Maria Mulas, da fotografa a stilista

Una nota artista italiana, fra i nomi di riferimento nel campo della fotografia, si reinventa fashion designer. Dedicando una mini collezione al mondo dell’arte. Alberto Burri, ad esempio, viene celebrato con un originalissimo cappotto. È il nuovo progetto del brand RRUNA.

Sorella d’arte. Artista, lei stessa. Lei, lui. In comune un destino di illuminazioni visive, fra il piano del reale e quello della sua durata. Maria Mulas (Manerba del Garda, 1935), come Ugo: due maestri dello scatto, protagonisti della ricerca fotografica del secondo Novecento. “La fotografia è il mio pensiero“, disse una volta lei, sintetizzando in poche parole decisive quella che, per certuni, è la relazione col mondo filtrata da un occhio meccanico e tradotta in immagine. Pensare, attraverso lo sguardo; e nello sguardo cercare una forma d’intelligenza ferina, radiosa, originaria, laterale. Per Maria furono soprattutto architetture, sontuosamente amplificate e dissezionate fino al limite dell’astrazione, e poi personaggi del mondo dell’arte, della moda, della cultura: ritratti – qualche volta doppi, come nel gioco dello specchio o della ripetizione pop – di giganti come Henry Moore, Keith Haring, Christo, Bruce Nauman, Lea Vergine, Luise Bourgeois. Volti catturati nel nome di una schiettezza, di un’empatia, di una verità, trovate nel dialogo estemporaneo tra chi scatta e chi posa. Come quando fotografò Andy Warhol, con una macchina fotografica a impallargli il viso, puntata contro di lei: scambio di ruoli e di sguardi, divenendo l’uno e l’altra oggetto e soggetto. Essere immagine e contemporaneamente produrne, per necessità d’esistenza.

Maria Mulas, Manichino, 1978

Maria Mulas, Manichino, 1978

BURRI, ROTHSKO, MULAS. UN NUOVO TRIS PER RRUNA

Oggi Maria Mulas, vulcanica ed eclettica, si reinventa con un esperimento che porta il suo immenso bagaglio artistico nel perimetro del fashion. Si tratta di un nuovo capitolo del progetto RRUNA, brand nato nel 2014 con l’obiettivo di “raccontare l’arte attraverso la moda”, affidando ad artisti di fama internazionale la creazione di capi e accessori limited edition, studiati insieme a team di designer e artigiani.
La mini collezione Camera Red si compone di tre capi, ognuno dedicato alla figura di un artista contemporaneo. C’è il cappotto Burri, ispirato alle celebri Plastiche, con tutta la grazia e la violenza delle combustioni e delle modulazioni materiche informali. Tre strati, indossabili separatamente oppure da combinare insieme, come a costruire un’architettura di forme e di piani: una candida tunica senza maniche di lino acetato, chiusa sul retro da una fila di bottoni; un paltò in casentino rosso, con inserti in pelle su collo e maniche, dotato di un solo foro all’altezza del collo; un impermeabile senza maniche in PVC kristal, con finiture in pelle e zip centrale.

Maria Mulas per Rruna, Camera Red ©Photo Cinzia Camela

Maria Mulas per Rruna, Camera Red ©Photo Cinzia Camela

C’è poi il pantalone ispirato ai mistici Color Fields di Rothko: campi pittorici di blu petrolio da indossare, nell’effetto cangiante e plastico del cotone misto seta, con un taglio palazzo a vita alta, modellato da pince.
Infine il gilet-selfportrait, che Mulas dedica a sé stessa, concedendosi il gusto di un’auto citazione. Essenziale, geometrico, realizzato con un tessuto tecnico double face nero-marrone, il gilet accorda la cerniera trasversale, che taglia in due il davanti, con le impunture oblique sui fianchi. Impunture che si fanno circolari e concentriche sul cappuccio: il riferimento è quel celebre scatto in bianco e nero dell’artista, in cui un manichino è marchiato in fronte da un mirino.

LO SHORT FILM

E come da tradizione, RRUNA mette cura ed energie speciali nella comunicazione. A incarnare lo spirito di Camera Red è uno short film, dedicato al cappotto Burri, in concorso lo scorso novembre nella sezione Best Film del terzo Fashion Film Festival di Istanbul. La regia è del duo artistico VERSUS, ovvero Desiderio e Cristiano Carotti, mentre a muoversi in scena è Olimpia Fortuni, danzatrice e coreografa.
Ambientazione spettrale, in quel che sembra essere uno spazio di archeologia industriale, disseminato di relitti, vecchi macchinari, materiali accatastati; ed è la penombra fitta a far emergere un drappo rosso, appeso al soffitto; poi, il corpo quasi nudo di lei traduce in scrittura coreografica il contatto con l’abito-tela-oggetto-scultura. Tra cocci di specchi, alte vetrate, scampoli di PVC e una fiamma ossidrica che conduce, d’un balzo, alle pratiche scultore di Burri, il cappotto prende forma, via via, nei tagli, nelle sovrapposizioni, nelle trasparenze, nelle aperture e nelle modulazioni. E la danza si fa performance visiva, drammaturgia del movimento, rêverie e linea concettuale, come l’artista in atelier, il danzatore sul palco, l’architetto nell’armonia dei volumi. O come il fotografo, nello scontro folgorante col reale.

Helga Marsala

www.rruna.com

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, editorialista culturale e curatrice. Ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a lungo,…

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