gomorra con i labirinti mitologici, dove i gioielli sono di corallo perché arrivano dal mare e vincono la superstizione: quell’uomo è l’uomo, secondo i canoni delle sculture classiche e secondo le regole della violenza adornata di lusso sfrontato. Belli i giubbotti, evoluzioni di divise da gladiatori, i colori e le fantasie che denunciano lo strafottente menefreghismo della giustizia come le camicie di de Niro in Casinò e le borchie vanno ovunque come un segno di appartenenza tribale.
UNA PARENTESI FEMMINILE
Tanta sicurezza ha gettati una luce giusta anche sulla precollezione donna. Le “femmine” si affiancano a quegli uomini con la sofisticata sottomissione domestica delle lunghe vestaglie fiorate, ma anche con i corti abiti plissé che ricordano tanto le immagini delle vestali che ogni tanto cantano intorno all’Hercules di Walt Disney.
A chi ha dubitato lasciamo come documenti le due t-shirt quella iperfashion con la scritta “Fausto” di Puglisi e quella con la data 1984 di Rubchinskiy, souvenir di due episodi della storia della moda da ricordare.
Clara Tosi Pamphili
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