Segnali inequivocabili sono arrivati dalla deriva delle presentazioni di moda ripartite a settembre. Si è dissolta da tempo ogni barriera tra haute couture, prêt-à-porter e sportswear, termini così invecchiati da risultare ormai impronunciabili. È in grave difficoltà la distribuzione tradizionale, surclassata dall’e-commerce: Macy’s, che gestisce centinaia di Dep Store negli Stati Uniti, ha perso il 50% del suo valore in Borsa. E, nonostante il lavoro dei potentissimi uffici di comunicazione, cominciano ad apparire in difficoltà persino le multinazionali del lusso come quelle di Arnault e Pinault.
Di grande successo appaiono invece i numeri delle nuove strategie di comunicazione elaborate dai più spregiudicati tra i direttori artistici di nuova generazione. Un esempio è il lavoro prodotto da Olivier Rousteing. I manager di Balmain che lo hanno promosso alla guida di una maison d’alta moda sembrano particolarmente soddisfatti. E al suo approccio vincente (nella comunicazione, perché di quello commerciale non è dato sapere) non sono rimasti insensibili neanche oltreoceano.
Nike Lab – sempre a caccia di operazioni d’immagine che facciano da grimaldello per l’ingresso del marchio di calzature sportive nel mondo dell’alta moda – lo scorso inverno gli ha affidato una minicollezione, che lui ha declinato, con spruzzate oro su fondo nero per sneaker, felpe, legging e t-shirt.
Ma vediamoli nel dettaglio, questi numeri. Grazie a selfie con celebrity come Rihanna o il clan dei Kardashian, Balmain è stata la prima griffe francese a superare il milione di follower su Instagram. Oggi ha quasi 4,9 milioni di follower, mentre il contatto personale di Rousteing raggiunge i 3,6. Non basta: la fan page che porta il suo nome supera il milione. Un’immagine di Beyoncé in Balmain durante un concerto cattura 378mila visualizzazioni.
Quando un capo di Balmain esce in passerella a Parigi, la Rete si anima. Per le sue sfilate uomo, Rousteing sceglie con grande attenzione i modelli che indosseranno i suoi capi: oltre alla presenza, devono avere follower misurabili in centinaia di migliaia. Utilizza ad esempio Jon Kortajarena (775mila), Sean O’Pry (509mila) e Francisco Lachowski (1,1 milioni). Di fronte a numeri come questi, i magazine patinati, gli inserti dedicati dei quotidiani e persino le piattaforme dei blogger specializzati impallidiscono. Superati anche quelli.
Aldo Premoli
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #33
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